Brasile, Rio de Janeiro: strage di innocenti nelle favelas di periferia
Dopo una mattinata di lavoro in panificio e un pomeriggio a scuola, Douglas Felipe Brasil de Paula, 14 anni e il sogno di entrare nell’esercito, sta tornando a casa. A pochi metri dalla meta fa una richiesta alla nonna: giocare a flipper. “Solo un gettone”, e Creusa Regina, 45 anni, decide di lasciar giocare per qualche minuto il nipote, che lavora dall’età di sette anni. La sosta nel bar Caíque, in via Gama, nel quartiere Cerâmica, sarà rapida. Appena il tempo di tornare a casa e sedersi sul divano e Creusa sente colpi di arma da fuoco: nel bar, Douglas, amici d’infanzia e alcuni lavoratori, sono stati giustiziati.
La madre di Douglas, Susane Xavier, 29 anni, è corsa verso il locale. Il ragazzo, che i nonni avevano soprannominato “lo scienziato” perché amava montare e smontare elettrodomestici, era agonizzante. È morto lì. Gli assassini hanno continuato a seminare il panico nella zona. Il massacro è terminato con 30 vittime, la maggior parte delle quali incensurate e deceduta a causa di colpi di arma da fuoco alla testa.
Ieri, un giorno dopo la più grande strage registrata nello stato, a Nuova Iguaçu e Quimados donne e bambini piangevano i loro morti. La madre di Douglas si commuove ricordando i sogni del figlio, che frequentava la quinta classe nella Scuola Presidente Medice. Il più era quasi fatto. Con il denaro che guadagnava lavorando in panificio, vendendo aquiloni, cloro e bombette, stava comperando pezzi per montare una bicicletta – piange, mentre osserva, seduta sul selciato, il bar dove suo figlio è morto; – domani avrebbero festeggiato il compleanno della nonna – racconta una zia.
Il giorno dopo, il bar Caíque non aveva le pozze di sangue della notte precedente. Nel piccolo locale, messo su da un anno e mezzo circa, non c’era traccia di spari. Solo varie paia di sandali sparsi per la strada ricordavano lo scenario di terrore. Un muratore, che vive nella zona da 49 anni, racconta dettagliatamente il panico dei sopravvissuti: - mi trovavo in una baracca vicino al bar. Erano le otto e dieci di sera. Andavo lì quando ho visto una Gol argentata con i fari alti parcheggiata sull’altro lato della strada. Sono scesi due uomini e, in tre minuti, hanno sparato su tutto. Dopo sono tornati in macchina e sono partiti sparando in direzione di altri tre bar -.
Secondo lui, gli assassini hanno commesso un errore, giacché i trafficanti si sarebbero trovati due vie più in là del bar, in via do Latão. Si tratterebbe di alcuni trafficanti del Comando Vermelho che stanno cercando di installare uno spaccio di droga nel quartiere. – Salgono sui tetti e creano disordine. Alla polizia questo non piace – ha ammesso.
Un leader della comunità, che preferisce rimanere nell’anonimato, ringrazia il cielo di essersi salvato. – Quando ho visto quella macchina, sono scappato dall’altro lato della strada. Il mio amico, un operaio a giornata che si trovava con me, non ha avuto la stessa sorte. È stato ferito a una gamba – dice con tristezza.
Al momento dell’attacco, un gruppo di evangelici pregava nella chiesa Assembléia de Deus, ubicata di fronte al bar. Tra loro A., 24 anni, disperata per non essere potuta uscire a cercare la figlia di nove anni. – Si sono chiusi nella chiesa fino a quando gli spari non sono cessati. Nessuno poteva fare niente fuorché aspettare – si è lamentata.
Commosse, molte madri raccontano di non lasciare uscire i figli di sera. Spaventate, si limitano a dire che “la strada sta diventando molto pericolosa”. Tra gli adolescenti ai quali era stato proibito di uscire di notte, uno dei morti: Felipe Soares Carlos, 13 anni, fuggito alla sorveglianza della sorella Priscila Soares, 17 anni. Studente di classe seconda, è tornato dalla scuola, si è tolto camicia e scarpe e, dopo cena, è andato a giocare con i fratelli. - Si trovavano di fronte a casa, io sono andata a fare il bagno. Quando ho sentito i colpi non mi sono nemmeno preoccupata, la disperazione è arrivata dopo – ha detto distrutta Priscila.
Nella stessa strada in cui viveva Felipe, lo studente di primo anno dell’insegnamento medio Leonardo Felipe da Silva, 15 anni, non è andato a scuola giovedì. Aveva mal di gola. – La sera stava meglio ed è uscito per giocare a biliardino – racconta la zia di Leonardo, Luciene Salustiana, 27 anni. Leonardo è stato trasportato ancora in vita all’ospedale della zona, in Nova Iguaçu. Dopo la diagnosi di morte cerebrale, la famiglia ha donato gli organi.
La padrona di un bar, Maria José, 42 anni, manifesta lo stesso desiderio di quasi tutti gli abitanti della regione: andarsene da lì. – Sono scioccata. Ho visto questi ragazzi crescere. Non c’era un criminale tra loro – ha sostenuto.
Carlos Henrique de Assis, 48 anni, ha perso la moglie Elizabeth Soares de Oliveira, che ha cercato di fuggire dai banditi verso una fabbrica di plastica. È stata giustiziata nel locale. – Stavamo insieme da 30 anni. Abbiamo lavorato e siamo riusciti a mettere su il bar. Il suo più grande timore era che morissi prima di lei, perché ho un problema di pressione. Tutto è accaduto nel minuto in cui sono uscito per andare dal macellaio. Quando sono tornato, la cena era pronta e il mio bar abbandonato”.
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