Latina

Conti in rosso per la multinazionale dello junk food

Bolivia: Mc Donald's costretto alla chiusura

I boliviani preferiscono la ricchezza della loro cucina
10 gennaio 2012
David Lifodi

La grande "M" gialla su sfondo rosso la fa da padrone in tutto il mondo. Spesso Mc Donald's riesce ad aprire i suoi fast-food in pieno centro in tutte le città del pianeta: il suo marchio fa capolino, ammiccante, nelle capitali della cultura e nelle città più povere, simbolo della globalizzazione senza frontiere. Solo in Brasile Mc Donald's vanta ben 480 esercizi commerciali, ma nel paese verdeoro, così come nel resto dell'America Latina, è conosciuto anche per le ripetute violazioni dei diritti sindacali, per lo sfruttamento del lavoro minorile e per l'utilizzo del lavoro schiavo.

Eppure in Bolivia, dove era riuscita ad aprire otto fast-food (solo in Paraguay ce ne sono meno, sette, per quanto riguarda il continente latinoamericano), questa grande catena dello sfruttamento globale è stata costretta alla resa. Dopo 14 anni trascorsi tra conti perennemente in rosso, scarsa clientela e incassi imbarazzanti, Mc Donald's ha scelto la strada della chiusura: la Bolivia passerà alla storia per essere stato il primo paese che ha costretto il gigante dello junk food ad una disonorevole ritirata. Gli otto ristoranti del paese, dislocati tra La Paz, Cochabamba e Santa Cruz, molto spesso erano vuoti: agli hamburger i boliviani hanno preferito empanadas, la khala purka (una zuppa calda e densa di mais e peperoncino) e i trancapechos de doña Betty, energetici sandwiches di tradizione cochabambina ripieni di riso, carne e uova fritte. Non si tratta però di una semplice differenza di gusti, come spiega bene il documentario "Por qué quebró Mc Donald's?", diretto da Fernando Martinez. I boliviani hanno mostrato di non gradire la cultura che sta dietro alle insegne di Mc Donald's: alla comida rápida preferiscono le relazioni che si instaurano durante la preparazione di un piatto e la charla di fronte a gustosi manicaretti che richiedono accuratezza e tempi lunghi di preparazione. Cuochi, sociologi e nutrizionisti che si sono alternati nel documentario di Martinez ritengono inconciliabile la mentalità del fast-food rispetto all'idea di preparazione di un pasto propria della cultura boliviana. Un'altra chiave di lettura, indicata nel video, riguarda il prezzo della comida. Il menù più accessibile ad un boliviano offerto da Mc Donald's si aggirava intorno ai 25 pesos (poco più di tre dollari), mentre per un pranzo completo al mercato popolare di La Paz non si superano i 7 pesos (corrispondenti a meno di un dollaro). Roberto Udler, dirigente di Mc Donald's in Bolivia, intervistato in "Por qué quebró Mc Donald's?", ancora non si da pace per il fallimento della multinazionale del fast-food e spiega sconsolato come sia oggetto di studio da parte di esperti di marketing e comunicazione ad oltre un mese dalla chiusura. Tutti i tentativi per invogliare i boliviani al consumo degli enormi hamburger farciti che hanno reso famosa la catena di Mc Donald's nel mondo si sono rivelati inutili, compresa la musica dal vivo di alcuni gruppi locali, invitati allo scopo di riempire i negozi. "Por qué quebró Mc Donald's?", una coproduzione boliviana, argentina e venezuelana, ha ricevuto numerosi riconoscimenti internazionali, tanto da essere selezionato al Festival del Cinema Internazionale di Goteborg (Svezia) e proiettato in occasione dell'Health Film Festival in Grecia. Il documentario non si limita solo a spiegare le dinamiche sociologiche che hanno condotto Mc Donald's alla chiusura, ma si sofferma sull'utilizzo dei prodotti naturali nella preparazione della cucina boliviana, dove emerge con forza l'identità culturale di un popolo che, unita alla sua ricchezza culinaria, ha dato scacco ad una multinazionale prodotto del mondo globalizzato.

Per una multinazionale come Mc Donald's, che già si era rassegnata a chiudere i suoi esercizi commerciali nelle zone calde del mondo in seguito all'11 Settembre, il fallimento boliviano rappresenta una bruciante sconfitta, resa ancora più insopportabile dalla beffarda colonna sonora del documentario: "a mi paladar non se le impone ni cómo ni cuándo". 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
Il testo è liberamente utilizzabile a scopi non commerciali citando la fonte e l'autore.

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