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30 luglio 2007

necroloquio - stefano parenti

una poesia in cui il poeta è il solo “oggetto”
Autore: paolo biloni

STEFANO PARENTI
NECROLOQUIO
POESIA
La Riflessione Editrice
pagg. 120 - euro 10

una poesia in cui il poeta è il solo “oggetto”

Vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi (C.Baudelaire). Questo aforisma
sintetizza il messaggio visivo e poetico che Stefano Parenti interpreta nel suo libro Necroloquio, la cui copertina riproduce un quadro, Malestrom, abissi di follia autonoma, di cui è autore lo stesso Parenti.
Le sue poesie connubio di spiritualismo, meccanicismo e ontologia teoretica, aspirano ad una riflessione sulla filosofia della mente. Uno scandaglio per comprendere il tempo del singolo e dell’isolamento. Il circuito poetico si muove tra sensazioni, impressioni e interpretazioni, pretesto punto di fuga dalla passione. C’è l’io che parla di sé, dell’anima nella sua dimensione più profonda, la sua solitudine nel confine tra la vita e la morte. L’io protagonista, alla ricerca di un ignoto definito non da se stesso ma dai suoi atti, “usando” la realtà della natura per conferire tangibilità all’inafferrabile appena percettibile. Il rapporto mente-corpo assurge a teorema inestricabile, intrattenendo legami con la metafisica e con le scelte mistiche rispetto alla configurazione del mondo. Una poesia senza oggetti e senza oggetto, in cui il poeta è il solo oggetto, un poeta che è la sua anima e in cui il mondo, il corpo, prendono forma come simboli del dialogo tra ciò che di sé conosce e ciò che do sé non conosce, il raccoglimento e il riferimento a se stessi, la brama di purezza e di autonomia, di originalità e di autonomia. Eludendo ogni punto di vista oggettivo o onnisciente, abbraccia il soggettivismo universale, passando dalla realtà esterna per esaminare gli stati interni della coscienza, perdendosi in apparenti simulacri per l’impossibilità di comprendere la complessità del reale con un unico metodo conoscitivo.
Una poesia ermetica e paradossale in cui indeterminazione, entropia e caos deterministico si confondono nel simulacro, inducendo ad una dimensione sospesa fra un reale e un surreale macabro, nella ricerca dell’accettazione della morte come parte della vita e del dolore, dell’indifferenza, dell’angoscia e della solitudine, quali elementi imprescindibili della condizione umana e della sua stessa esistenza. “Vi è una grandezza in tutte le follie, una forza in tutti gli eccessi” ( C.Baudelaire).

Sabrina Chiacchia

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