Latina

Recensione al libro di Geraldina Colotti

Oscar Arnulfo Romero. Beato fra i poveri

Edizioni Clichy, Firenze, 2015
25 gennaio 2016
David Lifodi

Edizioni Clichy

La recente canonizzazione di monsignor Oscar Romero, concessa dal Vaticano poiché il sacerdote salvadoreño è stato ucciso “in odio alla fede”, fa capire tanti aspetti del difficile rapporto tra il cristianesimo progressista in America Latina e le alte gerarchie di Oltretevere. È questo uno dei principali meriti di Oscar Arnulfo Romero. Beato tra gli uomini, il libro che Geraldina Colotti non ha dedicato soltanto a raccontare la storia di San Romero d'America, ma anche ad indagare sulle tormentate relazioni tra quell'America Latina che, nonostante le ultime battute d'arresto politiche, si identifica nel socialismo del XXI secolo e la parte di Chiesa reazionaria che ha sempre visto di cattivo occhio l'impegno militante dei religiosi che non hanno mai avuto dubbi nello schierarsi a fianco dei poveri. 

E allora, anche oggi, nonostante l'opzione di Papa Bergoglio per i migranti, per la giustizia sociale e per i diritti degli oppressi, fa notare Geraldina Colotti, a seguito della canonizzazione di Romero è arrivata quella di tre sacerdoti uccisi da Sendero Luminoso nel 1991. Come dire: uno a uno e palla al centro, in una sorta di santificazione compensativa. E invece non può essere così che vanno le cose. Nel piccolo El Salvador degli anni '70-'80, dove imperversavano gli squadroni della morte dell'estrema destra di Arena (Alianza Republicana Nacionalista), le gerarchie ecclesiastiche credevano, tramite Oscar Romero, di essersi garantite la pace sociale e fare un grosso favore alle poche famiglie di terratenientes che si spartivano il potere. Inizialmente, infatti, Romero è un conservatore, molto vicino all'Opus Dei: già allora si impegnava ad aiutare i campesinos, ma solo per evitare che scoppiasse una sorta di rivolta di classe. Un po' come era successo con Samuel Ruiz in Chiapas: più volte, el caminante, che ha svolto un ruolo di primo piano nella mediazione tra lo stato messicano e l'Ezln, amava ripetere: “Per molti anni sono stato come un pesce, dormivo con gli occhi aperti, guardavo e non vedevo”. Geraldina Colotti ripercorre il dramma di El Salvador, dagli slogan degli squadroni della morte di Roberto D'Aubuisson, “Sii patriottico, ammazza un prete”, alle attività controrivoluzionarie di Leopoldo Castillo, soprannominato sinistramente Matacuras, allora ambasciatore venezuelano nel paese centroamericano e ancora oggi attivo oppositore al presidente Nicolas Maduro democraticamente eletto a Miraflores. La mutazione politica di Oscar Romero avviene definitivamente quando, il 12 marzo 1977, viene ucciso padre Rutilio Grande, suo grande amico e noto per le sue posizioni progressiste. Il buco nero che avvolge El Salvador traspare tra le righe del libro dell'autrice ed è lo stesso che avvolge il Nicaragua dove Papa Woytila umilia pubblicamente il ministro sandinista Ernesto Cardenal, il quale lo aveva accolto a Managua insieme ad una gran folla con lo striscione “Benvenuto nel Nicaragua libero, grazie a Dio e alla Rivoluzione”. Giovanni Paolo II liquiderà con freddezza Romero, quando si recherà a Roma per denunciare i crimini del regime di El Salvador, nonostante lo sterminio, ad opera della dittatura, di centinaia di responsabili della Pastorale sociale salvadoreñi. Il pensiero di Geraldina Colotti corre a Rafael Ernesto Barrera, sacerdote di El Salvador più conosciuto con il soprannome di Neto, morto in battaglia con il fucile al collo sul celebre esempio del colombiano Camilo Torres (fatto fuori nel 1965 quando militava nel guevarista Eln, l'Esercito di liberazione nazionale), al massacro dei gesuiti  dell'Università centroamericana José Simeon Canas (tra cui Ignacio Ellacuria), nel 1989, alle persecuzioni contro il sacerdote honduregno Fausto Milla, a cui davano la caccia le forze speciali di El Salvador e Honduras in una sorta di improvvisato Plan Condor in salsa centroamericana e a Luis Espinal, eliminato dal regime boliviano il 22 marzo 1980, due giorni prima di Romero. Nella sezione del libro “Parole e immagini”, dedicata a riportare i passi di alcune delle omelie più significative di monsignor Romero, oltre alle considerazioni dei più importanti teologi della Liberazione, l'autrice ha scelto una riflessione di Jon Sobrino nel suo libro Romero. Martire di Cristo e degli oppressi (Emi, Bologna, 2015): “Istituzionalmente, è facile canonizzare coloro che aiutano i poveri e le vittime, mentre è difficile canonizzare chi li difende, perché la Chiesa-istituzione verrebbe toccata dal conflitto nel quale il futuro santo è vissuto”. Si tratta di un'affermazione forte, che l'autrice ha fatto benissimo a riportare, poiché mette a nudo le contraddizioni della Chiesa: da un lato l'enciclica di Bergoglio, Laudato sì, ispirata alla denuncia delle ingiustizie sociali e della rapina dei beni comuni da parte delle multinazionali, dall'altra, l'antidemocraticità di quelle gerarchie ecclesiastiche implicate nel golpe che nel 2009 ha rovesciato Manuel Zelaya in Honduras e nei tentativi violenti di rovesciare l'ordine costituito in Venezuela.

Romero, come tanti sacerdoti che pure non sono stati santificati, è “un santo di classe contro i santini del potere, come quelli inalberati dal sindaco di San Salvador, che ha dedicato una via a Roberto d'Aubuisson”.

Oscar Arnulfo Romero. Beato fra i poveri.

Di Geraldina Colotti

Edizioni Clichy, Firenze,  2015

Pagg. 115, euro 7.90

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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