La rete fissa

Un bene pubblico da recuperare

12 aprile 2007
Francesco Piccioni
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it)

Miracolo! Sulla separazione della rete telefonica fissa dal resto della società Telecom sono tutti d'accordo. Liberisti puri e interventisti-statalisti di provata fede convergono su questa necessità. Come può accadere?
Il merito, si fa per dire, va all'assoluta anomalia del caso italiano, dove si è consentito che un monopolio pubblico fosse trasformato in un monopolio privato, contravvenendo a tutte le regole (sia di mercato che di controllo pubblico). Si potrebbe dire: ma nella telefonia, anche sui telefoni di casa, la concorrenza esiste; anzi, è persino eccessiva. Ma è un errore.
Tutti i gestori di telefonia fissa, infatti, si fanno concorrenza sui «servizi» offerti alla clientela; ma tutti pagano al proprietario delle rete - Telecom - un diritto d'uso della rete stessa (in pratica solo dell'«ultimo miglio», il tratto che arriva direttamente in casa o in azienda). Ma anche Telecom offre servizi sulla propria rete, e quindi può agire per limitare la concorrenza altrui (e di questo, molte volte, è stata accusata anche dall'authority per le comunicazioni). Dal punto di vista liberista, dunque, è assolutamente normale che la rete sia proprietà di una società «terza» rispetto ai vari gestori di servizi, limitandosi a fornire loro l'accesso e a esser pagata per questo.
Ma una rete telefonica non è solo questo. Investe la sicurezza nazionale (tutte le comunicazioni dello stato, servizi di sicurezza compresi, passano per le sue centrali e i suoi cavi), ha caratteristiche di «bene pubblico» (permette la comunicazione a tutta la popolazione a costi bassi), è stata costruita con denaro pubblico. Soprattutto: i costi di implementazione della rete - per esempio, per ricostruirla in fibra ottica per la «banda larga» - sono tali che nessun privato accetterà mai di investirci. I tempi di rientro per l'investimento, infatti, andrebbero calcolati in decenni. Mentre il capitale, specie quello «finanziarizzato» che oggi è in grado di spostare le cifre occorrenti, ragiona sui tempi della trimestrale da consegnare agli analisti di borsa.
E' quindi stucchevole la ricorrente polemica sull'«italianità» o meno della rete. Il problema che chiede risposte non equivoche è infatti: quale «controllo pubblico» su un bene che è al tempo stesso pubblico e strategico.

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