Conflitti

Diario da Luanda, Angola

3 maggio 2005
Laura Fantozzi

DALLA PAURA ALLA CONOSCENZA DI UNA CITTA'. QUANDO IL
CUORE INZIA AD APRIRSI....

Caro diario
Da quanto tempo non ti scrivevo cosi, come quando ero
piccola. Lo avevo quasi dimenticato, non si e mai del
tutto grandi ne mai del tutto piccoli. Sono le diverse
fasi della vita a farci sentire differenti, adulti o
piccini, preparati o impreparati, sicuri o indifesi.
Qui a Luanda sono nuovamente una bimba in fasce. Fasce
strette che riescono perfino a cancellare lo stupore.
Paura e insoddisfazione scorrono nelle vene e nella
testa. Piu che una bambina mi risento un adolescente,
un adolescente che si affaccia all'improvviso sul
mondo egli adulti. Attirata, sa che li e il suo
destino, eppure vorrebbe tornare indietro, percorre
ancor una volta sentieri conosciuti..

Caro diario
La cosa piu triste che sto sperimentando e .il mio
modo di reagire. Mi pare cosi strano deprimermi,
lasciami sconfiggere dall' insoddisfazione. Non e da
me. Ma soprattutto mi pare cosi strano non lanciarmi
tra la gente comune, nei mercati, nelle vie, sulle
strade, come facevo in America Latina. Il pericolo qui
e maggiore? Si. Ma poi mi relaziono con un mondo
lavorativo strutturato che mi da SAGGI CONSIGLI, forse
troppo SAGGI. Ieri mi sono fatta la pausa pranzo
girellando a piedi intorno al palazzo delle Nazioni
Unite. Nessun bianco su marciapiedi. Ma proprio
nessuno. Sentivo gli occhi di tutti i passanti e le
passanti addosso. Sinceramente non ti so dire se erano
occhi pericolosi oppure solo occhi pieni di stupore.
Mi sentivo a disagio, questo e certo. Eppure ho
continuato a gironzolare, bevendo le immagini che
scorrevano sulla mia retina per la prima volta senza l
intermediazione di un finestrino. Donne con tinozze di
plastic colorata vendono di tutto ai margini della
strada, banane, manghi, arance, biscotti, quaderni,
penne, pile, copri cellulari ..Uomini seduti sui
marciapiedi si riparano dal sole delle 13 sorseggiando
intrugli nerastri. Siamo nel quartiere centrale e
tutti i bambini che si aggirano sono piccolo o grandi
vndiori, che siu lanciano tra le macchine offrendo le
mercanzie piu disparate

Le strade di Luanda, caro diario,
sono un disastro. In parte asfaltate in parte no,
pienissime di buche, con tubi che si spezzano ad ogni
momento e provocano allagamenti. Non e un caso che chi
puo qui si compra un fuoristrada, unico mezzo sicuro
di trasporto. La conduzione non e il forte degli
angolani, che sfrecciano da una parte all'altra senza
segnalare nulla. Quando possono sfrecciare, perché
nelle ore di punta le vie di ingresso alla cittá cosi
come i sentieri pieni di pietre che conducono al
grandissimo mercato....., oltre un milione di persone
al giorno, il punto di vendita piu frequentato di
tutta l Africa, sono intasate, nubi di polvere e smog
a togliere il respiro e la visibilità. Auto ferme,
kandongheros, ovvero piccoli pulmini bianchi ed
azzurri, il piu comune mezzo di trasporto pubblico
della capitale, ad infilarsi tra uno specchietto
retrovisore ed un carretto ambulante..A volte occorre
anche un ora per percorre 2 o 3 km, tra clacson e
sirene della polizia che i fa largo con l ennesimo
carico di carcerati.
La via del porto e la piu ampia e sicura, costeggia il
mare ed e utilizzata dai patiti di footing per fare
intrenamento. Ma qui come sulle altre strade si
affacciano i palazzoni della capitale, tutti nelle
stesse condizioni 40 anni senza manutenzione, sono
cadenti, l'umiditá se li sta mangiando lentamente,
aloni neri e pezzi di veranda che cadono, piu o meno
in silenzio...Renault, Fiat, BCP, e tante altre
vecchie scritte luminose oggi sopravvivono senza anima
in cima ai piccoli grattacieli locali. Il senso di
decadenza e forte, abbandono generale delle
infrastrutture e delle opere pubbliche, nessuna
importanza all estetica edilizia pare quasi una
strategia, molto lusso all interno, semplicita all
esterno, per non attirare l attenzione..

A messa.
La prima messa africana, che effetto!. Ci sono
arrivata tutta timorosa, la chiesa e a 500 m da casa
mia e alle 1830 qui fa gia buio. Rigorosamente in tuta
e senza orologio portafoglio o altri oggetti pendenti,
ho camminato al lato della strada, saltellando tra le
fogne a cielo aperto che percorrono tutto il
quartiere. Di per se un quartiere fortunato, proprio
perche le fogne o meglio canali di scolo a cielo
aperto, ce li ha. Sai, la mattina, quando aspetto il
pick up che mi porta in ufficio, o, in preda dalla
disperazione mi alzo alle 6 per correre un mezz
oretta, tra lo smog e i camion che ravvivano le prime
ore della giornata, vedo ragazzini e adulti fare un
salto dentro quest' acqua nerissima e puzzolente, con
sapone e pezze di panno scuro che fungono da
asciugamano.
La chiesa e la croce, tutte illuminate, non sembravano
parlare di quest'africa, si di quest' africa che
sperimento da ormai 10 giorni. Non avevano nulla a
vedere con le due sere trascorse senza luce,
imprecando per la mia totale impreparazione - come ho
fatto a lasciare la pila in Italia, perche non ho
caricato il computer e cellulare in ufficio? Serate
trascorse al lume di candela ascoltando gli ultimi
minuti di vita del lettore MP3, pensando..- .La chiesa
di questa sera aveva un aria molto meno malmessa del
mio cuore e della mia casa. Un aria di pace, anche se
una pace diversa. Una messa piu dimessa rispetto alle
celebrazioni brasiliane a cui mi ero abituata, eppure
una celebrazione partecipata. Volti neri e volti
bianchi, una separazione quasi netta tra gli uni,
banchi a sinistra, e gli altri, banchi a destra. e,
Donne avvolte in lunghi vestiti, suore in gonne e veli
azzurrissimi, ragazzine in jeans e treccine e
bianchissimi chierichetti.
Ho risentito il vento, che parlava di significati
difficili ma sempre presenti. Ho rivisto la croce,
quella croce che continua a catalizzare il mio sguardo
senza che riesca a spiegarmi il perche, perche mi
attragga cosi tanto. Ho lascito andar i pensieri e ho
respirato l accoglienza, la condivisione, il pane e il
vino di cada dia..

Caro diario
Finalmente sto nuotando. Nuotando, si, nuotando nell'
Angola. E bastato un attimo. Chiuso l' ufficio, chiuse
nel cassetto le pare, mi tuffo in questo lungo fine
settimana. Il primo passo e la fila alla panetteria
del quartiere. Sempre evitata, per timore di sentirmi
diversa, eppure, una fila fuori di un panificio, una
cosa cosi normale. Sono qui tra donne, bimbi e uomini
angolani, tutti sulla stessa strada polverosa,
allietati da un odore intenso di pane e dolci, in
attesa composta, anche un ora e mezza, senza
impazienza. Inizio a sentir il mio corpo diverso, meno
teso, meno impaurito, piu integrato. Odore, forme,
ritmi non cosi opposti e incompatibili con quelli
sperimentati in europa. Forse, mi dico, il razzismo
passa anche dalla non conoscenza, dalla non
condivisione, dal vedere i corpi delle persone solo
con gli occhi.. .Un ora di attesa che fa conoscere il
modo del quartiere, domande ai bambini, chiacchierata
con una guardia, sorrisi con le mamma in attesa. Alla
fine siamo qui tutti per uno stesso motivo, un pezzo
di pane!

Un pezzo di pane che a poche centinaia di metri,
manca. Ecco le favelas di Luanda che si affacciano sul
mare, lamiere arrugginite e plastica, pezzi di
automobili e galloni di benzina utilizzati come
secchi, stracci stesi, bottiglie riempite di alcol per
illuminare le lunghe notti angolane. odori intensi
anche per me che cammino dall' altra parte ella
strada. Donne che entrano ed escono dalle baracche con
enormi ceste in testa, ragazzini che scorrazzano tra i
rifiuti, uomini che caricano carretti di inaudite
mercanzie, ritmi lenti di fronte ad un mare ricoperto
di rifiuti, dove tre piccoli meninos pescano a bordo
di una barca dipinta di blu...Eccole le favelas di
Luanda, non concentrate in un unica zona, in parte di
fronte al mare, in parte nei quartieri a sud, in parte
nella periferia est, nei pressi del piu grande mercato
di tutta l Africa, il mercato Roque Santeiro.

Immenso. Il milione di persone che ogni giorno popola
questo spiazzo sterminato di terra, fango, rifiuti
bruciati e rifiuti ancora in fiamme lo si tocca con
mano, un serpente di persone che attraversa banchetti
pericolanti ricoperti di differenti mercanzie, tende
di frutta e verdura con lunghissimi sacchi neri dove
donne e cibo si appoggiano per ore, tavolate ricoperte
di pezzi di cellulari, stoffe e vestiti usati, carbone
e patate, pentole e mon ti di scarpe usate.
Ci arrivo in macchina, al Roque Santeiro, accompagnata
da un ragazzo di Sao Tome, Damasio, un sant' uomo che
con pazienza mi svela un po di retroscena della cittá.
A sua volta straniero, ha passato alcuni anni della
sua vita in Italia e atri in Argentina,. POi 8 anni
qui, quindi si giostra bene tra le vie della capitale.
La strada si riempie di buche, si procede piano, la
macchina non e alta e non si puó rischiare di
distruggerla. Orami si vedono le propaggini del
mercato, case colorate e cadenti, gruppi di persone
che vanno e vengono, una montagna di rifiuti che
ancora fuma. Qui, mi spiega Damasco, si butta il
5%dell immondizia della cittá. Dopo un po' diventa un
tutt' uno con il suolo, ci cammini sopra, come nulla
fosse..Scendiamo, giriamo piedi , senza soldi e senza
cellulari, per non attirare nessun ladro. Unica bianca
nel giro di alcuni km, mi sento sempre osservata ma
procedo facendo finta di nulla, e giocando la carta
del sorriso. Alla fine, soprattutto le donne,
rispondono, salutano, magari anche pensando che son
mezza matta, ma e gia qualche cosa, un inizio di
comunicazione!
Gli odori e le immagini variano, odori intensi nel
settore alimentare, fuochi accesi ovunque, carne che
cuoce in terra, farine che bollono e verdure invase da
insetti, odori assenti nell'area dei vestiti, montagne
di colori stese su teloni di plastica, e poi odori
nauseanti ai bordi del mercato dove escrementi e
fuliggine nera, dominano l orizzonte. E un umanita
variegata, quella che si incontra in questo immenso
mercato dove si riforniscono tutti i venditori
ambulanti della cittá. Un' umanitá che cammina a
piedi, che aspetta anche un ora per salire su un
pullman, eppure non protesta.
Mi chiedo perche. Mi diranno, in seguito, in
discussioni accese su politica e diritto
internazionale, che questa é una umanita abituata al
comunismo.Incapace di rimboccarsi el maniche. Di
lottare per il mutamento. In parte é vero, lo si
percepisce a pelle, che l' Angola fa fatica a sperare
in un futuro diverso. Che le pare quasi meglio
lasciarsi andare. Ma non e solo questione dell'antica
radice comunista. No. Migliaia di diamanti che
spariscono, l' acqua che pulisce solo il 20% della
popolazione, il petrolio usato in Europa, le scuole
lontanissime dai quartieri poveri..la speranza e la
voglia di lottare si annullano anche cosi.


Mi chiedo perche. Perche i grandi discorsi non si
fanno mai al centro di un mercato, si un mercato come
il Roque Santeiro, tra il puzzo di vacca e la merda
che si appiccica sulle suole, la fuliggine che entra
nelle lenti a contatto e cambia i colori del vestiti.
Mi chiedo perché continuiamo ad avere paura. Si noi
bianchi alla fine, noi che siamo in posizione di
domino, abbiamo paura, paura di arrivare nei
sobborghi, di confrontarci con le anime dei Paesi che
veniamo ad aiutare. Non ci sono risposte. Forse il
pericolo e davvero grande.forse. Eppure, con i mie
pantaloni tagliati a mano, un t shirt dei sim terra
brasiliani e un paio di ciabatte nessuno mi ha
fatto nulla. Fare un passo avanti, per capire davvero
come sia il mondo che vogliamo aiutare. In tanti lo
fanno. In tanti no.

......E poi ci saranno i racconti della vita in
parrocchia, della serata di fronte al cimitero, dei
primi approcci con le donne angolane, delle birre nel
chiosco, delle chiacchierate politiche e degli
infausti incontri con la polizia. Una volta che il
cuor e l anima si aprono, tutto scorre piu facile. Con
un po di pazienza cercheró di narrare L Angola che sto
incontrando. Un incontro che da nuova voglia di vivere
e, nonostante tutto, di sperare

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