Genova

La verità di Vittorio Agnoletto

17 luglio 2006
Rosita Zilli
R@: Amnesty International ha definito le giornate di Genova 2001 "la più grave sospensione dei diritti democratici in un paese occidentale dopo la seconda guerra mondiale". Come ha potuto prodursi un vuoto democratico di tali dimensioni?
VA: Bisogna capire in che situazione si è sviluppata Genova. Si arrivava a Genova con un movimento che stava impetuosamente crescendo in tutto il mondo, che si era manifestato a Seattle e che solo sei mesi prima aveva organizzato il primo Social Forum mondiale a Porto Alegre. Vi erano poi state diverse iniziative in Europa. Il movimento si stava diffondendo in tutto il mondo e Genova ha rappresentato il tentativo dei poteri forti di stroncare questo movimento cercando di impedirne la crescita impetuosa. Questo l'obiettivo concreto. E' un disegno non solo italiano, tant'è che si è sviluppato dentro un G8 dove hanno partecipato le più grandi potenze del mondo, e dove il governo di destra - che aveva appena vinto le elezioni - è stato e si è offerto come strumento per tentare di distruggere questo movimento che stava crescendo, ma che era ancora molto giovane. Gli strumenti che sono stati utilizzati sono stati una fortissima repressione di piazza e contemporaneamente il tentativo e l'illusione di costruire una versione preconfenzionata di quanto era successo da un punto di vista mediatico.

R@: Per gli incidenti all'interno della Diaz sono a processo molti funzionari di polizia...
VA: La mia lettura della vicenda della Diaz è complicata ma molto chiara. Primo punto, la repressione a Genova è stata gestita in un rapporto diretto tra Alleanza Nazionale e l'arma dei carabinieri. Gli scontri del 20 luglio sono stati procurati specificamente dai carabinieri. Sono le ore nelle quali i parlamentari di AN sono nelle sale operarative dei carabinieri a Genova: sono loro che, con una cultura legata alla storia dell'estrema destra degli anni '70, gestiscono lo scontro, il tentativo di chiudere e massacrare definitivamente il movimento. Secondo passaggio. In questa situazione, il capo della polizia Gianni De Gennaro vede crollare la sua credibilità. Era lui il garante per il governo di ciò che sarebbe accaduto a Genova. Inoltre, De Gennaro era stato nominato dal centro-sinistra: sarebbe stata la prima testa a saltare alla conclusione del G8. Terzo, a quel punto De Gennaro decide di andare a proporsi in un rapporto strettissimo con l'allora Presidente del Consiglio, Berlusconi. Forza Italia era appena arrivata al governo e non controllava direttamente né carabinieri né servizi, che erano molto più influenzati da Fini. De Gennaro sente vacillare la sua posizione e stabilisce allora un rapporto diretto con Forza Italia. Il massacro della Diaz è la carta di presentazione di De Gennaro e del nuovo corso del Capo della Polizia. La sua credibilità presso il nuovo governo viene garantita dal massacro che fa alla Diaz. Non è un caso che a gestire l'assalto alla Diaz sia esattamente la polizia, non i carabinieri e non la guardia di finanza, e che a parlare con i giornalisti nella notte per dire che non era successo nulla, ma che stavano portando in ospedale i feriti del giorno prima sia Sgalla, portavoce di De Gennaro e uomo che ne condivide storia e legami politici. Quindi, la Diaz è stata un'operazione pianificata prettamente dalla polizia di De Gennaro per accreditarsi presso il nuovo governo mentre stava giocando una partita in diretta con i carabinieri che a Genova hanno agito direttamente sotto l'influsso di AN.

R@: Nessuno ha pagato per gli scontri di Genova, anzi, alcuni dei responsabili di allora sono stati oggetto di promozioni.
VA: Nel processo a Genova ci sono alcuni degli esecutori materiali di quelle violenze, le forze dell'ordine, coloro che non si è potuto fare a meno di inquisire data l'evidenza della documentazione visibile. Ma la cosa grave è che coloro che avevano la responsabilità di piazza e la responsabilità politica di quelle giornate, e che quindi hanno dato via libera e in alcuni casi organizzato quelle violenze, non solo non sono sotto processo ma addirittura sono stati promossi ai vertici dei servizi segreti. Gli uomini che hanno fatto carriera ai vertici dei servizi sono stati proprio gli uomini legati a De Gennaro, e non è un caso che tutte le promozioni siano state fatte direttamente da Berlusconi.

R@: Che ne pensi infine dell'elezione all'unanimità (quindi con il voto del PRC) dell'allora Ministro dell'Interno Scajola alla presidenza del COPACO?
VA: Tutto il male possibile. Se c'è una persona meno adatta in tutto il Parlamento per quel ruolo è sicuramente Scajola, di fatto uno dei principali registi di quanto è avvenuto a Genova. Con la stessa chiarezza, credo che il ruolo affidato a Bianco (Presidente Commissione Affari Costituzionali, ndr) in Senato sia un altro grave errore: non dimentichiamo il ruolo che aveva quando, pochi mesi prima di Genova, a Napoli, vi sono stati comportamenti delle forze dell'ordine che preludevano a quello che sarebbe poi avvenuto a Genova. Fatti di violenza sui dimostranti pacifici, per i quali a carico delle forze dell'ordine a Napoli sono aperti processi. Allora, al posto di Scajola c'era Bianco. Che queste due persone oggi abbiano un ruolo apicale nel controllo dell'attività dei servizi, credo che rappresenti un'indecente continuità con un passato che si doveva cambiare.

R@: Lei è uno dei primi firmatari di un appello per una commissione parlamentare d'inchiesta, peraltro prevista nel programma dell'Unione. L'appello si contrappone alla ritrosia di una parte della maggioranza ad affrontare la questione o è un semplice sollecito a cui presto verrà dato seguito?
VA: Io spero che sia un semplice sollecito a cui presto verrà dato seguito. Non sono così sicuro, non sono un ingenuo. Sono ben consapevole di come una parte di questa maggioranza non abbia nessuna voglia di fare chiarezza fino in fondo su Genova. Non dimentichiamoci che tutta la prima fase di preparazione di Genova, l'addestramento delle forze dell'ordine, l'acquisto di quei micidiali manganelli - che sono contro qualunque convenzione europea - fu fatta dal governo precedente. Quindi, ho ben presente che nell'Unione non tutti sono d'accordo con la commissione d'inchiesta, ma mi auguro che il programma venga rispettato e che l'inchiesta ci sia e non venga svuotata dei suoi obiettivi. Non può essere un'operazione di facciata.

R@: Per l'uccisione di Carlo, il procedimento si è concluso con un'archiviazione per "legittima difesa e uso legittimo delle armi in manifestazione". Processo regolare, semplice fretta o volontà di nascondere ulteriori elementi?
VA: Di regolare in quella vicenda non c'è stato assolutamente nulla. Siamo di fronte ad una prova di grande debolezza e paura della magistratura da un lato e di arroganza da parte del potere politico dall'altro. E' evidente che c'era da parte del governo l'assoluta necessità di evitare che attraverso l'inchiesta sull'uccisione di Carlo si facesse chiarezza sulla catena di comando e sui ruoli dei diversi protagonisti apicali a Genova. Nello specifico, non si è voluta chiarezza neanche sul fatto concreto. Tutti sappiamo che c'è addirittura il dubbio su chi sia stato a sparare, se veramente Placanica o se lui non copra qualcuno di un'altra età e con un altro ruolo che forse non avrebbe dovuto esserci.

R@: Lei è anche europarlamentare. Quali sono state le sensazioni e le azioni intraprese a livello Ue che hanno seguito i fatti di Genova?
VA: L'Unione europea è stata precisissima. Nella relazione sullo stato dei diritti umani nell'Ue nel 2001 ci sono paragrafi e frasi durissime verso il governo italiano di allora: l'Ue sposa la posizione di Amnesty International. Secondo, tutte le cancellerie europee protestarono pesantemente in quei giorni per il comportamento delle forze dell'ordine del governo italiano. Terzo, proprio sulla spinta dei fatti di Genova, in Europa abbiamo approvato un codice di condotta e di formazione delle forze dell'ordine (Agnoletto è stato uno degli artefici, ndr) dove si invitano gli Stati a porre al centro anche interventi di intermediazione non violenta e capacità di pacificazione dei conflitti. Inoltre, si invita a far sì che gli uomini delle forze dell'ordine siano distinguibili nel loro operato attraverso un codice o una targhetta che li renda riconoscibili: ognuno deve rispondere degli atti che compie. L'Europa ha approvato queste risoluzioni proprio sulla spinta della condanna di quanto è stato il comportamento del governo italiano a Genova. In Italia giace una proposta di legge che ancora non è stata approvata.

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