Dalla Campagna "Sdebitarsi" newsletter del 27 gennaio 2005
- Comunicato stampa di aggiornamento sul "Messaggio alle Camere" e sul dibattito in Senato e apertura del Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre
- "Messaggio alle camere": cancellare il debito si deve e si puo'!
- lettera aperta di Alex Zanotelli al Governo
- appello di Sdebitarsi ai governi e nota di prentazione
Mentre a Porto Alegre si e' aperto il Forum Sociale Mondiale, dove il tema del debito sara' al centro del dibattito sulle strategie comuni globali della societa' civile di tutto il mondo, ieri pomeriggio in Senato si e' aperta l'annunciata discussione nella 3a Commissione per l'esaminare il disegno di legge presentato dal Governo sugli "interventi umanitari per le popolazioni del Sud-Est asiatico".
Dopo una brevissima sessione in cui e' stao presentato il decreto, la discussione e' stata aggiornta a mercoledi' 2 febbraio.
Sdebitarsi manterra' alta l'attenzione sullo sviluppo dei lavori previsti per l'esame del decreto.
Nel frattempo e' stata registrata una reazione positiva di parlamentari dell'opposizione. A tal proposito i senatori Martone e Malabarba si sono impegnati a presentare una mozione che raccolga i contenuti del messaggio inviato ai Presidenti e capigruppo della Camera e del Senato cosi' come i contenuti dell'appello promosso dalla campagna Sbialciamoci subito dopo il dramma dello Tsunami..
Sdebitarsi sviluppera' nei prossimi giorni i contatti con i parlamentari, attivando il Gruppo Intreparlamentare sul Debito per dare seguito a questa iniziativa. L'obiettivo della campagna e tradurla in ulteriore pressione affinche' l'Italia chiarisca e dia concretezza a misure urgenti e indispensabili per sostenere le popolazioni colpite dal maremoto ed in generale per lo sviluppo delle politiche necessarie per una soluzione giusta e definitiva del debito.
Le denunce e le proposte contenute nel messaggio inviato ai parlamentari, rappresentano anche la base del lavoro che Sdebitarsi sta sviluppando partecipando al Forum Sociale Mondiale di Porto Alegre in collaborazione con le altre campagne internazionali. Anche l'appello lanciato da Sdebitarsi ai Governi dei paesi piu' poveri verra' riproposto all'ordine del giorno del Forum per sostenere la ricerca di misure utilia definire le regole e strumenti nel quadro di legittime sedi con l'autorevolezza e credibilita' universalmente riconosciute per la soluzione vera del problema del debito. L'appello e il messaggio saranno portati anche all'Assemblea dei Parlamentari che si svolgera' a latere del Forum Mondiale.per trovare una soluzione del debito
Raffaella Chiodo
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Ai Presidenti della Camera e del Senato
Ai Capigruppo della Camera e del Senato
CANCELLARE IL DEBITO SI DEVE E SI PUO’
Non possiamo dimenticare!
La tragedia dello tsunami e la crisi argentina hanno ricordato a tutti che il problema debito estero dei paesi del Sud del mondo e’ancora drammatico, concreto e irrisolto. A fronte delle sempre più scarse risorse destinate dai paesi ricchi allo sviluppo dei paesi poveri, quelle loro versate dai paesi poveri per ripagare il debito sono di gran lunga superiori. Negli ultimi anni il Sud del mondo ha ripagato più di 230 miliardi di dollari l’anno su un debito che supera i 2.500 miliardi di dollari a fronte di 50 miliardi di dollari di aiuti e di 100 miliardi di rimesse che gli immigrati mandano ai loro paesi. Il povero Sud diventa sempre più un finanziatore del ricco Nord offrendo come garanzia per il ripagamento del debito le proprie risorse naturali e perpetrando così un’ingiustizia storica mai risolta, che smaschera l’ipocrisia delle misure adottate fino ad ora per affrontare la questione del debito.
Anche l’iniziativa Hipc di Banca Mondiale e Fondo Monetario Internazionale, avviata su richiesta del G8 nel 1996 è fallita, visto che ha cancellato appena un terzo del debito dovuto a queste istituzioni dai paesi più poveri e più indebitati. E chi ha avuto il debito cancellato, a causa delle condizioni imposte dal FMI si è ritrovato subito di nuovo con un debito insostenibile e non potrà mai raggiungere gli Obiettivi di Sviluppo del Millennio fissati da tutti i governi nell’ambito delle Nazioni Unite.
La grande mobilitazione internazionale sviluppatasi in vista del Giubileo del 2000 chiedeva ai governi e alla comunita’ internazionale di cogliere quella occasione simbolica per cancellare il debito, permettendo cosi’ ai paesi poveri di avere un nuovo inizio libero dal fardello del debito e di uscire dalla povertà. A cinque anni da allora, constatiamo che e’ stata un’occasione storica in gran parte sprecata. Si sono infatti registrate positive iniziative di singoli stati comunque insufficienti di fronte ad una questione che ha carattere globale e richiede risposte di respiro globale.
Le iniziative annunciate più volte dal G8 ed in altre sedi internazionali sono state puntualmente disattese.
La Conferenza ONU di Monterrey che doveva individuare gli strumenti e le misure utili al reperimento delle risorse necessarie a finanziare i programmi d’azione elaborati dalle conferenze tematiche dell’ONU di Rio de Janeiro, Pechino, Copenhagen e Cairo per affrontare i grandi problemi del pianeta, ha prodotto soltanto impegni in favore di misure e iniziative parziali ed insufficienti.
Cosa è stato fatto dall’Italia
In Italia forte e’ stata la mobilitazione e la campagna “Sdebitarsi” per la cancellazione del debito –ha conquistato nel luglio del 2000 uno straordinario strumento, la legge 209. Una legge unica nel suo genere a livello mondiale che disciplina la cancellazione dei crediti governativi bilaterali italiani.
Dalla sua entrata in vigore ad oggi la 209 ha più volte subito il tentativo da parte del Governo di depotenziarla e perfino azzerarla. Il primo fra questi e’ stato il regolamento attuativo che ha introdotto elementi che hanno indebolito l’efficacia dell’iniziativa e dilazionato i tempi di applicazione. Quindi l’Italia, nonostante si fosse impegnata ad andare oltre l’approccio multilaterale, di fatto ha continuato a seguire i dettami del FMI anche in caso di cancellazione del proprio debito bilaterale.
Ad oggi soltanto la metà della cancellazione è stata raggiunta in violazione della scadenza originaria di tre anni - 2 miliardi di Euro a fronte degli 8.000 miliardi di vecchie lire stabiliti come soglia minima, e ancora meno rispetto ai 12.000 miliardi auspicati come obiettivo politico molto più significativo.
Inoltre alcuni articoli considerati punti qualificanti della legge non sono stati pienamente applicati. Ad esempio l’articolo 7 che impegna il Governo Italiano ad attivarsi per promuovere nelle sedi internazionali il coinvolgimento della Corte Internazionale di Giustizia, e’ stato totalmente disatteso. Anche l’art. 5, che permette la cancellazione del debito dei paesi che vengono colpiti da disastri naturali e’ rimasto inapplicato nell’occasione drammatica del maremoto che ha sconvolto il sud est asiatico e l’Africa orientale lo scorso 26 dicembre.
Allo stesso tempo in Italia la cancellazione del debito e’ stata strumentalmente utilizzata per cancellare anche la cooperazione. Le risorse per lo sviluppo allocate con la legge finanziaria del 2005 per gli aiuti pubblici allo sviluppo corrispondono allo 0,11. Una politica di aiuto pubblico allo sviluppo se vuole essere seria e credibile deve fare marciare di pari passo la cancellazione del debito con l’allocazione di nuove risorse per la cooperazione. E’ scandaloso che una tale pratica sia stata legittimata alla fine anche in ambito di OCSE da parte dei principali paesi donatori.
Cosa dobbiamo chiedere
· Nello spirito della legge 209 chiediamo che anche i crediti commerciali controllati dalla SACE e che si pretende di recuperare dai paesi colpiti da disastri naturali siano soggetti ad un processo di cancellazione in nome del principi di forza maggiore. Ci opponiamo a procedimenti di riconversione di questi debiti che liberano risorse per finanziarie nuove appalti con un coinvolgimento preferenziale delle imprese italiane nella ricostruzione
· Il Club di Parigi che racchiude i 19 paesi creditori più ricchi al mondo e discute la ristrutturazione dei debito commerciali sotto controllo statale ha mostrato come, dopo la decisione del G8 di Evian, è possibile anche cancellare il debito se si vuole, come avvenuto recentemente per l’Iraq, anche se la cancellazione all’80% subordinata alle pesanti condizionalità del FMI risulti troppo limitata e controproducente per la sovranità del popolo iracheno. Denunciamo la pratica del Club di Parigi di decidere su ristrutturazioni ed eventuali cancellazioni parziali del debito sovrano dei paesi del Sud del mondo, in quanto impone le sue decisioni ai debitori senza permettere alcun negoziato.
· I grandi creditori privati, banche e imprese, continuano a rifiutarsi di accettare il principio della cancellazione del debito, come nel caso Argentina, e minacciano i paesi del Sud che in caso si proceda ad una cancellazione il loro rating finanziario e di conseguenza l’afflusso di prestiti ed investimenti esteri diminuirà sensibilmente. Crediamo che anche il debito privato debba essere sottoposto ad una verifica indipendente, equa e trasparente gestita ad esempio attraverso forme di arbitrato, che valutino la sua legittimità e considerino quindi le responsabilità anche dei creditori privati nella sua generazione.
· Occorrono sedi istituzionali multilaterali, la cui legittimita’ ed autorevolezza siano universalmente riconosciute, in cui affrontare e regolare la questione del debito sulla base di nuovi criteri e processi di arbitrato indipendente e rivedere più in generale i meccanismi finanziari, economici e geopolitici che lo hanno prodotto negli ultimi anni. Anche in materia di gestione del debito, servono soluzioni globali, ed il coraggio di una radicale svolta politica, onde rallentare subito il progressivo impoverimento dei paesi del Sud del mondo, causato dal potere di controllo finanziario e dal ricatto politico esercitati dai paesi creditori.
· Il 2005, apertosi all’insegna della tragedia dello tsunami che ha mosso una solidarietà senza precedenti nella cittadinanza globale, ma non nelle stanze dei banchieri pubblici e privati dei paesi ricchi, presenta importante scadenze in cui il dramma del debito sarà nuovamente discusso. E’ stata offerta la moratoria sul debito di Sri Lanka, Seychelles ed Indonesia colpiti dalla tragedia del maremoto, ma ciò che occorre e’ la sua cancellazione. Ci vorranno decenni per ricostruire quei paesi e le risorse fin qui messe a disposizione dalla comunità internazionale sono generose ma palesemente insufficienti. Il debito è stato cancellato nel caso dell’Irak, perché non anche a paesi infinitamente più poveri, come quelli colpiti dallo tsunami, e privi delle straordinarie risorse petrolifere irachene?
· Perfino il G8 stesso ormai ammette di fatto che l’Iniziativa Hipc è fallita ed il governo inglese, che tiene la presidenza, si è già espresso in favore della cancellazione al 100 per cento del debito dei 41 paesi più poveri ed indebitati al mondo. Crediamo che questa debba avvenire immediatamente tramite una vendita responsabile delle riserve auree del FMI tale che non abbia un impatto negativo sul prezzo dell’oro a svantaggio del Sud del mondo e con versamenti di risorse fresche ed addizionali, senza alcuna condizione imposta né dal G8 né dal Fondo Monetario Internazionale.
· Chiediamo che siano sostenute le forme di partecipazione e rappresentanza delle società civili nella gestione delle risorse liberate dalla cancellazione e messe a disposizione dei governi dei paesi più poveri per il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo del millennio. Chiediamo inoltre che sia sostenuto ogni altro meccanismo innovativo di reperimento di risorse per lo sviluppo sui mercati internazionali in quanto tali fondi non devono essere utilizzati per la cancellazione del debito, e in ogni caso non dovranno incidere sui fondi da destinarsi alla cooperazione internazionale.
Raffaella Chiodo Sdebitarsi
Alberto Castagnola Rete Lilliput
Luca De Fraia Azione Aiuto
Giulio Marcon Sbilanciamoci
Antonio Tricarico Campagna Riforma della Banca Mondiale
Alex Zanotelli missionario comboniano
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Al Presidente del Consiglio dei Ministri
A tutti i Ministri e Sottosegretari
Fermiamo lo tsunami del debito
L’onda lunga dello tsunami nel sud-est asiatico, che ha lasciato alle sue spalle una tragica scia di morte, ci obbliga a riproporre con forza il problema del debito di quelle nazioni colpite dal maremoto, ma anche delle altre nazioni del Sud svenate dal debito. Un debito coloniale che ha raggiunto 2.500 miliardi di dollari per il quale gli impoveriti pagano in interessi ogni anno oltre 200 miliardi di dollari! Sono i poveri che foraggiano i ricchi, non sono i ricchi che “aiutano” i poveri! Per questo riteniamo che le decisioni del G7 del Club di Parigi di una moratoria del debito per le nazioni del Sud-est asiatico non sia un aiuto ma un altro cappio al collo dei poveri.
Noi chiediamo la totale cancellazione del debito. Per questo deve partire anche in Italia una campagna diffusa su tutto il territorio (in altre nazioni è in piena azione), perché al prossimo vertice dei G8 del prossimo giugno a Edinburgo venga cancellato il debito debito non solo dei paesi colpiti dalla catastrofe, ma anche dei paesi più impoveriti. L’Inghilterra, paese ospitante e a giugno presidente di turno dell’Unione Europea, ha già posto sull’agenda del vertice il debito. E il ministro inglese delle finanze, Gordon Brown, afferma che l’Inghilterra è pronta a rimettere il debito ai 42 paesi più poveri al mondo e invita gli altri a fare lo stesso. (per far tornare i conti Brown esorta il Fondo monetario a vendere le riserve d’oro che ha!).
Noi chiediamo che il governo italiano al vertice G8 appoggi la proposta del governo britannico. Ma noi chiediamo che questa cancellazione venga estesa anche ad altre nazioni in gravi difficoltà come Haiti o strangolate dal debito come l’Argentina e il Brasile.
Vorremmo ricordare a tutti che tanti debiti sono “odiosi”, come ha detto Bush del debito iracheno perché contratto da un dittatore come Saddam Hussein e per questo perdonato!
Il debito deve essere rimesso senza alcuna condizione. L’unica condizione che accettiamo è la partecipazione della società civile del Sud nella gestione delle risorse liberate.
Questi eventi devono portarci ad attualizzare (finalmente!) la legge 209 firmata da tutti i partiti nel luglio 2000 in occasione del Giubileo. Forse la miglior legge al mondo per la remissione del debito. Purtroppo è oggi una legge “castrata”, disattesa, dimenticata dall’attuale governo. A tutt’oggi solo metà della cancellazione è stata raggiunta (doveva essere attuata entro tre anni!): quattromila miliardi di vecchie lire italiane a fronte degli ottomila miliardi come obiettivo politico. Totalmente disatteso l’articolo 5 della 209 che permette la cancellazione del debito dei paesi colpiti da disastri naturali. Nello spirito della legge 209 noi riteniamo che anche i crediti commerciali (controllati dalla Sace) che devono essere recuperati dai paesi colpiti da disastri naturali, siano soggetti ad un processo di cancellazione.
Chiediamo oggi che quella campagna giubilare, ispirata da forti organizzazioni come “Sdebitarsi”, riparta con forza per ottenere gli obiettivi sopra indicati. Va in questa direzione la Campagna “W Nairobi W” che chiede la remissione del debito del Kenya a favore di trecentomila baraccati di Nairobi che rischiano di essere sbattuti fuori dalle loro misere capanne. In questo momento così grave per gli impoveriti del mondo, la remissione del debito può essere una buona notizia per i più poveri della terra. Invitiamo tutti, al di là di ideologie e credi, a mettersi insieme perché vinca la vita.
Padre Alessandro Zanotelli,
missionario comboniano
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Introduzione e presentazione dell’iniziativa
L’intento dell’appello annesso è stimolare una presa di posizione da parte degli Stati indebitati, approfittando del felice momento cominciato con il fallimento del Vertice di Cancun, che ha mostrato un rinnovato protagonismo da parte dei Paesi del Sud.
Va superata, a tale proposito, l’eccessiva timidezza di cui tali Paesi danno prova nei confronti dei centri del potere finanziario. Ciò potrà avvenire solo mediante uno sforzo congiunto. I recenti esempi dell’Argentina (entro certi limiti positivo) e del Brasile (negativo per la reticenza del governo Lula a mettere in discussione i propri rapporti con i creditori) rivelano ancora una volta l’importanza strategica del tema e l’irrinunciabilità di un approccio unitario.
Gli obiettivi perseguiti sono quattro:
a) in primo luogo la creazione di un forum internazionale dei paesi debitori che costituisca la controparte del Club di Parigi e delle istituzioni finanziarie internazionali controllate dai creditori;
b) l’avvio della sospensione dei pagamenti come stimolo per raggiungere una soluzione complessiva basata sul raggiungimento dei due ulteriori obiettivi;
c) la convocazione di una Conferenza internazionale che veda la partecipazione di tutti i debitori e di tutti i creditori, sul modello di quella di Londra sui debiti tedeschi svoltasi dal 28 febbraio all’8 agosto 1952;
d) la richiesta di un parere consultivo alla Corte internazionale di giustizia da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite.
Quest’ultimo punto merita qualche ulteriore chiarimento. La Corte internazionale di giustizia, ai sensi dell’art. 65, 1° comma, della Carta delle Nazioni Unite, “può dare un parere consultivo su qualsiasi questione giuridica a richiesta di qualsiasi organo od ente a ciò autorizzato a norma dello Statuto delle Nazioni Unite”.
L’organo più indicato a questo proposito è costituito dall’Assemblea generale delle Nazioni Unite, data la natura generale delle sue competenze e la sua posizione centrale di organo politico, nel quale sono rappresentati tutti gli Stati membri.
Il parere consultivo della Corte consentirebbe di chiarire il quadro giuridico nel quale va collocato il debito. Gli studi finora effettuati in materia dimostrano che il debito va a incidere su una serie di norme internazionali di grande importanza, da quelle relative alla tutela dei diritti umani, a quelle sulla protezione dell’ambiente, ai principi giuridici internazionali ricavabili dagli ordinamenti interni che proibiscono l’usura, al principio di buona fede, al diritto all’autodeterminazione dei popoli, al concetto stesso di sovranità.
Il chiarimento del quadro giuridico è preliminare sia all’avvio del negoziato complessivo in sede di conferenza mondiale sul problema sia a quello di un arbitrato. Non c’è quindi contrapposizione ma complementarità tra l’intervento della Corte internazionale di giustizia e l’eventuale istituzione di una o più Corti arbitrali in ordine agli specifici rapporti debitori che sarebbero chiamate ad applicare, fra l’altro, i principi e le norme di diritto internazionale accertati dalla Corte.
Bisogna inoltre sottolineare che il parere consultivo eserciterebbe effetti a favore dei debitori anche nell’attuale quadro dei rapporti esistenti. Le istituzioni finanziarie internazionali, in particolare, sarebbero tenute ad applicare detti principi e dette norme. Verrebbe in tal modo avviato a soluzione positiva lo storico scollamento esistente fra tali istituzioni e i fini delle Nazioni Unite nel loro complesso, in particolare per quanto riguarda il tema dei diritti umani.
L’ottenimento della risoluzione dell’Assemblea generale che richieda il parere consultivo si presenta non facile. Alcuni tentativi effettuati in passato, infatti, si sono arenati di fronte alle forti pressioni dei creditori, capeggiati dal governo statunitense.
Idem dicasi per l’art. 7 della legge italiana, che pure resta vincolante nonostante il tentativo del governo Berlusconi di dichiararne l’abrogazione.
Nel recente passato, tuttavia, vi sono due esempi di risoluzioni approvate nonostante tale fuoco di sbarramento su argomenti di grande importanza politica: quella sulle armi nucleari (metà anni Novanta) e la recentissima risoluzione che ha chiesto alla Corte internazionale di giustizia di pronunciarsi sulla legittimità del muro costruito dal governo Sharon sul territorio palestinese.
Bisogna quindi chiedersi perché il tema del debito estero non riesca a guadagnare l’attenzione dei consessi mondiali e la spiegazione va probabilmente ricercata nel potere di ricatto esercitato dai creditori. Ciò rende ancora più importante la costruzione di un fronte compatto dei debitori.
Il ruolo delle organizzazioni governative può risultare a tale riguardo determinante per il loro carattere transnazionale e trasversale.
Quanto ai rapporti con i Governi, sono stati avviati una serie di contatti con i rappresentanti permanenti dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, individuando un target di dieci Paesi (Brasile, Cuba, Venezuela, Argentina, Sudafrica, Nigeria, Ghana, Libano, Malesia, Bangladesh). Tali rapporti tuttavia sono a uno stadio iniziale e vanno ripresi con maggiore organicità. Parallelamente va avviata una pressione coordinata e crescente sui governi dei Paesi debitori.
Sul fronte delle ONG, il CADTM ha dato il proprio assenso a partecipare alla campagna anche se vanno tuttora chiariti i dettagli della collaborazione.
APPELLO AI CAPI DI STATO DEI PAESI INDEBITATI
Eccellenze!
Il debito estero costituisce un onere pesantissimo sulle economie e le società della stragrande maggioranza degli Stati e dei popoli del nostro pianeta. La sua esistenza impedisce il raggiungimento di fondamentali obiettivi di sviluppo e soddisfacimento dei diritti umani più elementari, sui quali pure si registra il consenso formale della totalità dei governi e delle organizzazioni internazionali.
Si tratta di una situazione davvero insostenibile, che produce in ogni momento danni irreparabili sul piano sociale e su quello della salvaguardia dell’ambiente, mettendo a repentaglio il presente e l’avvenire dell’umanità.
Le posizioni rispettive dei debitori e dei creditori sono fortemente sperequate. Mentre infatti i secondi si giovano di organizzazioni apposite, che sono il Club di Parigi e il Club di Londra, i primi sono costretti ad agire in modo isolato e disorganizzato.
Il debito estero esistente, dati i meccanismi che ne hanno prodotto la rapida accumulazione e gli effetti che esso produce, si rivela in flagrante e insanabile contraddizione con i principi fondamentali del diritto internazionale e con i principi generali di diritto, come accertato in modo rigoroso da numerosi giuristi di ogni continente.
In virtù di tali principi gli Stati debitori sono oggi autorizzati a proclamare una moratoria unilaterale dei pagamenti, che preluda a una Conferenza internazionale sul tema, sul modello di quella relativa al debito tedesco che si svolse a Londra nel 1952, e alla richiesta, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, di un parere consultivo della Corte internazionale di giustizia che affermi quali sono le norme di diritto internazionale applicabili.
Vi chiediamo quindi, in nome dell’umanità sofferente sotto il giogo del debito e delle generazioni future, di
1. sospendere immediatamente ogni pagamento del debito esistente nei confronti di creditori pubblici e privati, ivi comprese le istituzioni finanziarie internazionali;
2. chiedere la convocazione di una conferenza internazionale sul tema che veda la partecipazione, su di un piede di parità, di tutti gli Stati indebitati e di tutti i creditori pubblici e privati;
3. promuovere l’adozione, da parte dell’Assemblea generale delle Nazioni Unite, di un parere consultivo della Corte internazionale di giustizia sul debito estero, che ne accerti la conformità al diritto internazionale vigente e ai principi generali di diritto.
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