Messico: Monsanto tenta di coltivare il mais transgenico
Secondo i suoi massimi dirigenti, la transnazionale biotecnologica Monsanto godrebbe di buona fama in tutto il mondo, tanto da indurli a dichiarare che sono stati gli ecologisti durante questi anni a dare un'immagine negativa della multinazionale. In ogni caso, precisa il dirigente responsabile per il nord dell'America Latina, le azioni di lobbying e le contestazioni degli attivisti non indurranno di certo la Monsanto a diminuire le sue attività commerciali ed economiche a partire dal Messico.
Secondo Eduardo Pérez, direttore di Monsanto per quanto riguarda l'area attinente allo sviluppo delle nuove tecnologie, non solo non se andranno dal nord del Latinoamerica, ma intendono addirittura rafforzare la loro presenza in Messico.
Proprio in Messico la Monsanto è salita più volta agli onori della cronaca con gravi accuse quali tentata corruzione e pressioni su funzionari di governo affinché chiudessero un occhio di fronte alle alterazioni di informazioni scientifiche attinenti al mais geneticamente modificato. Addirittura sembra che la transnazionale sia stata coinvolta anche nella creazione di armi chimiche utilizzate durante la guerra del Vietnam.
La contesa tra Monsanto e governo messicano prosegue da almeno due anni, durante i quali la multinazionale è stata costretta a incassare ben tre rifiuti in merito alla richiesta di poter coltivare il mais transgenico. E' perlomeno curioso che, interrogato sulle prossime mosse di Monsanto di fronte all'ennesimo rifiuto, Eduardo Peréz da una parte riconosca la piena sovranità del governo nel decidere in che modo intenda sviluppare l'agricoltura nel suo paese, dall'altra ribadisca l'immediata necessità di sperimentare in territorio messicano le coltivazioni del mais transgenico.
Ancora più ambigua è la risposta di Eduardo Peréz quando si sottolinea che al rifiuto espresso dalle autorità messicane la Monsanto ha reagito aumentando le pressioni sul governo, dando quasi per scontato che l'ingresso del mais transgenico in Messico sarà prima o poi inevitabile: "è già da molti anni che Monsanto si è installata in Messico, abbiamo preso un impegno con il paese e di certo non ce ne andremo da qui", sottolinea Pérez.
Inoltre il dirigente si appella ad un vero dibattito scientifico sul mais transgenico poiché secondo lui il dibattito si è talmente politicizzato su posizioni preconcette che gli attivisti ecologisti anti-Monsanto hanno avuto buon gioco nel dire che si creerebbe un impatto ambientale devastante in cui la biodiversità del paese sarebbe gravemente deteriorata. Per dimostrare che Monsanto gode di un ottime credenziali in tutto il mondo, Peréz sottolinea la presenza dei prodotti della multinazionale in ben 120 paesi, ma anche in questo caso dimentica di ricordare in che modo cerca di spingere i governi a concedere il permesso per la coltivazione del mais transgenico. A questo proposito è significativo ricordare il sistema utilizzato per convincere l'Indonesia, che, se non fosse venuto a galla, probabilmente sarebbe stato utilizzato dalla transnazionale anche per il Messico. Nel paese del sud-est asiatico Monsanto è stata costretta a pagare ingenti multe per aver cercato di corrompere con 700 mila dollari dei funzionari indonesiani per indurli ad accettare le coltivazioni transgeniche nel loro paese. Di fronte a questa accusa Peréz (intervistato dal sito latinoamericano Tierramerica) ha cercato di difendersi in modo vago, affermando che il tentativo di corruzione era stato svolto da intermediari che non avevano una relazione diretta con Monsanto e sostenendo di non essere comunque al corrente di tutta la vicenda, giustificazione utilizzata anche in occasione della domanda sulle presunte responsabilità nella creazione dell'agente arancio per la guerra del Vietnam.
L'unica cosa certa è che contadini e ambientalisti dovranno continuare a battersi perché il Messico non apra le sua porte alle coltivazioni transgeniche.
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