L’esperienza di educare: una via per la pace
sono una lettrice de «La Provincia di Sondrio», nonchè
valtellinese di Sondrio. Vi invio un articolo sulla Marcia della Pace
che si è svolta a Termoli la notte di Capodanno a cui ho partecipato.
“Un impegno sempre attuale: educare alla pace”: questo l’appello del
Papa contenuto nel messaggio per la giornata Mondiale della Pace. Un
invito già lanciato nel 1979 “per giungere alla pace, educare alla
pace”, che dimostra una costante attenzione della Chiesa verso questa
tematica. E sulle orme delle parole del pontefice si sono mosse le
riflessioni del convegno promosso da Pax Christi dal titolo: “Nell’
arca, sotto il diluvio verso l’arcobaleno: il conflitto come via alla
pace”, che si è svolto a Termoli in Molise dal 29 al 31 dicembre.
I
...I numerosi relatori hanno messo in evidenza come i conflitti che minano la società non siano solo quelli armati, ma anche e soprattutto quelli più piccoli, meno “visibili” ma ugualmente laceranti, che riguardano i rapporti fra le singole persone. Perciò è stata fortemente sottolineata l’importanza e l’esigenza di trovare i mezzi e gli stimoli per educare sempre di più alla pace, da un lato cercando di
costruire una parte della grande arca che traghetterà tutti verso un futuro di speranza e dall’altro recuperando la valenza di un diritto internazionale condiviso e forte. Il convegno è stato un momento di preparazione alla 36ª Marcia della Pace che, nella notte di Capodanno, si è snodata attraverso le vie della cittadina molisana. La scelta di Termoli, come ha spiegato Mons. Tommaso Valentinetti, Vescovo di Termoli-Larino e presidente di Pax Christi, è significativa: è una
testimonianza di grande solidarietà alle comunità colpite dal terremoto del 31 ottobre 2002, per tenere sempre desta l’attenzione sulla ricostruzione delle zone terremotate e per ringraziare l’affetto “di tutti i volontari e le persone che ci hanno aiutato in questo anno”. Ancora forti sono i ricordi legati al terremoto che ha
lasciato un segno indelebile soprattutto nelle comunità di San Giuliano di Puglia, Colletorto e Larino, in cui si stanno concretizzando i progetti della Caritas, grazie alla solidarietà di tutti gli italiani. Anche se pioggia e vento hanno contribuito a
ridurre il numero di partecipanti a circa 3000, e a modificare il programma della marcia nella sua parte finale, le bandiere e gli striscioni color arcobaleno hanno comunque sventolato festanti per le vie del centro storico. Un momento forte e significativo è stata la tappa davanti al suggestivo sagrato del Duomo romanico di Termoli; le sentite testimonianze di Pal Baftijaj, frofugo del Kosovo e di Chantal
Ngono, rifugiata del Congo hanno dato voce a situazioni drammatiche di
conflitti dimenticati. La forte pioggia ha poi fatto confluire tutti i partecipanti all’interno della chiesa dove, al riparo e in un’ atmosfera più raccolta, le parole del vescovo ausiliare della chiesa cattolica Caldea di Bagdad sono tuonate con forza: “Non si può imporre la libertà con la forza” ha esortato più volte Islemon Warduni descrivendo la drammatica situazione attuale del popolo iracheno,
privo di regole e colmo di povertà e disagio. “E’ fondamentale educare alla pace e al rispetto, ha proseguito, non serve imporla con le armi “Fin da piccoli”, ricordando gli orfani e i giovani iracheni. Il corteo ha poi concluso la sua marcia nell’affollata chiesa di S. Francesco con la celebrazione della messa presieduta da monsignor Valentinetti. Fuori il rumore dei botti di Capodanno, dentro il canto
di solidarietà e speranza. Le offerte raccolte durante la messa, l’equivalente del “mancato” cenone, saranno destinate alle popolazioni colpite dal terremoto in Iran. E’ stata un un’occasione per riflettere, un capodanno “alternativo”, luci e cenoni sono passati in secondo piano. “Dobbiamo sporcarci di più le mani e ricordarci che la speranza di ciascuno di noi è la speranza di tutti” è l’augurio di Don Luigi Ciotti, fondatore del gruppo Abele, al termine del convegno della mattinata. Di fronte agli scenari attuali che ci schiacciano, il confronto e l’ascolto, secondo il sacerdote, possono e devono essere le basi per risolvere ogni tipo di conflitto che “ci fa sentire piccoli, ma non dobbiamo arrenderci ma portare la nostra zampata dal basso per il cambiamento”.
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