La base nucleare Usa di La Maddalena-Santo Stefano
Il fulcro della base atomica della U.S. Navy nell’isola di Santo 
  Stefano è costituito dalla nave-appoggio-officina, la cosiddetta nave-balia, 
  alla quale si affiancano gli Hunter Killer, i sommergibili d’attacco a propulsione 
  nucleare della 69 Task Force della VI flotta americana.
  «Le navi-appoggio sono officine mobili e basi di rifornimento per sommergibili 
  e navi soccorso sommergibili.(..)Principale funzione è RIPARARE 
  (..), riparazione sistema propulsione, sistema lancio, revisione missili(..). 
  Fornisce nafta, olio lubrificante, composizione d’acqua per reattori nucleari, 
  siluri, missili anti-sommergibile(..) Possiede una tale facilità di movimento 
  che, con breve preavviso, è capace di raggiungere qualsiasi posizione 
  geografica avanzata a seconda delle situazioni strategiche.» (opuscolo 
  autopromozionale della nave-balia Orion)
  I sottomarini da caccia per la guerra a navi e sommergibili sono dotati di armamento 
  nucleare, siluri, mine, missili anti-nave e anti-aereo. Dal 1984, con il dispiegamento 
  a bordo di Cruise Tomahawk acquistano la capacità di sferrare l’attacco 
  nucleare in profondità contro obiettivi a terra nel raggio di tremila 
  chilometri e, quindi, la funzione di deterrenza nucleare strategica.
  Per quanto attiene l’intensità di utilizzo della base non sono disponibili, 
  ovviamente, dati ufficiali. In mancanza di ricerche più aggiornate, riproponiamo 
  le rilevazioni effettuate per gli anni 84/85 dalla Comunità delle Chiese 
  Battiste, Metodiste e Valdesi per la pace e il disarmo. La "lista delle 
  visite operate da navi militari U.S.A. ai porti italiani" registra i giorni 
  di permanenza in porto di un natante (ship-days):
| La Maddalena | Napoli | Gaeta | |
| 1984 | 674 | 613 | 435 | 
| 1985 | 832 | 712 | 500 | 
La Maddalena emerge come la base navale più intensamente utilizzata tra le "facilities" italiane, che sono a loro volta quelle più frequentate del Mediterraneo.
Il carico nucleare in dotazione agli hunter killer e alla nave-appoggio 
  è stivato a bordo, in condizioni di massimo rischio, anziché 
  essere custodito a terra, in condizioni di relativa sicurezza, nell’adiacente 
  deposito Nato di armi e munizioni. Il motivo è semplice: se fossero stoccati 
  nel deposito sottoroccia, struttura Nato in territorio italiano, gli Usa perderebbero 
  la piena "sovranità" e le armi passerebbero sotto il controllo 
  e la gestione del Paese ospitante.
  Il molo di attracco della nave-officina con la sua muta di sottomarini, in assurda 
  noncuranza delle più elementari misure di cautela, è al centro 
  di una ridottissima fascia costiera di poche centinaia di metri su cui gravitano 
  due impianti dove si maneggiano e si custodiscono esplosivi e carburanti. La 
  banchina di sosta è lo stesso pontile del gigantesco deposito armi e 
  munizioni Nato, a sua volta paurosamente vicino al megadeposito Nato di carburanti.
  Si determinano le condizioni previste e vietate dall’Agenzia Internazionale 
  per l’Energia Atomica (AIEA ), l’organismo plurinazionale cui aderiscono 
  gran parte degli Stati, Italia e USA compresi. L’Agenzia, infatti, nelle 
  norme che detta per l’uso dei porti da parte di natanti a propulsione o 
  a carico nucleare, stabilisce quanto è anche alla portata del comune 
  buonsenso: l’approdo non deve stare nelle vicinanze di impianti esplodenti 
  o infiammabili. Per tre volte, ma in modo debole e irresoluto, la Regione Sarda 
  ha sollevato la questione dell’adeguamento alle norme internazionali di 
  sicurezza individuando proprio nell’AIEA l’organismo scientifico da 
  attivare per giudicare ed esprimere la valutazione di compatibilità.
  Sprezzante il rigetto da parte dei vari ministri: la regione non ha competenza 
  a sollevare questioni di compatibilità ambientale e ricevere giudizi 
  in merito alla sicurezza complessiva degli insediamenti militari. I vari Governi, 
  in totale disconoscimento dei diritti e delle esigenze del popolo sardo, nonostante 
  i tassativi tempi di risposta previsti dalla legge, non hanno mai fornito alcun 
  cenno di riscontro.
Il patto segreto firmato da Belzebù
  La U.S. Navy ha ottenuto la base (in affitto, prestito, regalo, vendita??) 
  nell’ambito di una serie di accordi datati 1954-1972-1978-1979, accordi 
  tuttora segreti mai conosciuti dal Parlamento e mai ratificati.
  Ai primi protocolli stipulati alla metà degli anni cinquanta, che già 
  garantivano agli Stati Uniti nell’uso delle basi in Italia una libertà 
  valutata "insolita (unusual)" dagli stessi ministri Usa, fa 
  seguito quel che la stampa isolana definisce "il patto segreto firmato 
  da Belzebù". Nel 1972 il governo Andreotti, raggirando gli art.11-80-87 
  della Costituzione e prevaricando il Parlamento con il sotterfugio di qualificazione 
  del patto "in forma semplificata", stipula un accordo bilaterale segreto 
  con gli Stati Uniti.
  Tra il luglio e l’agosto del 1972, approdano a La Maddalena la nave appoggio 
  Fulton e i sommergibili della 69 Task Force della VI flotta, scortati dalla 
  portaerei Kennedy e da un appariscente dispiegamento di navi da guerra.
  Il 15 settembre il portavoce del Comando della Marina Militare degli Stati Uniti 
  comunica notizia della nuova funzione strategica dell’isola: base Usa per 
  sommergibili a propulsione nucleare.
  Popolazione e Parlamento vengono così brutalmente a intuire natura e 
  oggetto di sconosciuti accordi internazionali. 
L’opposizione della Sardegna si solleva 
  forte e immediata.
  Il Presidente della Regione invia al Governo una dura nota di protesta. Il Consiglio 
  Comunale d’Iglesias si pronuncia contro la concessione della base. Seguono 
  i Consigli Provinciali di Nuoro e Sassari, i Comuni di Orgosolo, Quartu, Carbonia, 
  Porto Torres, Guspini…
  Cinquecento fisici riuniti a Cagliari votano una mozione contro il nucleare 
  militare in Sardegna. Scioperi e manifestazioni scuotono l’Isola. La stampa 
  a tiratura nazionale avanza pesanti critiche, preoccupazioni e perplessità. 
  In Parlamento si apre un aspro confronto.
  Il governo non ne è minimamente scosso. Les jeux sont faits, rien ne 
  va plus !
  Nel marzo 1981, la richiesta unanime del Comune di La Maddalena per l’allontanamento 
  del mostro atomico ottiene solo i lazzi e i sarcastici commenti del ministro 
  di turno.
  L’antagonismo dell’Isola si riaccende nel triennio 1987-’89. 
  La raccolta firme per un referendum consultivo d’iniziativa popolare coinvolge 
  anche i più remoti paesi. Un sondaggio Abacus rileva che 68 sardi su 
  cento voterebbero contro la base. Pronto l’intervento della Corte Costituzionale 
  che affossa i referendum già indetti dalla Regione e impedisce al popolo 
  sardo di esprimere una semplice opinione senza effetti abrogativi.
  La messa fuorilegge del nucleare dall’Italia, ottenuta con il referendum 
  popolare del 1987, non concerne il nucleare peggiore, quello militare, non concerne 
  l’arcipelago maddalenino dove è concentrato il peggio del peggio 
  della presenza militare: il nucleare militare di una potenza straniera.
Lo status della base: tra incostituzionalità e segretezza
  La procedura costituzionale impone alla maggioranza l’obbligo di confrontarsi 
  con tutte le forze politiche prima di stipulare patti che possono incidere sulla 
  comunità. Gli impegni internazionali devono essere conosciuti dal Paese 
  e su di essi deve essere espresso un giudizio che è anche una garanzia 
  di controllo democratico. Persino un Ministro per le riforme istituzionali, 
  Giovanni Motzo, con un documento presentato in Parlamento nell’agosto 1995, 
  ha sollevato pesanti dubbi sulla legittimità costituzionale di accordi 
  internazionali "segreti".
  La "forma semplificata" consente che l’accordo sia concluso senza 
  l’esame e l’approvazione del Parlamento. Basta la semplice firma di 
  un qualsiasi funzionario o militare delegato dal Governo. E’ un espediente 
  truffaldino per dare una parvenza di correttezza formale alla delegittimazione 
  del Parlamento. L’imposizione del "segreto" evidenzia 
  la volontà politica di sottrarre all’organo rappresentativo il potere-dovere 
  d’intervento e controllo su una questione di estrema importanza, gravida 
  di conseguenze politiche e, soprattutto, di nascondere al Paese, al "popolo 
  sovrano", l’assunzione di impegni internazionali impresentabili che 
  si configurano come abdicazione alla sovranità su pezzi di territorio.
  Questo è lo strappo costituzionale, la ferita non rimarginata: l’espulsione 
  di una parte di Paese.
  La reale portata delle "concessioni", "offerte" dall’Italia 
  in una condizione di estrema debolezza contrattuale, deve essere occultata. 
  Il rapporto di vassallaggio deve essere "gioiosamente" accettato e 
  sostenuto con fedeltà, pertanto, il Padrone è mascherato da Alleato, 
  i diktat spacciati per vantaggiose scelte.
  In Italia non esiste una legge sul "segreto di Stato", non è 
  mai stata scritta. Esiste un groviglio di decreti, circolari, regolamenti che 
  hanno costruito un muro invalicabile, una zona "off limits" a protezione 
  di inconfessabili verità. Nessun varco è stato ancora aperto dalle 
  numerose e ricorrenti battaglie (l’ultima è stata portata avanti 
  in seguito alla strage della funivia del Cermis - governo D’Alema-).
  L’accordo del 1972 stipulato "legibus solutus" innesca una serie 
  di processi che formano una catena di cui ancora non s’intravede la fine. 
  Il tentativo sempre più arduo di tutti i governi della prima e seconda 
  Repubblica di non mettere in discussione la portata dell’abdicazione alla 
  sovranità, si aggroviglia tra tabù, menzogne e illegalità.
  Inizialmente si arriva persino a negare che a S. Stefano esista una base US 
  Navy.
  Alle prime vibrate proteste del senatore Pecchioli (PCI), il ministro degli 
  Esteri Medici replica: «Non esiste a La Maddalena una base navale   americana e tantomeno una cosiddetta base della VI flotta, ma soltanto l’attracco 
  di una nave- appoggio a sommergibili» e intima < Lei non può 
  come parlamentare italiano mettere in dubbio quello che dice il Ministro degli 
  Esteri. (..) Quando un Ministro della Repubblica dice una cosa, questa cosa, 
  obiettivamente è quello che è.» (atti parlamentari 
  6-10-1972).
  Innumerevoli ministri e sottosegretari (e tra questi il sardo B. Pisanu) assicurano 
  che gli accordi segreti bilaterali vincolerebbero i comandi statunitensi ad 
  utilizzare le loro basi in Italia esclusivamente per impegni NATO e che le installazioni 
  sono poste anche sotto comando italiano (principio della doppia chiave). Puntuali 
  le smentite degli stessi Stati Uniti che non tralasciano occasione per precisare 
  e ribadire: «i sommergibili nucleari non dipendono dalla NATO ma dalla 
  Marina degli Stati Uniti» (Ammiraglio Colbert 15/8/1972).
  Un ministro alla Difesa, Spadolini, arriva a cimentarsi in spericolate acrobazie 
  verbali. « La Maddalena è una base della marina militare italiana 
  che comprende infrastrutture Nato e poste a disposizione dell’Alleanza 
  atlantica. (..) Nell’ambito di questa base, che quindi non è propriamente 
  una base Nato, ma utilizzata dagli Stati Uniti nel quadro di un accordo Nato, 
  esiste un punto d’attracco….» (atti parlamentari 27-2-1985).
  L’inconfessabile è che si tratta di una base atomica alle dirette 
  dipendenze del Pentagono dove pertanto non vige il "principio della doppia 
  chiave", agisce fuori del quadro Nato, in regime di piena extraterritorialità 
  ed extragiurisdizionalità. Infatti, la base della Marina statunitense 
  è sempre stata coinvolta in tutti gli "stati di allerta" lanciati 
  dal Pentagono, fuori del quadro Nato, impegnando unilateralmente le forze armate 
  statunitensi, dalla crisi arabo-israeliana del 1973, al bombardamento aereo 
  della Libia fino agli ormai quotidiani, abituali raids contro l’Irak.
  La vita quotidiana della base offre una gran varietà di esempi delle 
  agevolazioni giuridiche godute dagli americani in deroga, sia alla legislazione 
  italiana ed europea, sia alle regole Nato. Di questa "flessibilità" 
  si hanno innumerevoli e continue manifestazioni: nella sicurezza armata esterna 
  gestita dai militari americani, nel rapporto di lavoro con i dipendenti di nazionalità 
  italiana, nella limitazione della libertà costituzionale di associazione 
  sindacale (divieto d’accesso alla Cgil), alle assunzioni irregolari. « 
  Ignorano completamente la normativa sull’immigrazione. Fanno arrivare mogli, 
  fidanzate e amici con un permesso di soggiorno turistico e dopo un po’ 
  di tempo ti trovi queste persone al lavoro nei servizi. Nessuno viene a controllare. 
  Abbiamo chiesto più volte l’intervento dell’ispettorato del 
  lavoro, del prefetto. Ma è rimasta lettera morta.» (rappresentante 
  Cisl, Il Manifesto 19/7/1998).
Cruise Tomahawk e Depleted Uranium
  E’ormai provato che i nostri governi da decenni rendono false dichiarazioni 
  alla stampa e persino al Parlamento.
  La verità inconfessabile è che lo schieramento sui sommergibili 
  Hunter Killer di missili Cruise Tomahawk — con capacità di attacco 
  nucleare in profondità contro obiettivi terrestri —, muta radicalmente 
  la funzione del sistema d’arma e la rilevanza strategica e, di conseguenza, 
  stravolge il significato politico del supporto concesso dall’Italia alla 
  U.S. Navy. La possibilità di colpire Paesi "nemici" nel raggio 
  di 3.000 chilometri, con testate nucleari lanciate dalle aree sotto la diretta 
  responsabilità Nato e senza avvertire la Nato o il Paese "ospitante" 
  - la catena di comando e di controllo della base di S.Stefano e della VI flotta 
  è integralmente americana - implica che le aree, in particolare le basi, 
  da cui partono gli attacchi diventino obiettivo della risposta del Paese attaccato 
  o siano esposte al rischio di ritorsione. La Libia ha ripetutamente inviato 
  all’Italia espliciti avvertimenti in tal senso e, dopo il bombardamento 
  unilaterale statunitense delle città di Tripoli e Bengasi, è passata 
  alle vie di fatto con il lancio di un missile contro Lampedusa.
  Prima ancora che il governo Cossiga e il governo Craxi offrissero Comiso per 
  ospitare i missili a testata nucleare e si sollevasse la protesta e la lotta 
  popolare, i Cruise Tomahawk, ad insaputa della popolazione e con il silenzio 
  connivente dei nostri governanti, erano già da tempo in dotazione agli 
  hunter killer e alla nave-balia di stanza a S. Stefano.
  La scottante verità emerge inaspettata nel novembre 1984 nell’ambito 
  dei negoziati Usa-Urss sulle armi a medio raggio in Europa. In sede di discussione, 
  l’eurodeputato E. Cerquetti (PCI) avanza la proposta che i Cruise non siano 
  installati sui sottomarini di base a La Maddalena. Strabiliante la replica del 
  deputato inglese G.J.Smith: «Mi spiace, ma è impossibile per il 
  semplice motivo che i Cruise si trovano già su quei sommergibili». 
  I Comandi militari si trincerano nei "no comment". Capo del Governo 
  Andreotti e ministro della Difesa Spadolini, "naturalmente", smentiscono 
  l’inglese. Ma, a poche settimane di distanza, nel dicembre 1984, La Nuova 
  Sardegna pubblica i documenti del Congresso degli Stati Uniti sul dispiegamento 
  dei missili a testata nucleare a bordo degli hunter killer nelle acque maddalenine. 
  E’ una vera beffa: la chiave del "segreto", oggetto di infuocata 
  polemica, era alla portata di chiunque in una qualsiasi libreria statunitense 
  dove per pochi dollari sono in vendita le raccolte degli atti del Congresso 
  e le riviste militari. Parlamento e opinione pubblica vengono così a 
  sapere che nel marzo dello stesso anno era stato autorizzato e lautamente finanziato 
  il programma Slcm "Missili Cruise Lanciati dal Mare", una variante 
  dei Tomahawk con una gittata di tremila chilometri e una testata nucleare di 
  150 chiloton. Le riviste militari fornivano il numero di sommergibili ad armamento 
  atomico e precisavano perfino la capacità di carico: 12 Cruise nel ventre 
  di ciascuno dei 22 sottomarini classe Sturgeon, 31 in ciascuno dei 56 classe 
  Los Angeles. Le carte indicavano anche le basi di appoggio in Europa: La Maddalena 
  e Holy Loch (Scozia)
  L’inoppugnabilità delle prove non mette fine agli ostinati dinieghi 
  dell’evidenza. Il ministro alla Difesa, incalzato dalle interrogazioni 
  parlamentari e braccato dalla stampa, nega imperterrito. «Escludo 
  in maniera assoluta (..) missili di crociera non risultano imbarcati sui sommergibili 
  (..)continuo ad insistere e ribadisco che i sommergibili con missili Cruise 
  a bordo, finora, non sono scesi a La Maddalena» (Atti Parlamentari 
  27-2-1985)
  «I sommergibili portatori di vettori nucleari non sono mai stati   intorno alla Maddalena né si sono mai riforniti alla Maddalena: l’ 
  ho detto in Parlamento e lo ripeto qua…- e prosegue, lasciandosi sfuggire 
  una sconcertante ammissione di incapacità di controllo della presenza 
  militare di una potenza straniera sul nostro territorio e una scandalosa dichiarazione 
  d’impotenza in caso di incidenti - Io, l’ ho detto una volta in 
  Parlamento e lo ripeto, non sono in grado di impedire che il Presidente Reagan 
  mandi nel Mediterraneo i sommergibili nucleari che possono esplodere presso 
  le coste sarde, presso quelle sicule, presso la Grecia…» ( La 
  Nuova Sardegna 25/3/85).
  Nell’ottobre 1988, la declassificazione di documenti della U.S. Navy rivela 
  che trentaquattro Cruise Tomahawk sono stivati nella nave-balia. A distanza 
  di alcuni mesi Greenpeace amplia la documentazione sulla presenza di missili 
  nucleari nella base di S.Stefano: 20 Tomahawk sono stati stoccati nel 1986; 
  altri 14 l’anno successivo; 56 Subroc nel 1988.
  Non è ancora abbastanza per far cessare l’accanita difesa del segreto 
  di Pulcinella.
  Nel 1999 il ministro all’Ambiente Edo Ronchi arriva persino a dimenticare 
  le numerose interpellanze, sottoscritte dal barricadero deputato Edo Ronchi, 
  che documentavano con precisione la presenza del nucleare nella base sarda e 
  chiedevano « al governo di intervenire affinché la base 
  nucleare Usa venga smantellata e l’accordo bilaterale revocato>. Da 
  ministro, rinnegando il se stesso deputato, spudoratamente afferma: «Noi 
  non abbiamo controllo su ciò che circola nelle basi americane e quindi 
  non sono in grado di confermare o smentire se alla Maddalena ci siano sottomarini 
  a testata nucleare o a propulsione nucleare.» (Ansa 25/9/ 1999).
  La prassi collaudata e, purtroppo, vincente vuole che l’opinione pubblica 
  sia sempre e comunque tranquillizzata/narcotizzata, quindi, la verità 
  diventa la variabile dipendente delle opportunità del momento, un qualcosa 
  di aleatorio. Di conseguenza, a distanza di appena un mese, il ministro all’Ambiente 
  è smentito dal collega ministro della stessa compagine governativa. Nell’ottobre 
  ’99, stampa e TV danno ampia notizia del rapporto dei ricercatori statunitensi 
  Norris e Arkins che rileva e quantifica le armi atomiche e a capacità 
  atomica disseminate dagli Usa sul territorio di Paesi Sovrani di mezzo mondo, 
  spesso, "democraticamente" all’insaputa dei vari Parlamenti e 
  delle popolazioni, come nel caso Italia. Viene diffuso anche il rapporto dell’Headquarters 
  United States Air Force in Europe che valuta "insoddisfacenti" i livelli 
  di sicurezza in almeno il 50% delle aree visionate adibite alla custodia di 
  armi nucleari.
  Il ministro per la Difesa Scognamiglio, pressato dalle preoccupazioni espresse 
  dalla stampa e dalle interrogazioni parlamentari, è costretto ad intervenire 
  e rassicura: l’Italia è stata esaustivamente informata dal potente 
  alleato; le armi atomiche NATO "basate a TERRA" sono 
  sotto controllo italiano in quanto vige il regime della doppia chiave; gli standard 
  di sicurezza sono eccellenti.(21-10-1999). Quindi, niente lesa sovranità 
  nazionale e nessun pericolo.
  Il ministro non può essere sbugiardato. Infatti, gli ordigni nucleari 
  USA della base di S.Stefano sono dislocati nelle ACQUE nazionali 
  su natanti battenti bandiera statunitense e pertanto a tutti gli effetti TERRITORIO 
  degli Stati Uniti.
  La sottile precisione lessicale è un espediente truffaldino abitualmente 
  usato da vertici politici e militari per stravolgere il soggetto o l’oggetto 
  del discorso e cambiare le carte in tavola. Di recente, ne hanno fatto un uso 
  massiccio per negare l’uso di uranio impoverito nelle "operazioni 
  umanitarie" in Somalia, Bosnia, Kosovo e nelle permanenti attività 
  addestrative e sperimentali delle truppe Usa e Nato nelle basi militari della 
  Sardegna.
  Nell’ arcipelago maddalenino il rischio uranio si somma al rischio nucleare.
  Dalla documentazione contenuta nel sito web della US Navy si apprende che < 
  il missile Tomahawk cruise è la principale arma di attacco in profondità 
  a lunga gittata della Navy (..) carica 750 libre di depleted uranium>.
  Una breve digressione. Il documento continua: < La Navy ha lanciato più 
  di 400 Missili di Attacco a Terra Tomahawk (TLAMs) dal 1991 al 1996.Usati estensivamente 
  nell’operazione Desert Storm e di nuovo in Irak nel 1993 e 1996 e durante 
  l’Operazione Deliberate Force in Bosnia nel 1995, TLAM è "l’arma 
  preferita">. Ancora una volta il ridicolo ha coperto ministri e 
  generali. La documentazione, facilmente reperibile su internet, era "ignota" 
  a servizi segreti, vertici militari e politici che per anni hanno negato l’uso 
  di uranio impoverito nelle "guerre umanitarie" di aggressione contro 
  la Jugoslavia. Comuni cittadini e associazioni di base hanno provveduto a colmare 
  il vuoto d’intelligence e a fornire l’informazione al Governo. La 
  storia si ripete. La verità che non può essere detta è, 
  ormai, sotto gli occhi di chiunque voglia vedere: l’azzeramento della Costituzione, 
  un "massacro umanitario" che "umanitariamente" ha trasformato 
  i Balcani in un inferno radioattivo.
Propulsione nucleare: impatto ambientale e sanitario
  La pericolosità, i rischi sanitari, i rischi di contaminazione radioattiva 
  dell’ambiente connessi al sistema di propulsione nucleare, sono indicati 
  chiaramente, fin dal fatidico 1972, da numerosi organismi scientifici, alcune 
  forze politiche e numerose associazioni di base.
  Nel maggio 1974 il ministro della Sanità affida a CNEN, CAMEN e ISS la 
  stesura di un piano di intervento. Le valutazioni e le proposte della Commissione 
  scientifica possono essere così riassunte: «L’impatto sanitario 
  e ambientale non differisce, in linea di massima, da quello di una centrale 
  nucleare a terra. Per una corretta valutazione dell’impatto sanitario della 
  base e la predisposizione del piano di emergenza si deve giungere almeno all’acquisizione 
  di un insieme "minimo" di elementi tecnici della fonte inquinante, 
  però, per quel che riguarda i sommergibili nucleari, non si dispongono 
  informazioni dettagliate sulle loro caratteristiche. Occorre avviare un’indagine 
  ambientale per pervenire alla conoscenza delle caratteristiche dei rifiuti radioattivi 
  emessi dai reattori nucleari installati a bordo delle unità ormeggiate». 
  Si sollecita l’attivazione di «una rete di controllo avente finalità 
  di allarme, con MONITOR IN CONTINUO nelle IMMEDIATE VICINANZE della fonte inquinante, 
  e finalità altresì di sorveglianza sanitaria con prelievi e misure 
  orientate». Si sottolinea la «necessità di dare avvio 
  concreto ENTRO BREVE TEMPO ad iniziative che permettano un controllo sanitario 
  della situazione»
  Il piano d’indagine non decolla. La stampa dà notizia dello stillicidio 
  di fatti inquietanti.
- 24 febbraio 1974 - trapela la notizia che l’equipaggio della nave-balia è stato sostituito a causa di una contaminazione radioattiva.
- 22 marzo 1974 - Il Messaggero parla di probabili tracce di cobalto nelle acque.
- 29 novembre 1974 - Il settimanale corso Kirn denuncia il ritrovamento di rifiuti radioattivi sotterrati a S. Stefano e individuati con rilevatori geiger. Il giorno successivo i Comandi militari americani rassicurano: « Ci sono, ma non sono pericolosi».
- 12 febbraio 1976 — medici di base denunciano tre casi di cranioschisi (bambini nati senza il cervello) e percentuali in eccesso di patologie tumorali.
- 25 luglio 1978 — Il Corriere della sera rivela la presenza di cobalto 58 e 60, radio-nichel, radio-zinco, radio-ferro, elementi altamente radioattivi.
- 10 luglio 1981 — si registra un altro caso di cranioschisi.
L’organizzazione internazionale Greenpeace analizza in laboratori 
  privati campioni raccolti nell’area e accerta la presenza di sostanze radioattive 
  provenienti dalle attività dei reattori nucleari.
  Le lotte popolari e istituzionali per il monitoraggio ambientale e la copertura 
  sanitaria si sviluppano al punto da non potere più essere ignorate. Nel 
  1984 il ministro per la Difesa Spadolini dà l’assenso e, rielaborando 
  "politicamente" le indicazioni degli enti scientifici, pone la condizione 
  che la rete di allarme e di controllo stia lontana dalle installazioni militari 
  e funzioni una tantum. 
  «Sul monitoraggio continuo in acqua richiesto più recentemente   dalla Provincia, attraverso la posa di un rilevatore fisso vicino alla zona 
  di attracco dei sommergibili (…) sono sorte difficoltà dato che 
  una vicinanza eccessiva crea insuperabili problemi di sicurezza militare.» 
  (22/11/1984)
  «Sono intervenuto più volte per assicurare quella che è   una esigenza legittima delle popolazioni locali, la garanzia cioè che 
  non siano inquinate le acque attraverso forme di monitoraggio.» 
  (La Nuova Sardegna 25/3/85). Cioè, il nucleare americano deve stare fuori 
  controllo per non disturbare la Navy e per salvaguardare la purezza del mare.
  Verso la fine del 1987 — a 15 anni dall’installazione della base - 
  prende il via una rete di monitor rispettosa delle direttive ministeriali: pochi 
  rilevamenti - due all’anno! - e ben distanti da sommergibili 
  e nave-balia per difendere fantomatici segreti militari. Sono previsti controlli 
  a cura del CAMEN-ENEA a scadenza semestrale e i risultati vengono inviati allo 
  stato maggiore della Marina e dell’Esercito. Su richiesta del ministro 
  della Sanità e del Consiglio comunale della Maddalena, l’Istituto 
  Superiore della Sanità può effettuare prelievi delle acque a scadenza 
  bimestrale. Va detto che dal ’74 è in funzione un sistema di controllo 
  dell’aria. Quando una nuova catastrofe nucleare provoca il riemergere del 
  dibattito, c’è sempre un qualche organo d’informazione locale 
  che, del tutto casualmente, trasmette un tranquillizzante servizio sull’efficienza 
  delle centraline di controllo dell’aria e gli esperti militari assicurano 
  che nella stratosfera maddalenina non si rileva radioattiva rilasciata da sottomarini 
  (..? volanti?).
  Da subito, il sistema di monitoraggio ambientale risulta scarsamente affidabile 
  e ben diverso da quello progettato. E’ da presumere che l’alleato/padrone 
  non abbia dato l’okey.
  In risposta ad una interrogazione parlamentare del novembre 1988, il ministro 
  della Difesa, parlando anche a nome del ministro della Sanità, conferma 
  la scarsa attendibilità del sistema di controllo e di allarme. Nel 1990 
  una risoluzione della Commissione Affari esteri della Camera «impegna 
  il governo 1) a rendere pubblici tutti i dati sul rilevamento della radioattività 
  ambientale a La Maddalena, sia civili che militari, e le ragioni della loro 
  insufficiente attendibilità; 2) a far conoscere alla popolazione il piano 
  predisposto in caso d’incidente nucleare; 3) ad applicare la Convenzione 
  internazionale sulla "notifica tempestiva di incidente nucleare", 
  firmata in sede AIEA nel dopo Chernobyl, rendendola operativa anche in relazione 
  alle attività che si svolgono a La Maddalena.» (11-2-1990)
  Superfluo sottolineare che nessun Governo si è mai sentito impegnato. 
  Tanto meno, una volta occupate le poltrone di ministeri e sottosegretariati, 
  si sono sentiti impegnati i firmatari della risoluzione.
  Nell’aprile 2001, a trent’anni dall’installazione della base 
  atomica, un medico della Maddalena denuncia «C’è un’alta 
  incidenza di focomelia, rachischisi e tumori ipofisari. Non sono mai stati fatti 
  studi seri per verificare se la frequenza di patologie derivanti verosimilmente 
  da alterazioni genetiche abbia un rapporto con i segretissimi impianti militari 
  dell’arcipelago, soprattutto quelli che hanno a che fare col nucleare. 
  In un anno ho scoperto sei casi di tumori ipofisari in persone fra i 35 e i 
  45 anni» (Liberazione 8-4-2001).
  Anche quest’ultimo grido di allarme non trova eco. Rapidamente è 
  assorbito dall’insonorizzante muro di gomma. Contaminazione ambientale, 
  rischio sanitario, anomalie genetiche, percentuali anomale di neoplasie non 
  trovano né conferme né smentite a livello ufficiale.
Piano civile di emergenza e decontaminazione nucleare.
  Non è ancora stato dipanato il mistero sul piano di emergenza 
  per la popolazione nel caso di fuga radioattiva e incidente al reattore. «C’è 
  chi nega che possa esser predisposto a causa della gravi carenze d’informazione 
  sui dati essenziali; c’è chi dice che può comunque essere 
  approntato; c’è chi dice che esiste ma è top secret e c’è 
  anche chi giura di averne visto la copertina. Un piano di emergenza segreto 
  e non conosciuto dalla popolazione locale non può che avere un efficacia 
  che poco si discosta dallo zero e la sua redazione non può che essere 
  considerata una mera e beffarda esercitazione teorica. Nasconderlo, se c’è 
  o quando ci sarà, è sostanzialmente criminale». (Salvatore 
  Sanna, dal 1977-99 rappresentante della Regione Sarda nel COMIPA , Comitato 
  Misto Paritetico Stato Regione per le servitù militari ). Molti sostengono 
  che anche il migliore dei piani sarebbe inefficace perché, se accadesse 
  qualche incidente a S. Stefano, non rimarrebbe che raccomandare l’anima 
  a Dio.
  Il decreto legge 235-1995 impone ai Prefetti l’obbligo di predisporre piani 
  di protezione civile e dare massima informazione alla popolazione sia delle 
  situazioni di rischio cui è esposta sia delle misure e procedure previste 
  per farvi fronte. Le disposizioni trovano piena applicazione nelle zone esposte 
  terremoti, inondazioni, eruzioni e quant’altro. Eludono la normativa le 
  situazioni che mettono a repentaglio incolumità e salute della popolazione 
  determinate da installazioni e attività militari devastanti. "Segreto 
  militare", "Segreto di Stato" è la furbesca e criminale 
  formula che permette di raggirare ogni legge, l’utile coperchio per nascondere 
  qualsiasi prevaricazione.
Il paradiso eco-nucleare
  La linea politica del governo dell’Ulivo, nonostante annoveri tra i 
  suoi quadri focosi contestatori della base atomica Usa, non denota sfaldature 
  con quella dei governi di centro, centrodestra e centrosinistra della cosiddetta 
  prima Repubblica. Sottosegretari, ministri, Presidente della Repubblica Scalfaro 
  in testa, non perdono occasione per pronunciarsi contro gli esperimenti atomici 
  francesi, cinesi, indiani, pakistani. Li definiscono, correttamente, "crimini 
  contro l’umanità". Tacciono, però, sulla "normalità 
  nucleare" di La Maddalena.
  Un’improvvisa amnesia colpisce la stragrande maggioranza di quanti dai 
  banchi dell’opposizione denunciavano: « Il permanere della base 
  nucleare de La Maddalena è in netto contrasto con il pronunciamento popolare 
  avvenuto nel referendum in materia nucleare (..) La presenza della base nucleare 
  USA contrasta, da una parte con il progetto di Parco naturale, previsto dalla 
  legge nazionale (Parco terrestre) e, dall’altra, con il programma comunitario 
  Interegg (Parco Marino Internazionale). Appare evidente l’incompatibilità 
  della presenza nucleare statunitense con tali progetti.».
  Un magistrale colpo di bacchetta magica cancella il problema. Si decreta 
  l’istituzione del "Parco Nazionale Arcipelago di La Maddalena" 
  e..voilà.. il mostro atomico sparisce, si trasforma in nascosto gioiellino 
  ambientale da custodire. Si impongono d’imperio drastiche restrizioni e 
  una rigida disciplina alle attività di pesca, al traffico di gitanti 
  e al numero di bagni consentiti a turisti e residenti. Via libera, invece, all’intenso 
  andirivieni dei branchi di sommergibili dal ventre colmo di armi atomiche e 
  all’uranio impoverito/arricchito al plutonio, nel primo parco eco-nucleare 
  del pianeta Terra. TOLLERANZA ZERO: contro chi chiede trasparenza, contro chi 
  dice che qualche pericolo c’è, contro chi sostiene che sono ordigni 
  da guerra fredda, contro chi parla di violazione del Trattato di non proliferazione 
  nucleare, contro chi reclama la messa al bando del nucleare militare in forza 
  della volontà popolare espressa nel referendum del 1987.
  Un’impenetrabile coltre di silenzio omertoso rende invisibile i mostri 
  nucleari. Le preoccupazioni ambientaliste sono incanalate su obiettivi "politically 
  correct" come carboniere, carrette del mare, petroliere.
Il governo Berlusconi 2 pare ancora più 
  ossequiente del precedente ai diktat Usa. Il cavaliere, con servile entusiasmo, 
  ama proclamare: «Io sto con l’America prima ancora di sapere dove va 
  l’America». E Bush, il pifferaio magico che il premier del Polo intende 
  seguire ciecamente, va verso la creazione dello Scudo Spaziale e azzera il trattato 
  Abm del 1972, il più importante ostacolo alla corsa agli armamenti. Sostenuto 
  da un ampio codazzo di militari e armaioli allettati dall’orgia dei colossali 
  finanziamenti pubblici, il presidente dell’unica potenza globale rigetta 
  unilateralmente la convenzione del 1972 contro l’uso di armi biologiche 
  e tossiche, respinge l’impegno del suo predecessore sulla messa al bando 
  delle mine antiuomo. L’arrogante motivazione ufficiale è sempre 
  la stessa, "le restrizioni imposte dai trattati internazionali metterebbero 
  a rischio la protezione degli interessi nazionali Usa e la sicurezza delle truppe". 
  Il messaggio è chiaro. L’èlite al potere sa bene che i processi 
  di globalizzazione in corso sono devastanti, non solo per l’intero pianeta 
  ed i suoi equilibri, ma anche per ampi strati sociali degli stessi Stati Uniti, 
  sa bene che le sue scelte produrranno disastri e sconvolgimenti e si prepara 
  ad affrontarli scegliendo la deterrenza militare, la guerra come opzione per 
  governare i processi in atto.
  L’attacco impensabile al Pentagono, la morte straziante di migliaia di 
  persone intrappolate nell’orrore delle torri gemelle potrebbe costituire 
  il casus belli che da un’accelerazione improvvisa alla scelta, fino ad 
  ieri latente ma effettiva, di guerra senza frontiere.
  A questo reale irrazionale, alieno alla ragione ci ostiniamo a contrapporre 
  la razionalità del progetto per un altro mondo possibile.
14 settembre 2001
  Comitato sardo Gettiamo le Basi
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