E' con grande tristezza che condividiamo la notizia della scomparsa di Giovanni Scudiero avvenuta lo scorso 14 giugno. Giovanni oltre ad essere vicino a Pax Christi, da sempre aderente ad amico, faceva parte dei Padri Missionari della Consolata e aveva lavorato per loro in Sud Africa, Kenya, Tanzania, Stati Uniti e Gran Bretagna.
A Londra intensissima è stata la sua collaborazione con la sezione locale di Pax Christi di cui è stato membro del Executive Committee dal 1991 and 1998.
Dal 2004 faceva parte del Comitato Esecutivo di Pax Christi Internazionale.
Noi della sezione italiana lo ricordiamo in particiolare per l' anno trascorso assieme a noi alla Casa per la Pace condividendo fatiche e entusiasmi, allietandoci con la sua allegria e la sua enorme vitalità!
Ricorderemo le sue lezioni di inglese e il suo paziente supplire alle nostre carenze informatiche
Per non dimenticare Giovanni facciamo in modo tutti noi di continuare a lavorare per la pace e la nonviolenza nella maniera in cui ci ha insegnato e testimoniato.
Ciao Giovanni!
Omelia di Padre Ugo funerale
Le tre «V» di John Scudiero
In italiano, «Prendere la vita con filosofia…» significa vivere con leggerezza, in modo un po’ disincantato e senza scaldarsi troppo per gli eventi che accadono e ci coinvolgono, l’esatto contrario, in realtà, di ciò che Giovanni Scudiero intendeva come filosofia: militanza attiva nella ricerca inesauribile ed instancabile di quella che è stata la prima «V» importante della sua esistenza: la Verità.
La filosofia è quanto ci ha legato sin da subito, sin dall’epoca dei miei studi al Missionary Institute of London di cui Giovanni è stato per anni prefetto agli studi. Il giorno della mia ordinazione sacerdotale, invece di regalarmi un accessorio per il mio futuro ministero presbiterale, Giovanni si preoccupava di fornirmi un accessorio per il mio servizio di uomo ai fratelli… The Oxford Companion of philosophy, un dizionario filosofico di dimensioni sovrumane. Nella dedica aveva scritto: «A Ugo, caro amico e fratello, con me impegnato ad inseguire instancabilmente la verità, nel giorno della sua consacrazione al servizio. La verità ti farà libero».
In questa dedica c’era già molto di John: la sua missione e, nello stesso tempo, la sua visione di ciò che un sacerdote avrebbe dovuto essere: servo della verità e consacrato al servizio dei fratelli.
John continuava a ripetere che la filosofia consiste soprattutto nel «fare distinzioni», ovvero esprimere giudizi: sì o no, giusto o sbagliato, senza essere fondamentalisti, ma consapevoli che esiste un margine di errore che ci rende tutti più umani. È la possibilità di fare errori che ci impedisce di considerarci perfetti, sempre con la risposta pronta e giusta, dogmatici, un’abitudine che Giovanni ha sempre trovato irritante, bollandola come ipocrita, anche e soprattutto se veniva da qualche esponente ecclesiale.
Fare distinzioni vuole dire saper prendere posizioni, senza dare nulla per scontato e senza stare seduto su uno steccato a guardare la vita degli altri che scorre. Fare distinzioni vuol dire buttarsi nella mischia e rischiare di persona. È la verità che lo esige. John lo aveva appreso da Robert Sokolovski suo professore di filosofia alla Catholic University di Washington dove aveva conseguito la licenza che tanto amava, con una tesi sul «Concetto di morte in Karl Rahner». Da poco era mancato suo padre e Giovanni aveva fatto del suo studio una riflessione profonda sul fine della vita terrena e sulla possibilità di una vita futura.
Parecchio tempo dopo, lo stesso Sokolovski mi parlò di Giovanni. A distanza di anni lo ricordava benissimo, ricordava la sua tesi e le motivazioni che lo avevano spinto a farla. Definì più volte Giovanni «a very good student, very critical», mettendo più volte l’accento su quel «molto critico», quasi fosse il miglior complimento che potesse fargli. Chissà se ha saputo (da uomo intelligente qual era lo avrà sicuramente immaginato) che quella profonda verità a proposito di John è anche stata la sua croce. Soprattutto quando per fare emergere la verità bisognava sfrondare tutto quanto era ridondante, superfluo, tutto ciò che era bugia, scusa, sotterfugio… tutto quanto impediva di chiamare le cose con il proprio nome. Non sono poche le volte in cui Giovanni ha pagato di persona il suo modo di essere.
Giovanni amava la filosofia, ma era comunque convinto che un sapere che non portasse a una scelta etica precisa era inutile, superfluo, persino dannoso. Del resto l’amore per il pensiero doveva trovare armonia con la passione per il Vangelo, quella passione che lo spingeva verso la gente, soprattutto verso coloro che cercano pace e sanno che mai potranno raggiungerla se non verrà garantita loro la giustizia: i poveri, i senza voce, quelli che sempre rimangono ai margini della storia.
L’itinerario verso l’uomo fragile è stata la seconda «V» di Giovanni, la VIA: il cammino, la strada che ha percorso e che lo ha portato in giro per il mondo: Sudafrica, Stati Uniti, Tanzania, Kenya, Inghilterra e infine Italia; ufficialmente residente a Milano, ma in realtà domiciliato nella sua Punto con la quale macinava chilometri nel suo servizio di coordinatore della Commissione di Giustizia e Pace della CIMI e di membro del consiglio internazionale di Pax Christi. L’ufficio l’aveva nel bagagliaio.
Anche da insegnante Giovanni ha creduto in una ragione che, come la Sapienza di cui ci parla la prima lettura, si mette in cammino, percorre una VIA, va nelle piazze, ai crocicchi, dove la gente vive e muore, dove ci si accoppia e ci si accoppa… Ha creduto in un insegnamento che si facesse carico di quelli che diventeranno (o dovrebbero diventare) oggetto del ministero missionario: gli ultimi… formando persone che potessero dare il loro contributo all’inculturazione del Vangelo, al dialogo interreligioso, che sapessero impostare una pastorale di équipe o potessero essere una presenza non violenta in contesti di conflitto.
Il Missionary Institute è stato il suo grande sogno, il suo grande sforzo (vorrei dire la sua grande battaglia, ma John non mi perdonerebbe mai l’uso di un vocabolo che tradisca anche un minimo accenno alla violenza) e - per il fatto di vederlo chiudere dopo quarant’anni di storia - la sua più cocente delusione.
Per Giovanni lo studio doveva essere finalizzato all’impegno concreto per i poveri e da vivere con i poveri, come le persone che aveva servito ogni giorno e per tre anni a Londra presso Manna Centre, un centro di assistenza per senza fissa dimora. Sono stati tre anni duri per Giovanni, di ricerca esistenziale, di re-ubicazione nella sua comunità religiosa e di rinnovamento spirituale.
I poveri sono coloro che lo hanno aiutato di più; ed è curioso come nella sua vita lui si sia abbondantemente sdebitato con loro, senza azioni trascendentali, senza opere grandiose, senza costruire nulla, senza lasciarsi alle spalle organizzazioni o anche solo debiti di riconoscenza. Semplicemente dando in dono «vita», nella semplicità e autenticità della vita di ogni giorno; ribollendo di indignazione quando qualcosa di ingiusto minacciava un debole, lo discriminava, ne negava la dignità. Bastava un’espressione mal usata o un commento fuori posto per farlo saltare. Saltava ancora adesso, nonostante la malattia, quando vedeva nelle politiche di esclusione contro i migranti un’offesa alla dignità della persona umana.
Ha colpito anche me, che pure ho sempre pensato di conoscerlo abbastanza bene, vedere quante persone abbiano scritto le loro condoglianze definendo Giovanni un Life Giver: un donatore di vita… VITA, la terza «V» di Giovanni.
Un modo bello, pieno, «rotondo», di dire che Giovanni era un uomo buono. Spaccone, forse; guascone, forse; esagerato, sicuramente… ma buono.
Mi ha colpito conoscere in questi giorni la sua famiglia e vederla unita, compatta intorno al fratello e zio Giovanni. Credo che anche voi familiari abbiate scoperto di lui qualcosa di nuovo e di grande: proprio quella vita che Giovanni aveva dentro. Quella vita che forse, diciamolo pure, molti di noi che vivevamo con lui non sempre siamo stati capaci di cogliere.
Con la sua sofferenza e la sua morte John ci ha testimoniato vita, vita con la V maiuscola: Cristo, resurrezione. Sono tante le persone che in questi giorni sono venute a trovarlo e sono state toccate dalla serenità con cui, nonostante tutto, viveva il suo dramma privato. Non per nulla, John si è tanto raccomandato che oggi, intorno al suo feretro, noi celebrassimo la Vita e la celebrassimo con gioia.
Uno degli ultimi libri da lui letti (e regalati) è «Vivo fino alla morte», una delle ultime meditazioni del filosofo francese Paul Ricoeur. «La morte mi troverà vivo», diceva Giovanni; e così è stato. Un giorno, già qualche mese fa, mi mise al corrente di una sua scoperta: mi fece leggere una frase del profeta Isaia, che oggi abbiamo incontrato nel Salmo Responsoriale. «Senti che bello! – Come un tessitore hai arrotolato la mia vita, mi recidi dall’ordito». Giovanni si vedeva come un lavoro nelle mani di Dio, un lavoro che stava per essere ultimato. Tutto è compiuto. Pensava a Dio che guarda la trama dei fili, il lavoro finito, prende l’ultimo filo tra le sue dita, una forbice e ZAC… serenamente lo porta verso il vero compimento.
Ciao John!
Omaggio per Giovanni da parte di PAX CHRISTI
Per 25 anni, il lavoro di Giovanni con Pax Cristi, Movimento Cattolico Internazionale per la pace,è stato uno dei maggiori impegni della sua vita- un altro modo di esprimere la sua passione di portare pace e giustizia nel nostro mondo.
La comprensione di Giovanni della pace è stato qualcosa che ci ‘disturbava’ e ci muoveva ad agire per gli altri. Consapevole dell’intensità delle sofferenze umane provocate dall’ingiustizia, dall’avidità e dall’indifferenza politica,Giovanni ha sempre parlato ed agito con coraggio - alcuni dicono con voce profetica - ricordandoci che solo attraverso il potere dell’amore possiamo trasformare il mondo.
Ecco alcuni dei regali che Giovanni ci ha offerto in tutti questi anni:
Discernimento: Giovanni poneva sempre domande di fondo, come…’la pace e la sicurezza di chi stiamo cercando?’ Non è la pace dei politici e neppure quella dei mercati. Neppure quella dei militari- ma la pace di Cristo- invitandoci fermamente a seguire questo sentiero malgrado le difficoltà di questa scelta.
Buonumore: Il calore umano di Giovanni, il suo sorriso ed il suo umorismo hanno aperto molti cuori e molte menti in situazioni difficili. Trovava le parole giuste,le corrette attitudini per aiutare la gente a guardarsi gli uni gli altri anzitutto come esseri umani- e quindi spezzare la spirale di rabbia ed amarezza.
Pensiero critico: Giovanni ci aiutava ad arrivare alla radice dei problemi-a volte sfidandoci-quando sentiva che la gente era ferita dalla violenza e l’ingiustizia. I bisogni della gente avevano la precedenza.
Apertura: Giovanni era capace di comunicare persone di ogni età,culture e tradizioni. Attraverso il suo incoraggiamento e supporto molte persone nel mondo sono state condotte a a lavorare per la pace-portando la Buona Notizia del Vangelo dove essa è maggiormente necessaria.
Giovanni, tu sei nostro fratello, il nostro conforto, il nostro spirito amico. Sappiamo che hai trovato la tua pace adesso ma ti domandiamo di stare con noi, di disturbarci, di spingerci ad amare e servire Dio e gli uni gli altri come tu hai fatto senza limiti nel tuo lavoro per la pace e la giustizia.
Sociale.network