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Missili, caccia e alta tecnologia Guerra da 1 miliardo di dollari

24 marzo 2011
Francesco Grignetti
Fonte: La Stampa

Le guerre costano caro, si sa. Una guerra super tecnologica come quella dei cieli di Libia costa carissima. Secondo le prime stime di fonte americana, in quattro giorni di campagna aerea sono stati spesi 800 milioni di euro. Senza parlare del sangue e del sudore, restando ai freddi conteggi economici, si calcola che la missione «Odissea all'alba» costerà un miliardo di dollari nel solo primo mese. Poi si vedrà.
Se le cose per il regime dovessero precipitare presto, come si augurano nelle cancellerie e negli stati maggiori, tutto dovrebbe andare in discesa. Anche l'impegno militare. E quindi anche le spese relative. Ma al momento nessuno sa come finirà.
Per arrivare a cifre tanto stratosferiche, si pensi che ogni missile Tomahawk costa almeno un milione di euro. È un concentrato di tecnologie e di esplosivi. E nella prima salva di missili, nella notte tra sabato e domenica, di Tomahawk inglesi e americani ne sono stati lanciati più di cento da navi e sottomarini contro una ventina di obiettivi della difesa aerea libica.
Fino a due giorni fa, la Coalizione aveva impiegato almeno 162 Tomahawk. I bombardieri B-2 avevano totalizzato 25 ore di volo, a un costo di almeno 10 mila dollari l'ora. Analisti di fonte inglese confermano che le missioni aeree britanniche costano 300 mila euro a velivolo. Considerando i 10 caccia impiegati per pattugliare la no fly zone si può arrivare alla spesa di 3-4 milioni di euro al giorno.
L'Italia ha messo a disposizione della Coalizione otto aerei, quattro Tornado nell'assetto antiradar e quattro caccia intercettori Eurofighter. A parte il costo vivo del velivolo (30 milioni di euro per il Tornado e 100 milioni per l'Eurofighter) ogni ora di volo di questi bestioni dalle accelerazioni eccezionali costa almeno 32 mila euro.
E i conti sono presto fatti: dalla base di Trapani i Tornado da quattro giorni si alzano in volo a coppie, accompagnati da un terzo velivolo per il rifornimento in volo. Sono missioni che durano circa tre ore. Ogni missione di ricognizione su Cirenaica e Tripolitania significa quasi 300 mila euro.
Finora gli italiani non hanno mai sparato. Non ce n'è stato bisogno. Se i piloti dei Tornado avessero però lanciato uno dei loro speciali missili Harm (Homing Anti-Radiation Missile) che sono in grado di riconoscere le emissioni elettromagnetiche di un radar e le inseguono finché non lo colpiscono, sarebbero stati altri 200 mila euro che se ne andavano in fumo.
Per mare, intanto, si va muovendo una piccola flotta. Nel canale di Sicilia incrociano già la portaerei «Garibaldi» e il cacciatorpediniere «Andrea Doria»: hanno a bordo un sofisticato sistema di missili antimissile, integrato con il sistema di sorveglianza satellitare e aerea, per fare da scudo nel caso malaugurato di una ritorsione del raiss. Nessuno dimentica gli Scud B lanciati nel 1986 contro Lampedusa.
Ebbene, la sola portaerei, che a bordo ha sette aerei Harrier a decollo verticale e un paio di elicotteri, costa circa centomila euro al giorno in termini di carburante. Una nave da guerra brucia infatti una quantità impressionante di gasolio. Tanto che la nave da battaglia ha bisogno di avere sempre nelle vicinanze una nave-rifornimento. In questo caso è la rifornitrice «Etna».
Davanti alla Libia, inoltre, messe a disposizione della flotta Nato che ha il compito di far rispettare l'embargo (ma senza alcun compito anti-immigrazione) ci sono la fregata «Euro» e il pattugliatore d'altura «Comandante Borsini». Presumibile che tutte assieme queste cinque navi brucino, è il caso di dirlo, almeno trecentomila euro al giorno.
In America è già polemica sui costi di questa guerra. Per tacitare sul nascere le discussioni, l'Amministrazione ha fatto sapere che l'operazione è pagata con somme regolarmente stanziate dal Congresso. «Non abbiamo in programma di fare richieste per ulteriori fondi», ha detto il portavoce dell'Ufficio Management and Budget della Casa Bianca.
È stato mandato avanti un militare tutto d'un pezzo come il capo di stato maggiore della Marina americana ammiraglio Gary Roughead: «Dato che le nostre forze si trovavano già sul posto - ha minimizzato - queste spese sono state integrate. Vi sono alcune ore di volo supplementari di cui tener conto, ma per esempio alcuni apparecchi per la guerra elettronica erano comunque impegnati sull'Iraq».

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