Latina

Nicaragua: "Raccolti amari"

Le monocolture della fame - Tra esportazioni e sovranità alimentare  

6 settembre 2006
Giorgio Trucchi
Fonte: Ass. Italia-Nicaragua

Perché si sostiene che il principale attentato contro la sovranità alimentare sia stata la monocoltura? 
Questa è una delle molte domande che vengono poste dal nuovo documentario "Raccolti amari", realizzato e prodotto dai registi Félix Zurita e Joaquín Zúniga e presentato al pubblico nicaraguense dalla Fondazione Luciérnaga.

In un paese come il Nicaragua, saccheggiato per secoli e con una storia marcata dalla produzione di prodotti per l'esportazione, che ha arricchito le grandi multinazionali ed i pochi impresari nazionali, la monocoltura è stata la principale responsabile degli enormi danni causati all'ecosistema, all'essere umano e della situazione di estrema povertà  in cui vivono i nicaraguensi. 
La Lista Informativa "Nicaragua y más..." ha assistito alla presentazione di "Raccolti amari", durante la quale l'economista e sociologo Orlando Nuñez, direttore del Centro para la Investigación, la Promoción y el Desarrollo Rural y Social (Cipres), ha toccato i punti nevralgici di questo tema. 
  Documentario "Raccolti amari" di Félix Zurita e Joaquín Zúniga


"Secondo le dichiarazioni del nostro Ministro dell'Economia, del Presidente della Repubblica e di molti scrittori occidentali, lo sviluppo è investimento, creazione di occupazione e di valuta e ciò avviene grazie alla produzione di prodotti per l'esportazione.  
Nessuno può dire di essere contrario a questi elementi ed allo sviluppo come termine generale, ma questa concezione di "sviluppo" che ci vogliono imporre crea una grande contraddizione.
Questo è davvero lo sviluppo esistente, perché il discorso che ci propongono è quello che per raggiungere il benessere bisogna lasciare tutte le utilità in mano agli imprenditori, nazionali e soprattutto stranieri, affinché  apparentemente possano investire in questo sviluppo. 
Ultimamente si stanno dando molti nomi allo sviluppo e diventa difficile smascherare quello che si nasconde dietro a questi termini. Si parla di "sviluppo dal viso umano", "sviluppo con accento alle situazioni di genere", "sviluppo sostenibile che rispetta la natura", ma quale è il vero risultato che si ottiene? 
Ci hanno convinti che lo sviluppo sia qualcosa di importante, qualcosa di imprescindibile.
Ci hanno imposto il concetto che lo sviluppo implica maggiore crescita e che questo è positivo per il Nicaragua.
 
Quello che però vediamo è che con una crescita maggiore si ottengono maggiori disastri, maggiore povertà ed è logico, perché se noi esportiamo caffè ad un prezzo minore del suo costo di produzione, più caffè esportiamo e più perdiamo.  
Quello che bisogna capire è che la crescita e lo sviluppo in una società capitalista può portare solo a questi risultati.
Dobbiamo cominciare a ribellarci contro questo tipo di sviluppo e non è facile, perché l'apparato ideologico che utilizzano è molto potente e convincente. 
"Sviluppo" continua ad essere una parola sacrosanta e molto legittimata, mentre dobbiamo cominciare a far vedere come con una maggior crescita si ottenga invece una maggiore povertà ed anche ricchezza, ma non per i poveri, perché la povertà non si misura mai sulla base delle case dei ricchi, bensì sull'insieme della società". 
 
Secondo Peter Rosset, esperto in agroecologia e membro della Red de Investigación-Acción sobre la Tierra e consulente di Vía Campesina, intervistato da Ernest Cañada della Agencia Catalana de Cooperació Desenvolupament (ACCD), "il principale attentato storico contro la sovranità alimentare è stata la monocoltura. Un modello basato su enormi estensioni destinate ad un solo tipo di coltivazione, orientato all'esportazione. Storicamente i paesi del Sud e le loro popolazioni hanno perso la loro capacità di alimentarsi, perché le migliori terre vengono destinate in modo sempre maggiore alla produzione per l'esportazione.
La crescita di un prodotto per l'esportazione in un determinato territorio provoca l'allontanamento del settore contadino, provocando una situazione di crisi sociale. Questo settore viene assorbito, da una parte, dalla frontiera agricola e dall'altra, dalla creazione di occupazione per la successiva monocoltura.
Il Nicaragua è un esempio di questo modello, dove migliaia di persone sono state progressivamente allontanate dai loro territori per poter coltivare caffè, cotone, banane, canna di zucchero, cacao, allevamento e più recentemente, sesamo e sorgo. 
I contadini sono stati convertiti in braccianti agricoli, mal pagati, stagionali con un lavoro garantito solo due o tre mesi all'anno, oppure si sono spostati verso la frontiera agricola, abbattendo boschi e seminando mais e fagioli, fino all'incorporazione di questi nuovi terreni nella successiva coltivazione per l'esportazione". 
 
Il Nicaragua, come la maggioranza dei paesi del Sud del mondo, ha puntato tutto sulla monocoltura, nella quale non sono coinvolti solo i grandi imprenditori, bensì la maggioranza dei piccoli produttori, dei contadini in generale, ai quali è stata inculcata l'idea che questo è positivo per loro. 
 
"Non si deve pensare che la monocoltura in Nicaragua - ha continuato Orlando Nuñez - sia in mano solo ai grandi imprenditori, perché i contadini sono parte integrante di questo tipo di produzione.
Il grande imprenditore nazionale quando deve vendere ad un prezzo inferiore al costo di produzione semplicemente abbandona la produzione.
È per questo motivo che il 75 per cento del caffè viene prodotto dai contadini, i quali si trasformano nella soluzione per chi ottiene i veri guadagni da questo tipo di commercio e cioè le grandi imprese multinazionali che importano questo prodotto. 
Voi dite che i prezzi del caffè sono crollati e che per questo motivo gli imprenditori sono falliti, ma bisogna capire che sono crollati i prezzi della nostra esportazione, mentre il prezzo del caffè a livello mondiale continua a salire ed il commercio del caffè è oggi più che mai redditizio.  
Un quintale (di libbra - circa 50 Kg) di caffè origina 4 mila dollari di guadagno netto in Europa o negli Stati Uniti e non importa se il contadino deve vendere questo stesso caffè alla misera somma di 30 o 50 dollari al quintale.  
Quale è la meta, l'obiettivo degli importatori occidentali? Che i contadini si dedichino alla monocoltura. Dicono loro che devono trasformarsi in imprenditori, perché i grandi imprenditori non stanno oramai producendo  perché non è redditizio e li considerano come individui che non lavorano per un reale guadagno, come braccianti senza salario, come imprenditori senza guadagno.  
Li convincono ad abbandonare la produzione di alimenti ed a introdursi nella produzione di prodotti per l'esportazione e questo è proprio quello che stanno facendo i nostri contadini. 
Ogni giorno vediamo come molti organismi internazionali che danno finanziamenti ed altri la cui attività è il microcredito, e lo fanno con buone intenzioni, si attivino anch'essi per la produzione di prodotti per l'esportazione, ma non  danno finanziamenti per produrre alimenti, ma solo per prodotti commerciali come il sesamo, il sorgo, il caffè, le banane, perché quello di cui hanno bisogno fuori del Nicaragua sono prodotti di esportazione e questo sta accadendo in un paese come il nostro che non vive certo nel benessere".

Secondo Peter Rosset "la sovranità alimentare è il diritto di tutti i popoli di poter definire il proprio sistema di produzione, distribuzione e consumo di alimenti.
È il diritto della popolazione rurale di aver accesso alla terra, di poter produrre per il mercato locale e nazionale, di non essere esclusi da questi mercati dalle importazioni fatte dalle multinazionali.
È anche il diritto dei consumatori ad aver accesso ad alimenti sani, accessibili, culturalmente appropriati con la gastronomia, la storia culinaria del proprio paese e prodotti localmente.
Se un paese non è capace di alimentare la propria gente, se per alimentarsi dipende dal mercato mondiale, siamo di fronte ad una situazione profondamente vulnerabile. Vulnerabilità di fronte alla buona volontà delle superpotenze o alle fluttuazioni del mercato. Per questo motivo parliamo di sovranità". 
 
Il Nicaragua sta vivendo una situazione drammatica e come dice Eduardo Galeano "i paesi poveri sono poveri perché sono ricchi." 
 
"Sono 500 anni - ha continuato Orlando Nuñez - che il Nicaragua vive questa situazione, è la sua storia e quella di tutti i paesi coloniali e post-coloniali ed è anche il futuro che stanno preparando per questi paesi, ma con la differenza che prima gli permettevano almeno di produrre alimenti, mentre ora non glielo stanno più permettendo, perché produrre alimenti si è convertito in qualcosa di sovversivo, un attentato contro questo concetto di "sviluppo." 
Dicono che è giusto che la gente mangi, ma alla fine insistono sul fatto che la cosa più importante sia lo "sviluppo".  
Perché, secondo i nostri governanti, i grandi imprenditori e le grandi imprese multinazionali, che la gente possa mangiare non è sviluppo. Lo sviluppo è la crescita delle imprese, la creazione di posti di lavoro a basso costo e la produzione di beni per l'esportazione. 
Questo sviluppo è un fallimento per la vita umana e per la natura, mentre è un successo per gli imprenditori e per le metropoli ed il loro maggior successo è che ci hanno convinti di questo.  
Parlare di commercio equivale a parlare di sviluppo e questo concetto diventa sempre più intenso e non è mai sufficiente.  
Attualmente, il Nicaragua sta spendendo 70 milioni di dollari per importare ogni anno prodotti della nostra dieta tipica come fagioli, riso e mais ed altri 350 milioni di altri alimenti. Con quello che spendiamo nell'importazione dei derivati del petrolio se ne va tutto quello che ricaviamo dalle esportazioni e questo è un fallimento nazionale." 
 
La monocoltura e questo tipo di "sviluppo" hanno anche conseguenze molto negative che colpiscono direttamente la salute delle persone e l'ecosistema. 
Centinaia di migliaia di persone hanno subito gli effetti nocivi dei pesticidi utilizzati nella produzione di cotone, banane e zucchero ed altre monocolture. 
Da molti anni, gli ex lavoratori e lavoratrici delle piantagioni di banane e canna da zucchero, ammalati di Insufficienza Renale Cronica (IRC) ed a causa del contatto con il pesticida Nemagón, hanno intrapreso una lunga lotta affinché le multinazionali nordamericane e gli impresari nicaraguensi rispondano per i danni causati e per le migliaia di morti che reclamano giustizia. 
Tutta la zona di Occidente del Nicaragua, originariamente molto fertile, è stata disboscata ed inquinata a causa dell'implementazione di quello modello. 
La gente, povera e senza risorse, aveva visto in questo tipo di lavoro l'occasione per poter sopravvivere ed accettò le vergognose condizioni che le venivano offerte, senza però essere informata sulla pericolosità dei pesticidi che venivano applicati quotidianamente.

"Quale è oggi il problema? - ha concluso Orlando Nuñez -. Che è difficile dire pubblicamente che siamo contro la creazione di questo tipo di posti di lavoro. Quando andiamo alla Zona Franca (maquila) e vediamo come vengono sfruttate le lavoratrici, la violazione dei loro diritti umani, lavorativi e sindacali, non possiamo dir loro che abbandonino il posto di lavoro. Non possiamo farlo nemmeno con chi lavora nelle piantagioni di banane o nell'Ingenio San Antonio (uno delle più grandi imprese di produzione di zucchero e rhum dell'America Centrale che, secondo gli ex lavoratori colpiti dalla IRC, è responsabile della morte di più di due mila persone, dell'inquinamento delle acque nella parte Occidentale del Nicaragua e della sottrazione delle terre a migliaia di persone per poter ampliare la coltivazione di canna da zucchero).  
Non possiamo farlo perché è vero che sono sfruttati, che esiste un alto indice di contaminazione, ma ci scontriamo anche con una grande contraddizione, perché è l'unico lavoro disponibile ed è l'unico tipo di lavoro che sta fomentando il Governo.  
Noi non siamo contro il caffè, lo zucchero o le banane, ma siamo contro un modello di sviluppo che non ha un'altra opzione che questa. Bisogna porre fine a questo modello, non c'è un'altra soluzione.
Il contadino, l'operaio, devono essere i soggetti principali dello sviluppo e del benessere, gli unici soggetti con la capacità di produrre in modo diversificato. 
Inoltre, il contadino è già l'unico soggetto che sta producendo gli alimenti fondamentali in Nicaragua. Questo è il suo delitto e viene considerato come un vero delinquente, perché è lui quello che si sta opponendo al Trattato di Libero Commercio tra America Centrale, Repubblica Dominicana e Stati Uniti (Cafta), è lui che si sta opponendo alla proibizione da parte dell'Impero di produrre alimenti.
L'Impero presenta un discorso molto chiaro e provocatorio: noi abbiamo mais in eccesso e dobbiamo venderlo, abbiamo latte in polvere, riso e molto spesso transgenici. Come vi permettete di produrre alimenti?
 
Ma il contadino continua ad essere un individuo emarginato ed il Governo non vuole ascoltare. 
Non vuole nemmeno ascoltare ed approfondire un altro fenomeno che è la solidarietà con i poveri. 
Ora i poveri sono diventati i soggetti privilegiati degli Organismi internazionali, delle Organizzazioni non governative. 
Non si sono mai fatti tanti studi sui poveri come in questi ultimi tempi.  
Si fanno studi su quanti ne muoiono di IRC, di Nemagón, di malaria.  
Sono studi dove gli fanno foto e dove si studia se muoiono prima le donne o i bambini; se muoiono in quantità maggiori quelli del Nemagón o della IRC e si dimenticano di una cosa molto importante e cioè che in Nicaragua i poveri sono quelli che maggiormente generano la ricchezza, l'alimento, l'occupazione e la valuta.  
Chi produce gli alimenti? Sono i contadini e quando si parla dei poveri, la ricetta è quella di dar loro un bicchiere di latte. Siccome è povero, è un indigente, affinché per lo meno sopravviva bisogna dargli un bicchiere di latte, un biscotto o una libbra di riso. 
Non li prendono in considerazione per quello che sono veramente e cioè potenziali produttori di latte, di carne, di uova, di riso, di mais e fagioli e questa non è una soluzione, non è una strategia.  
Bisogna passare dall'aiuto ai poveri ad una vera strategia economica.  
La scienza sociale di oggi ha ereditato l'esperienza della Chiesa cattolica, che è quella che più ha lavorato con i poveri. Ora si considerano i poveri in questo modo, come gente che bisogna aiutare con qualcosa, ma nascondendo che possono essere e sono produttori, che sono quelli che generano la ricchezza, la stessa ricchezza che gli hanno saccheggiato.  
Bisogna discutere queste cose con franchezza, altrimenti non usciremo mai da questa situazione. 
Dobbiamo puntare sulla produzione contadina, sulla produzione di alimenti e sulla diversificazione ed invece, tutto punta ad evitare queste cose. 
Non esiste credito, non esistono facilitazioni, non esiste sussidio. In tutto il mondo occidentale si dà il sussidio agli agricoltori, ma in Nicaragua è proibito. 
Quello che propone il capitale neoliberista è un modello che non genererà mai benessere alla società. Mai! Perché tutti i prodotti per l'esportazione vengono offerti ad un mercato esterno e nessun paese potrà godere di benessere senza avere un mercato interno.  
Se io produco solo per esportare, a me non interessa il vostro benessere, perché voi non siete quelli che comprano i miei prodotti. Voi non mi comprate il cotone, non mi comprate le banane, il caffè, i pantaloni che si producono nella Zona Franca e pertanto, non mi importa se voi avete o non avete capacità di acquisto, non mi importa dei vostri miseri salari, se siete lavoratori stagionali o no.
In questo modo lo sviluppo non coinciderà mai con il benessere. 
È difficile, ma si può fare e c'è già chi lo sta facendo.  
In questo video, "Raccolti amari", si parla dei disastri e bisognerebbe farne un altro sulla resistenza, perché c'è resistenza. 
L'esempio della lotta dei lavoratori dello zucchero (cañeros) e delle bananeras, colpiti dai pesticidi, sono voci di speranza, perché c'è resistenza.  
Questa è una battaglia. E' in atto un massacro, ma non hanno vinto. C'è una battaglia in corso e la gente sta resistendo, sta producendo ed in Nicaragua possiamo mangiare ancora a buon mercato perché c'è questa gente che sta producendo alimenti".
 

Note: Nelle foto: Orlando Nuñez e immagini degli effetti dei pesticidi

(Testo e foto Giorgio Trucchi - Ass. Italia-Nicaragua gtrucchi@itanica.org
(Originale in spagnolo su www.rel-uita.org )


 

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