Newsletter Metro Olografix n. 30

28 luglio 2003
Metro Olografix

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Gli hackers orfani della loro regina

E' morta Jude Milhon, la prima pirata informatica. Californiana, femminista militante, era conosciuta nel web come St. Jude. Se n'è andata, a causa di un tumore, nell'oblio generale.
di Giancarlo Castelli

ROMA - L'hanno chiamata "modem girl". Anzi, "grrrl" come le "ragazze terribili" dell'era post-punk. Tutti la conoscevano, però, come St. Jude, una specie di Madre di tutti gli hackers.

Jude Milhon, californiana, età mai rivelata neppure agli amici, è morta di cancro il 19 luglio scorso e adesso i suoi seguaci la piangono sul web. Su Indymedia, il network indipendente per eccellenza, dove qualcuno ha "postato" il ricordo di quella "hacker femminista, cyberpunk e cypherpunk che seppe dare impulso alla presenza femminile in rete e nel mondo dell'hacking, morta nel silenzio generale". O su Wired.com, uno dei maggiori magazine di tecnologia che l'aveva intervistata nel '95 e oggi la ricorda come "la Santa patrona degli hackers".

L'icona dei pirati informatici, probabilmente, non avrebbe gradito un simile appellativo. La sua vita, infatti, più che alla santità era stata votata alla militanza. Jude Milhon aveva iniziato ad occuparsi di programmazione informatica nel '67 per la Horn and Hardart automats e nel '73 fondò la Community Memory Project, il primo sistema pubblico di computer on-line. Fu anche membro del Computer professional for social responsability, un gruppo definito "comunità di programmazione rivoluzionaria di sinistra".

Un retroterra culturale e politico che, anni dopo, la vedrà in prima fila impegnata a trasformare l'hacking in un'occasione unica per le donne di crescita individuale e di liberazione. Fu anche autrice di articoli e libri. Uno di questi, "Hacking the Wetware: the NerdGirl's pillow book", scritto nel '94 e pubblicato in seguito con il titolo "The joy of hacker sex", era rivolto principalmente a tutte le ragazze che desiderassero intraprendere l'attività di hacking.

"Dobbiamo guardare ad Internet come una scuola di vita - scriveva la Milhon nel libro - dobbiamo prendere la situazione in mano e sconfiggere le paure di non essere carine abbastanza, cortesi abbastanza, forti abbastanza, giuste abbastanza o qualsiasi altra cosa abbastanza". Coniò i termini Cipherpunk, dal nome di un gruppo di difesa digitale della privacy dove lei stessa militò, e Hacker sex, un modo nuovo, diceva lei, di porsi di fronte al sesso e alla vita.

Perché il computer nasconde il genere, diceva, e chiunque interviene in una conference area (oggi diremmo "blog") può farsi passare indifferentemente per un uomo o una donna, a prescindere da ciò che scrive. "Non si vedono genitali qui", amava rispondere. In prima linea contro "qualsiasi legge intrusiva della libertà personale, della mentalità bigotta e ristretta di tante persone ma anche contro gli eccessi del politically correct", Jude Milhon se ne è andata in silenzio e nel silenzio generale. Anche qui in Italia dove, in mezzo ai pirati informatici nostrani, il suo nome ai più non dice un granché.

Eppure, era stata proprio lei a "dettare la linea" per i pirati di tutto il mondo, a lanciare la filosofia per un perfetto attacco hack: "L'attacco on-line è come un'arte marziale. Aikido è il migliore. E' quello che ti dice: usa la forza del nemico contro di lui". Come un'arte antica, insomma.

(24 LUGLIO 2003; ORE 17:14)

www.ilnuovo.it

Una pagina di Wired che ricorda St. Jude è disponibile a questo indirizzo: http://www.wired.com/news/technology/0,1282,59711,00.html

Su questa pagina è pubblicata invece un'imperdibile intervista:
http://www.wired.com/wired/archive/3.02/st.jude.html

www.indymedia.org

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.: TECNOLOGIA&INTERNET :.
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NASCE INDY BAGHDAD
Si chiama Al Muajaha, «Il testimone dell'Iraq», ed è la prima esperienza di mediattivismo nell'Iraq del dopo Saddam, realizzata da attivisti legati a Indymedia. Sul sito (www.almuajaha.org) sono disponibili notizie in tempo reale e la versione elettronica della rivista che porta lo stesso nome. Tra le altre cose, vi si può trovare un'inchiesta sulle scorie radioattive nella cittadina di Diala Bridge, dove si trovava l'Organizzazione irachena per l'energia atomica.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Luglio-2003/art68.html

HACKER A BERLINO
Appuntamento a Berlino, dal 4 al 7 agosto, per gli hacker di tutto il mondo. Sul lago di Paulshof, alle porte della città, si terrà infatti un «campo internazionale all'aria aperta», denominato «Chaos computer club», fornito di internet e energia elettrica. I seminari spazieranno dalla tecnologia all'arte elettronica, alla sicurezza informatica. Il Caos computer club, iniziato ad Amburgo nell'80, è stato protagonista non solo di raduni internazionali, ma anche di azioni di cyberattivismo.
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Luglio-2003/art69.html

IL FUTURO DI MOZILLA: SENZA AOL?
Iniziano a farsi sentire gli effetti dell'accordo tra Aol e Microsoft: ecco i licenziamenti e la costituzione di una nuova fondazione per proseguire il progetto. E il browser del dinosauro si rinnova, anche nel nome
di Nicola D'Agostino
http://www.mytech.it/mytech/internet/art006010048590.jsp

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.: TEMI&APPROFONDIMENTI :.
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Condividere i file non è reato se c'è il permesso dell'autore.
Presentata una guida all'uso consapevole della rete.

[di Arturo Di Corinto - il manifesto]

«Il peer to peer come sistema di scambio e condivisione dei file su Internet (file-sharing) non è vietato dalla legge. Tantomeno lo sono i software che permettono di farlo, come gli arcinoti Grockster, Morpheus, Gnutella, eccetera. Lo scambio è illegale quando è dimostrato che i contenuti condivisi siano frutto di illeciti (software pirata e musica contraffatta)». E' questo in estrema sintesi il messaggio che l'associazione NewGlobal.it ha affidato al «manuale di autodifesa per l'uso di Internet» presentato ieri mattina al senato durante la conferenza stampa indetta dal senatore verde Fiorello Cortiana convinto che: «con l'approvazione del Digital Millenium Copyright Act negli Usa e della European Copyright Directive in Europa, siamo di fronte a una criminalizzazione di massa di chi usa Internet come strumento di condivisione della conoscenza e del sapere». L'iniziativa, annunciata a giugno, aveva preso le mosse dalla notizia diffusa dal quotidiano La Repubblica a proposito di una vasta inchiesta sulla pirateria digitale che avrebbe visto coinvolti utenti di sistemi di file sharing. La notizia ripresa (e criticata) da alcune riviste di settore aveva scatenato un putiferio nei forum di discussione in rete per il modo stesso in cui era trapelata, le ambiguità degli investigatori e per la dimensione dell'inchiesta stessa (75 denunce e almeno tremila indagati) della quale poco si conosce ancora oggi.

Come che sia, l'allarme era ed è più che giustificato a fronte di iniziative legislative come l'Eucd che, recepite anche dal nostrano ordinamento, regolamentano in senso ancora più restrittivo gli scambi di contenuti culturali protetti da diritto d'autore.

E proprio su questo tema il manuale cerca di fare chiarezza (http://www.newglobal.it/p2p/p2pnew.htm). Per quanto riguarda il software, viene ribadito che lo scambio, la duplicazione, la condivisione di programmi software di tipo freeware, shareware, public domain e software libero, è assolutamente legale e, nel caso di software protetti da licenze Gpl o Creative Commons, anche incentivato (http://www.gnu.org). Esattamente l'opposto vale per il software proprietario (con licenza di esclusiva e senza il codice sorgente), che in genere vincola il licenziatario ad un uso strettamente personale sia del programma originale che della sua legittima copia a fini di sicurezza (per i casi di smarrimento, deterioramento, malfunzionamento). La duplicazione e distribuzione abusiva di questo tipo di software dà origine a un illecito che espone l'autore a pene che vanno da tre mesi a sei anni di carcere o a multe di migliaia di euro e al risarcimento dei danni alle softwarehouse. Un buon motivo per adottare software libero. Per quanto riguarda il file sharing di musica e film il discorso è simile ma le interpretazioni giurisprudenziali divergono. Taluni sostengono che il file sharing sia legale in quanto forma di trasmissione, altri invece sostengono che sia illegale perché attraverso di esso il ricevente viene in possesso di una copia non autorizzata e se non è penalmente perseguibile in considerazione della gratuità del file sharing, espone i detentori della copia al rischio di dover pagare i danni arrecati alle case produttrici per i mancati introiti derivati dall'eventuale mancato acquisto del prodotto perché il diritto di riproduzione e distribuzione è esclusivo dell'editore.

Però se la distribuzione viene fatta in rete con un sistema peer to peer puro e non ibrido come Napster che manteneva un indice dei file condivisi fra i nodi della rete (i peer), e la ricerca e il download avvengono da un computer privato a un altro computer privato senza passare attraverso alcun server centrale, è vero che i riceventi non sono obbligati a conoscere in anticipo se tale condivisione vìoli o meno il diritto d'autore e quindi per loro non valgono né la formula del concorso in illecito né la responsabilità oggettiva, cioè i due elementi probatori che hanno fatto chiudere Napster.

Dolo e colpevolezza dipendono dalla consapevolezza dell'utente ed essa varia con l'esperienza, ma c'è da considerare che lo scambio di materiali è un'attività connaturata alla rete Internet (realizzata per la ricerca scientifica e non per fini militari come alcuni si ostinano a credere) e sarà sempre molto difficile arrestarla. A ben riflettere lo stesso successo del peer to peer ha a che fare con un esperimento scientifico che presuppone la condivisione dei computer collegati a Internet, mentre gli utenti stanno navigando e la loro potenza di calcolo è sottoutilizzata, finalizzato alla decodifica di segnali radio dallo spazio a caccia di forme di vita extraterrestri (Seti@home,http://www.seti-inst.edu).

http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Luglio-2003/art73.html

Il figlio di Napster
Pronta a partire su nuove basi legali la condivisione dei file musicali
GABRIELE DE PALMA
Potremmo essere vicini alla nascita dell'erede di Napster, che, a differenza del suo precursore sarebbe legale e redditizio. E' questa l'originalissima proposta di Robert X. Cringely, uno dei massimi esperti statunitensi di information tecnology, che propone, con un raro esempio di finanza creativa, di rivoluzionare il mondo della discografia. Il Son of Napster - o Snapster - si basa sul fair use, cioè il diritto che permette al possessore di un Cd di farne una copia di riserva e di trasferirlo su altri media, e sulla cooperazione, nella forma di un fondo comune di investimento. Snapster, nelle intenzioni del suo ideatore, è una società per azioni che acquista al dettaglio i Cd sul mercato - Cringely ipotizza un acquisto iniziale di 100.000 Cd - e un servizio di download collegato ad un server molto potente che permetta milioni di transazioni al giorno, come accadeva per Napster. Il costo ipotizzato per avviare la società è di 2 milioni di dollari, tra acquisto dei Cd, collegamento a banda larga e sistema di download, marketing e spese legali. Una volta acquistati i Cd, Snapster Spa si quota in borsa, ma anziché cercare il proprio successo nella crescita del valore delle azioni, lo basa sulla maggiore partecipazione possibile tramite il frazionamento azionario. Più azionisti ci sono, anche con una sola azione, meglio è. Il possesso di ogni azione comporta infatti il diritto di proprietà sui Cd posseduti dalla società e il conseguente diritto a usarli. Con buona pace, si fa per dire, dell'industria discografica. Al fine di realizzare utili, Cringely stabilisce un prezzo poco più che simbolico di 0,05 dollari per scaricare un brano o di 0,5 dollari per scaricare un Cd. L'elevato numero di transazioni di file musicali assicurerebbe un fatturato lordo annuo stimato tra i 6 e i 60 milioni di dollari.

Dal punto di vista legale l'operazione è plausibile, Cringely l'ha sottoposta a dei consulenti legali che non hanno trovato nulla da eccepire dal punto di vista del diritto, anche se la battagli a si combatterebbe - si combatterà - nei tribunali a colpi di sentenze e procedure.

http://www.ilmanifesto.it/oggi/art127.html
http://www.ilmanifesto.it/Quotidiano-archivio/25-Luglio-2003/art127.html

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