Latina

La ong Reflexión Minera finanzia la campagna elettorale di molti candidati

Perù: le lobbies minerarie condizionano le elezioni

Preoccupa la presenza di una bancada minera trasversale agli schieramenti politici
13 marzo 2011
David Lifodi

A poco meno di un mese dalle elezioni del prossimo 10 Aprile, che daranno al Perù un nuovo presidente ed un nuovo congresso, scoppia il caso di una organizzazione non governativa pro miniere che avrebbe finanziato la campagna elettorale di 23 candidati in corsa per un seggio di questa competizione elettorale.

Il nome della ong già spiega bene quali sono i suoi interessi e cosa si aspetta dai congressisti appoggiati economicamente nel caso in cui siano eletti: Reflexión Minera. Il proprietario, Roque Benavides, detiene la maggioranza delle azioni di Minera Buenaventura ed è socio di Minera Yanacocha, a sua volta affiliata alla Sociedad Nacional de Minería y Petróleo. Tra i candidati sotto accusa spiccano gli otto di Fuerza 2011, il partito creato da Keiko Fujimori, figlia dell'ex presidente giapponese Alberto Fujimori, detenuto in un carcere peruviano di massima sicurezza da oltre tre anni per i reati compiuti durante la sua presidenza, caratterizzatasi per le ripetute violazioni dei diritti umani. Figurano anche tre candidati per il partito Perù Posible di Alejandro Toledo, già alla guida del paese tra il 2001 ed il 2006: alla fine del mandato la sua popolarità era scesa ad un misero 7% a causa di una politica economica aperta agli investimenti stranieri su indicazione di quanto appreso durante i suoi studi ad Harvard. Inoltre, sono coinvolti nello scandalo quattro esponenti di Solidaridad Nacional, formazione politica orientata verso il centro-destra guidata e fondata dall'ex sindaco di Lima Luis Castañeda, anche lui candidato alle presidenziali di Aprile nonostante sia impelagato in una storia poco chiara di sottrazione indebita di fondi pubblici dal comune della capitale. Il fatto che i tre esponenti politici in questione (Keiko Fujimori, Toledo e Castañeda) siano indicati dai sondaggi come i più accreditati a ricoprire il ruolo di futuro presidente dal prossimo 10 Aprile preoccupa non poco, considerando la loro provenienza ed i traffici in cui sono coinvolti. Gli stessi candidati colti con le mani nel sacco, insieme ai loro influenti leader, hanno subito minimizzato sulla storia dei finanziamenti, sostenendo che ogni aspirante congressista è libero di ricevere contributi economici da chicchessia: tra l'altro, precisano, l'origine dei finanziamenti non è nascosta, la loro provenienza è conosciuta. Luz Salgado e Wilder Ruiz, di Fuerza 2011, giurano che i finanziamenti di Roque Benavides non influiranno assolutamente sulle posizioni che i futuri congressisti andranno ad assumere in merito alla questione mineraria. Probabilmente sarà davvero così, ma solo per il fatto che esiste già una bancada minera, trasversale agli schieramenti politici, favorevole all'edificazione di miniere a cielo aperto. In Perù è infatti in corso una forte offensiva delle lobbies favorevoli all'estrazione mineraria. La Conacami (Confederación Nacional de Comunidades Afectadas por la Minería) denuncia l'inquinamento di ben 25 dei 53 fiumi che sfociano nell'Oceano Pacifico a causa delle attività di estrazione mineraria. La contaminazione dell'acqua, la crescita e lo sviluppo anomalo di piante e animali, gli effetti negativi sulla salute delle persone rappresentano motivi più che sufficienti per chiedere alle imprese minerarie di ritirarsi dal Perù, ma gli enormi interessi economici in gioco sembrano favorire le multinazionali minerarie e i politici a loro collegati. Marisol Pérez Tello, candidata per la Alianza para el Gran Cambio di Pedro Pablo Kuczynski, anch'esso in lizza per la poltrona presidenziale, ammette di aver ricevuto trentamila dollari dal magnate Roque Benavides. Non solo: dichiara di "sentirsi onorata" per tale finanziamento e assicura che Reflexión Minera non le ha chiesto alcun provvedimento di favore se sarà eletta. Tra i candidati sostenuti economicamente dalla potente ong minera ne spuntano anche alcuni in corsa per il Partido Aprista Peruano, quello del presidente uscente Alan Garcia, il cui mandato è stato contrassegnato dalla svendita dei territori indigeni alle multinazionali tramite un pacchetto di decreti raggruppati sotto il nome di "Decreto Legislativo 1090", al cui interno si colloca la Ley Forestal, alla base della quale sono state poste le condizioni per la privatizzazione dell'Amazzonia peruviana nell'ambito del Trattato di Libero Commercio che García aveva firmato con l'allora presidente Bush nel 2008. Le comunità indigene e contadine della Cajamarca finora hanno pagato il prezzo più alto alla Minera Yanacocha: quasi 500mila persone sarebbero state contaminate dall'inquinamento dell'acqua ad opera di piombo, rame e cianuro. Sotto accusa è anche il comportamento irresponsabile del Ministerio de Energia y Minas, guidato sotto la presidenza di Fujimori, Toledo e Garcia da ministri vicini alle lobbies minerarie. La società Newmont, tra gli azionisti di maggioranza di Minera Yanacocha, occupa il 195° posto (l'ultimo!) nella graduatoria di Covalence International, un'organizzazione internazionale che ha stilato una classifica in relazione ai requisiti etici delle imprese.

Toledo, Castañeda e Keiko Fujimori, tutti e tre accreditati dai sondaggi come possibili presidenti del paese, sono accomunati dalla mancanza di seri progetti che permettano al proprio paese di non svendere la sovranità nazionale alle multinazionali e questo, unito allo scarso rispetto per la tutela della salute della popolazione e ad un interesse pressoché nullo verso le questioni ambientali, solleva grandi perplessità nel caso in cui uno di loro raggiunga il palazzo presidenziale. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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