La rielezione di Manuel Zelaya: troppi condizionali. Solo la scusa per un colpo di Stato
In queste ore i media italiani e stranieri hanno trattato in modo molto superficiale la questione del referendum che si sarebbe dovuto tenere ieri a Tegucigalpa, in Honduras, e che è stato la causa del colpo di Stato che ha deposto il presidente legittimo Manuel Zelaya.
Praticamente tutti all’unanimità hanno scritto che il referendum avrebbe praticamente garantito la seconda candidatura di Zelaya. In realtà la strada che avrebbe dovuto percorrere Zelaya per ottenere la seconda rielezione era ancora lunga e costellata da troppi condizionali.
Innanzitutto il referendum di domenica scorsa, che non era obbligatorio (come lo è invece il voto in Honduras) ma facoltativo, era in realtà una sorta di sondaggio (dal momento che la consulta referendaria in Honduras non esiste) per chiedere al popolo se fosse favorevole o meno al fatto che a novembre nei seggi già predisposti per le elezioni presidenziali, legislative e amministrative, venisse installata una “quarta urna” per la designazione di un’assemblea Costituente
L’Assemblea Costituente avrebbe poi provveduto alla riscrittura della Costituzione, modificando alcune cose (la cui natura sarebbe importante approfondire) tra le quali proprio la possibilità della seconda candidatura per il presidente in carica. Manuel Zelaya, che da novembre non sarebbe stato più presidente dell’Honduras, ammesso e non concesso che avesse avuto voglia di ricandidarsi (e tra l’altro ha sempre negato di avere tale intenzione) lo avrebbe potuto fare soltanto tra quattro anni. E sarebbe diventato ancora presidente solo e soltanto se il popolo lo avesse eletto ancora una volta.
Sarebbe bene iniziare a chiedersi, signori giornalisti mainstream, quali siano le vere motivazioni del colpo di Stato in Honduras.
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