L'ISP cancella tutto, basta chiedere

Questa l'accusa che emerge da un esperimento condotto nei Paesi Bassi: non serve detenere un qualsiasi diritto, basta chiedere et voilà, i siti vengono censurati. Chi parla ancora di garanzie?
12 ottobre 2004
Gilberto Mondi

Roma - C'è un piccolo esperimento condotto in Olanda di cui ha dato notizia nei giorni scorsi quel tesoro che è EDRI-Gram, un esperimento che a parere di chi scrive dovrebbe da subito essere posto al centro di tutte le riflessioni attorno alle libertà digitali e, soprattutto, alla censura, in gran voga di questi tempi.

Il "giochino" se lo sono inventati quelli di Bits of Freedom, organizzazione dei Paesi Bassi che ha sfruttato la notorietà di "Multatuli" (Eduard Douwes Dekker), celebre autore olandese deceduto nel 1887. Un testo di quell'autore è infatti stato caricato su siti web ospitati da dieci provider diversi, tre a pagamento, tre gratuiti, tre specializzati in hosting professionale ed uno in servizi broad band. Il testo specifica chiaramente che è un documento liberamente distribuibile in quanto il suo autore è morto da molto più di 70 anni (il diritto d'autore sulle opere di Dekker è estinto dal 1957).

A quel punto i carbonari delle libertà digitali hanno creato un account Hotmail intestato al nome fittizio di "Johan Drooglever", destinato a presentarsi come il responsabile legale della società E.D. Dekkers, naturalmente inesistente. Dopo qualche settimana dalla pubblicazione di quel testo su siti ospitati dai provider, Drooglever ha scritto a ciascuno di loro lamentando la pubblicazione non autorizzata di materiali coperti da diritto d'autore, una lettera di diffida nella quale si chiedeva l'immediata rimozione di quelle pagine.

È a questo punto che le cose si sono fatte ancora più interessanti. Non uno ma ben cinque provider hanno rimosso il testo pubblicato: per convincerli è bastata un'email o, in un caso, l'invio di una seconda email da parte di Drooglever. Di tutti i provider, solo uno ha risposto spiegando che i diritti su quelle opere sono estinti e solo un altro ha ritenuto evidentemente non affidabile la richiesta al punto da non aver risposto in alcun modo alle lettere del fantomatico avvocato.

Ma perché i provider hanno agito così dinanzi ad una ingiunzione decisamente fasulla? Come hanno potuto censurare così rapidamente e senza colpo ferire alcune pagine web? La spiegazione è ovvia: le normative europee e, in particolare, la famigerata legislazione sul commercio elettronico, pongono dirette responsabilità sugli ISP che non rimuovono materiali illegali, dove l'illegalità non è determinata da una magistrato ma è anzi sufficiente una diffida da parte di privati per dar luogo a responsabilità (tutto il tristissimo ma geniale giochino è raccontato in questo pdf). Le pagine censurate in Olanda facevano parte di un esperimento ma quante sono quelle che spariscono nel silenzio?

L'eccezionale denuncia di Bits of Freedom va però al di là dell'allarme sulle attuali normative a suo tempo inutilmente contestate. Si tratta infatti di un intelligente grido di allarme che chi si trova nella stanza dei bottoni dovrebbe avere l'umiltà di ascoltare: è l'allarme di chi la rete la conosce e comprende i pericoli di una normazione impressionante non solo perché sempre più ampia ma anche perché poco astuta e spesso ignorante delle cose della rete. Norme che perlopiù vogliono adattare lo sviluppo della rete alle necessità dei modelli dominanti precedenti ("legacy", direbbero gli informatici).

Ecco, la denuncia di Bits of Freedom è un'occasione vera per riconquistare una saggezza perduta. Da parte nostra, amplificando la voce dei carbonari, possiamo far finta di sperare che qualcuno questa occasione decida di coglierla.

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