Documento della campagna Sbilanciamoci
con il ministero degli esteri del 10 gennaio 2005
La campagna Sbilanciamoci di fronte alla tragedia del maremoto che ha colpito le popolazioni del sud est asiatico e all’azione delle istituzioni pubbliche italiane denuncia:
Le denunce e le richieste per la riunione del tavolo di coordinamento
con il ministero degli esteri del 10 gennaio 2005
La campagna Sbilanciamoci di fronte alla tragedia del maremoto che ha colpito le popolazioni del sud est asiatico e all’azione delle istituzioni pubbliche italiane denuncia:
A) i ritardi e le lentezze politiche e operative dell’azione del governo italiano che in queste prime due settimane sono state molte e gravi e hanno riguardato le modalità di intervento sul campo, le decisioni i materia di allocazione delle risorse, la determinazione di una cabina di regia –che, nonostante tutte le volontà e dichiarazioni, ancora oggi effettivamente manca- per la gestione di tutti gli interventi. Non ci sono strategie e piani operativi organici per paese e per tipologia di interventi che facciano capire all’opinione pubblica cosa stiano facendo e in quale direzione si stiano muovendo le istituzioni italiane;
B) le divisioni e le competizioni tra le amministrazioni pubbliche nella gestione dell’intervento e che hanno visto contrapposte la Protezione Civile al Ministero degli Affari Esteri e che ancora oggi non sono del tutto chiarite e risolte e che hanno inficiato e inficiano l’efficacia dell’azione italiana sul campo. Queste divisioni possono produrre evidenti sovrapposizioni e duplicazioni di interventi come nel caso dell’installazione di ospedali da campo (della Protezione Civile e della Croce Rossa), dell’invio degli aiuti e delle missioni di valutazione degli interventi;
C) l’esiguità delle risorse messe a disposizione ed effettivamente spendibili dal governo italiano. Gli annunci fatti relativamente ad un impegno italiano –comunque modesto- di 70 milioni di euro si riferiscono infatti in gran parte a fondi virtuali (quali quelli della cosiddetta “riconversione del debito”) e a fondi destinati all’Unione Europea ed ad altri organismi multilaterali, mentre le risorse direttamente utilizzabili dall’Italia non superano i 4 milioni di euro. Molti altri governi europei hanno stanziato alla data attuale risorse di 4-5 volte superiori di quelle italiane;
D) la mancata risposta agli appelli delle agenzie dell’ONU che –grazie ancora alla loro prolungata presenza e operatività in quei paesi dovrebbero essere sostenute nell’efficacia della loro azione- hanno in questi giorni (da ultimo nell’incontro dei donatori del 6 gennaio a Giacarta) esplicitato il fabbisogno dei loro interventi sul campo e chiesto ai governi di contribuire in misura significativa. Questa mancanza è tra l’altro politicamente grave e contraddittoria per un paese come l’Italia che vuole candidarsi –anche attraverso la riforma del Consiglio di Sicurezza- ad assumere un profilo alto e riconoscibile nelle Nazioni Unite. Alla data attuale non ci risultano essere stati presi impegni in questa direzione;
E) la promozione dell’ennesima colletta popolare a favore del finanziamento di operazioni pubbliche e istituzionali che già sono e dovrebbero essere finanziate dalla fiscalità generale e da stanziamenti di bilancio. Sarebbe meglio –come succede in molti altri paesi europei- lasciare alle organizzazioni della società civile l’utilizzo di questo strumento di raccolta fondi. Riteniamo questa operazione ancora più sbagliata di quella già sbagliata della missione Arcobaleno (dove la gran parte dei fondi fu utilizzata da organizzazioni private quali ONG e associazioni) e perciò riteniamo negativa l’ordinanza del 23 dicembre scorso che concede alla Protezione Civile la possibilità di utilizzare le donazioni e le erogazioni liberali nella forma utilizzata quattro giorni dopo con il lancio della raccolta SMS;
F) il mancato avvio dispositivo dell’art. 20 del T.U. sull’immigrazione che dà al governo la possibilità di emanare decreti di “protezione temporanea” per le persone provenienti da territori colpiti da calamità naturali e da conflitti. Oggi ci troviamo nella paradossale situazione che se tra una settimana arrivasse in Italia un profugo di Sumatra e di Banda Aceh sarebbe prima rinchiuso in un CPT e poi rimandato al suo villaggio d’origine;
G) l’assenza di un esplicito provvedimento a favore della cancellazione del debito per i paesi colpiti dal maremoto. Solo la remissione totale del debito può considerarsi adeguata alla situazione di emergenza umanitaria che si è creata in quei paesi. Si tratta di qualcosa di sostanzialmente diverso dalla “riconversione del debito” prevista negli annunci del Ministro degli Esteri, che ha comunque tempi lunghi, deve essere negoziata e ha realizzazione incerta. In ogni caso tale misura non può essere conteggiata in modo “creativo” tra le risorse che l’Italia mette a disposizione per gli interventi diretti.
In considerazione di queste valutazioni critiche e delle impellenti necessità derivante dall’emergenza umanitaria dei paesi del sud est asiatico, la campagna Sbilanciamoci formula al governo italiano queste richieste:
1. Lo stanziamento di 300 milioni di euro da destinare agli interventi delle amministrazioni pubbliche come quelli avviati dalla Direzione Generale della Cooperazione allo Sviluppo e dalla Protezione Civile, dagli enti locali e dalle regioni, dalle organizzazioni della società civile, dalle agenzie delle Nazioni Unite. Chiediamo che queste risorse vengano reperite attraverso l’annullamento di uno dei provvedimenti della finanziaria 2005 –come ad esempio gli incentivi all’acquisto dei decoder o i finanziamenti aggiuntivi per la costruzione dei cacciabombardieri eurofighter- che possono essere rinviati al 2006 o cancellati;
2. La destinazione dei fondi raccolti dall’operazione SMS esclusivamente agli interventi di emergenza e di riabilitazione e ricostruzione, delle agenzie delle Nazioni Unite, delle Ong e delle organizzazioni della società civile, delle organizzazioni locali e umanitarie presenti in quelle aree. Ancora oggi non c’è trasparenza: chiediamo sia definito, attraverso un’ordinanza, un regolamento e regole certe, stabilite le linee di indirizzo dell’utilizzo dei fondi, le priorità degli interventi (sanità, bambini, ricostruzione, ecc.), dei progetti e dei soggetti da coinvolgere, le modalità di erogazione dei fondi; i tempi della realizzazione degli interventi;
3. la risposta immediata agli appelli delle agenzie delle Nazioni Unite, utilizzando il fondo di 300 milioni prima proposto, con immediati stanziamenti agli interventi già in opera delle agenzie delle Nazioni Unite, in particolare quelli del World Food Program, dell’Unicef, della FAO, dell’UNHCR;
4. il coordinamento esclusivo dell’Italia nelle sedi dell’Unione Europea e delle Nazioni Unite, evitando altre sedi di coordinamento intergovernativo come eventuali e fortunatamente superate “coalizioni dei volenterosi” prefigurate dall’amministrazione statunitense. L’aiuto umanitario deve sfuggire ad ogni unilateralismo e strumentalizzazione politica e trovare la sua sede negli organismi internazionali e sovranazionali già preposti;
5. la valorizzazione di tutti i soggetti, che possono contribuire alla realizzazione degli interventi sul campo, senza discriminazioni e favoritismi. Riteniamo perciò improprio e indebito che nel comunicato del 1 gennaio 2005 il Ministero degli Esteri abbia voluto sottolineare senza alcuna necessità e senza alcun riferimento al mandato e alle possibili operazioni sul campo al “ruolo particolare” della Croce Rossa Italiana che per il momento non spicca per la sua presenza sul terreno. Anche gli enti locali e le Regioni, le Ong, le associazioni, le agenzie delle Nazioni Unite, le organizzazioni locali di quei paesi possono avere un “ruolo particolare” da sottolineare e da evidenziare;
6. l’attuazione dell’art. 20 del T.U. sull’Immigrazione (D.lgs n.286/1998) che prevede –dietro emanazione di un Decreto del Presidente del Consiglio- l’adozione di misure di protezione temporanea in caso di calamità naturali e conflitti; la regolarizzazione (anche attraverso il rilascio del permesso di protezione umanitaria) dei cittadini stranieri dei paesi coinvolti dal maremoto presenti in Italia con soggiorno irregolare, in quanto inespellibili ai sensi dell’art. 19 del T.U. sull’immigrazione; la facilitazione delle procedure per i ricongiungimenti familiari, da parte dei cittadini stranieri presenti in Italia e con familiari presenti nei paesi e nelle regioni coinvolte dal disastro naturale;
7. la cancellazione totale e immediata del debito dei paesi colpiti dalla catastrofe;
8. la previsione di misure di “accompagnamento” degli aiuti in modo da verificare l’effettivo rispetto dei diritti umani in aree in cui i governi si sono resi più volte colpevoli della repressione e della violazione dei diritti delle popolazioni locali, controllando l’uso e la gestione degli aiuti da parte dei governi locali e valorizzando il ruolo delle competenti agenzie delle Nazioni Unite e delle organizzazioni locali indipendenti come partner attive nella realizzazione degli interventi;
9. il rispetto degli impegni internazionali presi dall’Italia in materia di APS (Aiuto Pubblico allo Sviluppo) in modo da mettere nelle condizioni l’Italia per questa e future emergenze di essere in grado con una propria e certa dotazione di fondi idi intervenire tempestivamente e con efficacia;
10. la promozione nel giugno del 2006 di una conferenza pubblica di valutazione e monitoraggio degli interventi intrapresi (tenuto conto che per altre calamità naturali come il terremoto a Bam in Iran e per l’uragano Mitch, i soldi effettivamente arrivati non hanno superato 1/3 di quelli promessi) e di confronto sulle strategie del ruolo italiano per la realizzazione di programmi di riabilitazione e di ricostruzione con la partecipazione degli esponenti delle comunità e delle organizzazioni locali delle aree colpite.
Sociale.network