''Riorganizziamo la rete''. Intervista a Riccardo Troisi

Intervista a Riccardo Troisi, membro di Pax Christi e tra i portavoce nazionali della Rete di Lilliput. Voce importante del movimento per la pace d’ispirazione religiosa.
17 giugno 2004
Fonte: "Aprile online" / Supplemento Quotidiano di "Aprile, il mensile"

Partiamo da un assunto, il movimento altermondialista e il movimento per la pace si sono intrecciati ma non sono la stessa cosa. Quali sono le prospettive dei due movimenti?
Per me i contorni del tuo assunto sono troppo netti. Molte delle organizzazioni che hanno animato il movimento per la pace stanno anche dentro il movimento altermondialista. L’esempio è proprio Pax Christi, che ha fatto campagne sul Sudan, sulle armi, e su tutte quelle costruzioni di ingiustizia che hanno alimentato e alimentano il processo per una nuova mondializzazione, per cui credo che il movimento altermondialista e quello per la pace siano due mondi, due insiemi, che hanno moltissimi confini in comune. Chi ha organizzato il comitato fermiamo la guerra ? Sono gli stessi soggetti che hanno organizzato Firenze (il primo Forum Sociale Europeo, ndr). Non c’è netta separazione. Ci si ritrova tutti uniti. Come per la battaglia contro il WTO o nelle campagne contro le armi. Movimento dei movimenti, di popoli. Storie associative e singole che si uniscono per fare massa critica.

Quindi è meglio parlare di un unico grande movimento?
Si. Oggi c’è un grande movimento per la pace, perché il problema della guerra è diventato un problema di natura quotidiana. La logica della guerra entra anche nella dinamica della produzione e dello scambio delle merci.

Quali sono le sue tappe future?
Il movimento contro la guerra in Iraq mano a mano che crescono le relazioni tra le organizzazioni sta diventando un movimento di pace. Per questo ha cominciato a proporre tutta una serie di temi comuni, dal boicottaggio alle industrie di guerra, alle basi militari, alle armi. Non a caso è nato il network disarmo. Insomma sta partorendo le prospettive di un possibile e futuro movimento della pace stabile. Questa potrebbe essere la prospettiva: lavorare ad un grande movimento della società civile che si impegni in maniera non discontinua sui temi della pace. Certo se ce ne andremo in vacanza perché è finita la manifestazione contro Bush allora sarà il primo segnale che non abbiamo costruito abbastanza.

Che tipo di organizzazione dovrà avere questa nuova fase a cui pensi?
Il movimento ha vissuto sempre il condizionamento verso la politica istituzionale. Deve per questo ogni volta trovare la sua autonomia senza istituzionalizzarsi. L’autonomia si vive solo se si costruiscono forme organizzative di movimento nuove. Non dobbiamo istituzionalizzare il movimento. Questo è un rischio. Oggi le differenze interne al movimento non lo permettono. I fori sociali non sono decollati perché da una parte hanno subito una forte pressione con la politica istituzionale, che li voleva controllare, dall’altra esprimevano troppa disomogeneità che non consentiva loro di costruire un lavoro stabile. Per ora non è pensabile che a livello locale ci si strutturi stabilmente. Ma a livello nazionale però potrebbero essere aumentati i luoghi di confronto. Però attenzione, devono essere luoghi di confronto e non di direzione politica. I vecchi coordinamenti si stanno riadeguando proprio a questo.

Che intendi per “vecchi coordinamenti”?
Penso alla Tavola della pace, alla rete di lilliput e alle stesse forze del terzo settore. Davanti a questa nuova prospettiva devono ristrutturarsi e continuare il confronto. Per offrire una continuità alle battaglie fin qui condotte e non abbandonare il tema della pace. L’altr’anno abbiamo fatto l’errore di mollare tutto e occuparci del referendum sull’articolo 18, dimostrando che eravamo un movimento contro la guerra ancora immaturo per diventare movimento per la pace. Dobbiamo continuare il lavoro che abbiamo iniziato, anche perché le nostre truppe stanno ancora occupando l’Iraq.

Quando parli della riorganizzazione della rete lilliput e della tavola della pace a cosa ti riferisci in concreto?
Queste reti devono rivedere le loro modalità di azione ma anche le loro alleanze. Sia la tavola che la rete, nascono e sono pensate come aggregazioni di associazioni nazionali. Poi poco alla volta hanno aperto le porte ad altri temi, come all’altra mondializzazione, all’ecologia. La rete è stato un esempio di questo. Ma sia la rete che la tavola, che anche altri soggetti devono fare una nuova verifica delle loro modalità di stare all’interno dei nuovi contesti perché intorno a sé incontrano nuovi attori. La stessa Aprile costituisce una nuova realtà che prima non avevano mai dialogato con loro. La soggettività dei contenitori sociali precedenti deve essere rivista, messa nuovamente in discussione, riformulata. Il 18-19-20 luglio ci sarà un seminario politico nazionale sulla “soggettività politica” a Marina di Massa. Revelli, Agostinelli, Zanotelli seguiranno i lavori della rete di lilliput, che in quell’occasione si confronterà con la politica. Sarà un incontro dedicato all’agire politico della rete. Servirà a capire come riorientarci come rete. Credo che è un processo che dovranno fare un po’ tutti, perché i luoghi di collegamento vanno ripensati. Ma non sarà la camera di regia del movimento. Mancano ancora tanti tasselli per creare un movimento che abbia pretese molto più grandi all’interno della società. Bisognerà fare un lavoro di anni. Tutte queste pratiche che abbiamo, da quella sulla non violenza, al consumo critico, all’economia di giustizia e alla stessa disobbedienza civile non hanno trovato ancora un linguaggio politico.

Cosa pensi del fatto che molte persone autorevoli del movimento si sono presentate alle elezioni europee?
Noi abbiamo scritto una lettera ai candidati di movimento, che potete trovare anche sul sito della rete lilliput (retelilliput.it, ndr), in cui diciamo, anche a quelle persone che provengono dalla rete come Gino Barsella di sdebitarsi (un comboniano), di fare un passo indietro nei ruoli di movimento.
Per non mettere due piedi in due staffe diverse. Perché il movimento ha deciso di non rappresentarsi….per noi è importante l’autonomia, per noi e pochi altri però.
(Emanuele Profumi)

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