Guatemala: allarme rosso delle comunità di Laguna del Tigre
Militarizzazione del territorio, sgomberi arbitrari, megaprogetti in via di sviluppo senza la richiesta di alcun parere agli abitanti della zona: le 37 comunità della Laguna del Tigre vivono ormai da tempo in una situazione drammatica, ignorati dal proprio governo e dall'opinione pubblica internazionale. Situata nel municipio di San Andres (dipartimento del Petén, nel nord del paese), la Laguna del Tigre fa gola a molti poiché una parte rilevante del suo territorio, composta dall'omonimo Parco Nazionale e dal Biotopo Protetto Laguna del Tigre-Rio Escondido, è parte della Riserva Biosfera Maya, prima riserva d'acqua dolce del Mesoamerica e fonte imprescindibile di rifornimento acqua per tutto il Guatemala. Basta questo per far capire gli interessi voraci delle multinazionali (leggi alla voce Perenco), i ricavi che ne può trarre il governo ed infine le imprese specializzate in grandi opere.
Lo scorso 10 Settembre le comunità del Petén hanno redatto un manifesto che vuol essere un appello internazionale in cui denunciano chiaramente una situazione di allarme rosso. Raccontano una storia (già conosciuta innumerevoli volte in Centro-America) di concessioni petrolifere e minerarie senza alcuna valutazione di impatto ambientale, la costruzione di cinque progetti idroelettrici sul fiume Usumacinta e ancora le minacce pubbliche del presidente guatemalteco Alvaro Colom, che nel luglio di quest'anno ha dichiarato di voler sfrattare le 37 comunità del Petén. La tensione si è ulteriormente alzata nei mesi estivi quando il governo ha prorogato alla multinazionale Perenco Guatemala Limited (a capitale francese) la possibilità di estrarre petrolio per i prossimi quindici anni. Come se non bastasse, Colom ha ordinato l'invio di altri sei battaglioni militari in zona, finanziati dalla stessa Perenco. Ufficialmente il presidente ha giustificato questa scelta con l'impegno assunto in sede internazionale per combattere il narcotraffico, una scusa non nuova nella lunga storia di saccheggio dei territori a danno delle popolazioni centro e sudamericane. Il governo di Colom (Unità Nazionale della Speranza - Une), teoricamente di centro-sinistra, che aveva suscitato qualche timidissima speranza dopo gli anni della mano dura neoliberista e dei regimi militari, si è invece distinto per la criminalizzazione delle lotte sociali: prima ha accusato le comunità di essere legate a doppio filo con il narcotraffico, poi ha scelto la strada delle minacce pubbliche, infine ha deciso di ignorarle. "Nemmeno una parola, da parte delle istituzioni statali, sui diritti sociali, politici, economici, culturali e umani delle nostre comunità", accusano i popoli del Petén, costretti a subire le grandi monocolture, la restrizione delle terre dove abitare e coltivare, il progressivo esaurimento delle fonti d'acqua. Inoltre, lo stato guatemalteco ha rifiutato il riconoscimento delle comunità che abitano nell'area di Laguna del Tigre ed ha proseguito, in maniera del tutto illegale ed arbitraria, concedendo licenze per i progetti turistici, minerari e idroelettrici senza consultare gli abitanti che vivono quotidianamente sul territorio, violando così la Dichiarazione Universale dei Diritti dei Popoli Indigeni. Nell'unica circostanza in cui le comunità del Petén riuscirono a far sentire la loro voce, il 10 Settembre scorso, in occasione di un'audizione a Città del Guatemala di fronte al Congresso, alcuni ministri mostrarono le loro perplessità sul prolungamento del contratto alla Perenco, ma l'esecutivo si mostrò inflessibile. Il proseguimento del contratto, firmato nonostante il parere contrario di tre ministri, Luis Ferraté, titolare del dicastero dell'Ambiente e delle Risorse Naturali, Carlos Menocal (Interni) e Jeronimo Lanciero (Sport e Cultura), è un altro particolare non trascurabile: tutti sostennero che la proroga del contratto avrebbe finito con il mettere seriamente a rischio la protezione e la conservazione del patrimonio culturale e naturale del paese. La Une e Colom in particolare sembrano avere un conto aperto con le comunità di Laguna del Tigre, poiché in più occasioni, tra il 2008 e il 2009, si erano già verificati sgomberi violenti degli abitanti senza preavviso e spesso conclusisi con morti e feriti, come testimoniato dal Coordinamento Nazionale Indigeno e Contadino (Conic) e dal Vicariato Apostolico del Petén.
Una lettera inviata dalle comunità ad un deputato della Urng (Unidad Revolucinaria Nacional Guatemalteca) lo scorso 23 Agosto evidenzia la difficoltà a reperire informazioni sull'utilizzo del territorio: sullo sfondo del dramma che stanno vivendo le popolazioni del Petén emerge il Cafta, il trattato (capestro) di libero commercio tra Stati Uniti e America Centrale.
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