Harvest co-op markets, il megastore dove anche il dirigente lava per terra

A Boston, negli Stati Uniti, esiste da trent’anni un’alternativa al supermarket tradizionale
24 settembre 2006
Claudia Russo
Fonte: Liberazione (http://www.liberazione.it)

Fare la spesa in un megastore americano è un’esperienza interessante. Scatole, barattoli e maxi-confezioni di qualsiasi prodotto fin sopra il soffitto, banchi frigo lunghi km, carrelli formato “famiglia allargata”. A Boston, nello stato del Massachusetts, esiste da trent’anni un’alternativa al supermarket tradizionale e a i drugstore che piacciono tanto perché aperti 24 ore su 24: si tratta di due punti di vendita e incontro Harvest co-op markets.
Sul sito www. harvestcoop. com c’è una sigla che dice “your community market! ”. Harvest co-op è in effetti contemporaneamente una comunità che raccoglie intorno a sé un gruppo di clienti-investitori fedeli, e una cooperativa no profit che nasce dalla fusione di due cooperative separate. Il Boston University student Union food coop, nato nel 1971, era un piccolo club di consumatori formato da alcuni studenti all’università di Boston che ordinavano il cibo insieme per avere prezzi all’ingrosso (comunità pre-ordine). Nel 1973 si è trasformato nel Boston Food Co-op (BFC), e si è spostato verso Union Square, Allston. Due anni dopo la Cambridge Food Co-op (CFC), conosciuta più avanti con il nome di Central Square Market, è stata aperta in Central Square da alcuni membri della BFC e attivisti della comunità di Cambridge. L’obiettivo di generare una cooperativa più ampia e a basso costo aperta a tutti si realizza nel 1983 e resiste agli attacchi della concorrenza fino al 1992 quando il Central Square Market in seguito ad alcune difficoltà economiche, si è spostato nella zona di Cambridge, dove è attualmente. Intanto la Boston Food Co-op faceva passi avanti con l’assistenza e le due cooperative si sono alla fine unite dando vita alla Harvest Cooperative Supermarkets.

Nel mese di maggio 1998 però, sempre a causa della diminuzione del commercio dovuto ai cambiamenti dell’ambiente circostante, la location di Allston venne chiusa. Dopo breve ma non facile ricerca, nell’ottobre dello stesso anno fu trovata una nuova sede a Jamaica Plain, il luogo dove precedentemente c’era l’Arborway Natural Foods. Il 20 maggio 1999 le porte si sono finalmente aperte. Il negozio ebbe, e continua ad avere, un grande successo, aggiungendo più di mille nuovi membri nelle prime due settimane di attività. Quando il negozio ha aperto in Jamaica Plain si è deciso di cambiare il nome in Harvest Co-op Markets per comunicare maggiormente ai negozi vicini l’impegno a vendere e promuovere il commercio di prodotti biologici, naturali e sostenibili.

Essendo Harvest una cooperativa, sia i lavoratori che i clienti sono tenuti a rispettare un codice che garantisca il rispetto di entrambe le categorie. Questi i sette punti da tener presente: l’associazione è aperta e volontaria, nessuno è forzato o escluso dall’unirsi; Il controllo è democratico, i membri eleggono l’harvest board of directors annualmente; l’interesse sui capitali è limitato, i membri possono acquistare solo una azione ciascuno; la distribuzione dei profitti è equa, i membri ricevono giusti ed equi sconti, e ogni surplus torna alla cooperativa o alla comunità; la formazione è parte integrante del progetto, una volta a settimana nello spazio- caffè esistente in entrambi i punti vendita, viene organizzato un incontro aperto per discutere di questioni riguardanti il cibo, la sicurezza dei prodotti alimentari, la comunità, l’ambiente e la salute; la cooperazione fra cooperative deve essere incoraggiata e sostenuta nell’interesse di lavoratori; il quartiere e la gente che ci abita deve essere coinvolta in eventi, donazioni e formazione. Harvest deve rappresentare anche un punto di aggregazione.

La giornata Harvest dura 14 ore e impiega giornalmente 18 lavoratori in loco, 4 magazzinieri e 3 dirigenti fissi. Il turno di lavoro inizia alle 8.00 con la prima colazione presso l’area caffè e finisce alle 17.00. Il secondo, quello serale, prevede spesso l’organizzazione di cene e dibattiti, dura fino alle 22.00 e comprende anche la pulizia delle cucine, compito questo che è svolto a turno da ciascun socio indipendentemente dalla “carica” che riveste (ciò significa che una volta a settimana anche i dirigenti si troveranno a passare lo straccio per terra senza ricevere per questo ulteriori compensi ma lavorando in un’ottica comunitaria).

Ci sono due impiegati al banco del bar, due in cucina, due cassieri, due addetti ai reparti e un addetto informazioni durante il turno del mattino e altrettanti durante la sera. Tutti i soci indossano una maglietta autoprodotta e parlano almeno due lingue oltre l’americano. Forte la presenza di jamaicani e portoricani. Su 18 impiegati all’interno di ciascun co-op market ben dieci, a Cambridge, sono donne. Un questionario somministrato a tutti i soci a dicembre dello scorso anno e redatto in forma anonima, ha rivelato che per il 92% dei membri la sostenibilità di Harvest è più importante dello sconto personale in caso di consumatori, e dell’aumento di stipendio nel caso dei lavoratori che per statuto percepiscono una busta paga uguale per tutti e variabile di anno in anno a seconda dell’andamento economico della cooperativa stessa.

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