San Francesco e la "regola di Fini

In realtà dalla regola e dalla vita, dai gesti compiuti e da innumerevoli messaggi,Francesco è e rimane un modello di nonviolenza, un uomo fatto in tutto
ultimo tra i poveri e disarmato tra i violenti, per protestare con la propria vita che il Vangelo, la libertà e la pace non si annunziano con la forza. Da sempre nella storia la nonviolenza è stata strumento povero degli oppressi e la guerra, arma degli oppressori.
5 ottobre 2004
Tonio Dell’Olio – coordinatore nazionale di Pax Christi
Fonte: Liberazione 5 ottobre 2004

la pace!

Gianfranco Fini ieri era ad Assisi a rappresentare il governo nel corso
dell’annuale cerimonia in occasione della festa di San Francesco, patrono
d’Italia e avrebbe fatto la sua figura dignitosa se si fosse limitato a
portare il saluto delle istituzioni. Ha preferito invece offrire all’Italia
una lezione di spiritualità francescana. San Francesco ”non condannò mai
l'uso delle armi per la legittima difesa” – ha detto e, ricordando che egli
“desiderava la pace come mezzo al servizio del bene comune” ha puntualizzato
che la regola francescana non proibì l'uso delle armi ma l'aggressione
armata. “Una nozione importante - ha osservato infine - nell'epoca attuale,
in cui la libertà deve essere difesa ogni giorno dalle persone in divisa”.
E’ davvero singolare che sia Gianfranco Fini a fare l’esegesi della regola
di San Francesco. Isolare una frase non solo dal contesto storico in cui
viene pronunciata, ma addirittura dalla testimonianza di un’intera vita, è
quanto meno “capzioso”. Questo è tipico della lettura fondamentalista della
Bibbia, molto frequente oggi negli USA e utilizzata anche da Mr. Bush!
Proviamo a capirlo con un esempio. Una volta Fini avanzò proposte sul voto
agli immigrati. Ma quella posizione non ci ha fatto cambiare opinione sulle
politiche di condanna a morte degli immigrati rispediti, dalla legge che
porta il suo nome, verso le terre da cui scappano a causa della guerra e
della fame. Quella legge non ci pare particolarmente ispirata allo stile
dell’accoglienza francescana. Ma a proposito dell’uso delle armi, Gianfranco
Fini ha l’abilità di capovolgere i termini della questione e piuttosto che
esaltare il fatto assolutamente inusitato, innovativo e rivoluzionario della
proibizione per quell’epoca, lo legge con le sue lenti e arriva a
concluderne che ne consente l’uso solo agli uomini in divisa. In realtà
dalla regola e dalla vita, dai gesti compiuti e da innumerevoli messaggi,
Francesco è e rimane un modello di nonviolenza, un uomo fatto in tutto
ultimo tra i poveri e disarmato tra i violenti, per protestare con la
propria vita che il Vangelo, la libertà e la pace non si annunziano con la
forza. Da sempre nella storia la nonviolenza è stata strumento povero degli
oppressi e la guerra, arma degli oppressori. Nella regola infatti chiede ai
suoi fratelli di “amare quelli che ci perseguitano e ci riprendono e ci
calunniano, poiché dice il Signore: Amate i vostri nemici e pregate per
quelli che vi perseguitano e vi calunniano. Beati quelli che sono
perseguitati per la giustizia, poiché di essi e il regno dei cieli”. Capisco
il disagio di Fini di rappresentare un governo in guerra al cospetto di un
santo nonviolento ma volerlo trasformare in un teorizzatore della guerra
preventiva mi sembra francamente troppo.

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