Guatemala: processo per Ríos Montt
Alla fine l’accusa di genocidio è arrivata anche a lui: per Ríos Montt, presidente del Guatemala tra il 1982 ed il 1983, si aprirà la strada del processo per violazione dei diritti umani.
Il 26 Gennaio 2012 sarà ricordata come una data storica in un paese ancora oggi fortemente escludente e razzista: l’incriminazione dell’ex-militare, ad opera del giudice Patricia Flores, ha ridato speranza ai familiari delle vittime e ai sopravvissuti di quegli anni terribili. I primi anni ’80 segnano il momento peggiore nella storia del paese centroamericano: inizialmente la dittatura del generale Romeo Lucas García, anch’esso un genocida, poi il suo rovesciamento con l’arrivo del generale Montt a capo della giunta militare. Tra un regime e l’altro prosegue la mattanza ai danni di indigeni, contadini, studenti, sindacalisti, attivisti per i diritti umani e militanti legati alla Teologia della Liberazione ed alle comunità cristiane di base. Nel 1981 l’Operazione Tierra Arrasada, massima repressione contro i civili con la distruzione di migliaia di villaggi indigeni. Eliminare l’etnia Maya-Ixil è l’ossessione di Ríos Montt. I crimini di cui l’ex presidente del paese è stato responsabile sono documentati nel rapporto “Guatemala Nunca Más”, il genocidio della popolazione indigena denunciato dalla Chiesa Cattolica e dal rapporto Onu “Memoria del silenzio”: presentato dal vescovo Juan Gerardi il 24 Aprile 1998, rappresentava un atto d’accusa fin troppo chiaro contro i militari, che due giorni dopo lo assassinarono. Montt fu il più grande sostenitore della Dottrina della Sicurezza Nazionale, fondata sull’anticomunismo ed applicata per annientare qualsiasi forma di opposizione sociale. Il giudice Patricia Flores lo ha incriminato come il responsabile più alto in grado della giunta militare e per questo perfettamente informato dei massacri nei confronti della popolazione indigena e non solo. Montt è stato artefice del famigerato Plan Victoria 82, elaborato insieme all’attuale presidente del Guatemala Otto Pérez Molina, in cui stava scritto esplicitamente che, “per combattere apertamente il comunismo era lecito identificare come nemici interni i popoli indigeni, potenzialmente sovversivi e fortemente influenzabili dalla guerriglia per la povertà in cui erano costretti a vivere, la rapina della terra ed il forte lavoro di coscientizzazione operato su di loro dalle forze ribelli”. Non troppo diverso il Plan Firmeza 83 (in cui sono implicati di nuovo Montt e Molina), ma ancora più odioso risultò l’arruolamento obbligatorio dei civili nelle Patrullas de Autodefensa Civil (Pac), macchiatesi anch’esse di crimini orrende, dalle torture alle sparizioni forzate Le persone erano costrette ad entrare nelle Pac da minacce di morte rivolte verso di loro ed ai familiari più stretti: chi rifiutava rischiava nel migliore dei casi di essere punito, ma poteva pagare anche con la stessa vita: di fatto svolgevano un meccanismo di forte controllo sociale a cui era difficile sottrarsi. Sempre in questo periodo nacquero anche i tribunali speciali dove giudici con il volto coperto svolgevano processi farsa e condannavano a morte non solo i guerriglieri, ma anche tutti coloro che venivano avvicinati, per un qualsiasi motivo, ad attività contrarie alla sicurezza nazionale. E’ in questo contesto che Ríos Montt e la sua giunta militare sono riusciti a distruggere il tessuto sociale di un paese già provato da trenta anni di conflicto armado, la cui fine è stata segnata solo dagli accordi di pace del 28 Dicembre 1996 sotto la presidenza di Alvaro Arzú. Su Montt però non pende solo l’accusa per genocidio e repressione durante i due anni alla presidenza del paese. L’ottantacinquenne ex-dittatore deve difendersi anche da un mandato d’arresto internazionale, proveniente dalla Spagna, la cui ambasciata a Città del Guatemala fu distrutta da un incendio il 31 Gennaio 1980. Quel giorno la sede diplomatica era stata occupata da studenti e contadini per far conoscere al mondo intero i massacri commessi dal presidente García contro gli indios del Quiché: i militari, guidati proprio da Montt, incendiarono l’intera struttura, in cui rimasero imprigionati gli occupanti guatemaltechi ed il personale di nazionalità spagnola che lavorava presso l’Ambasciata. Se un dittatore come Ríos Montt è stato costretto al processo, restano tuttavia forti dubbi sulla democraticità dell’attuale presidente Otto Pérez Molina, del Partido Patriota: si tratta di un ex generale proveniente dal gruppo dei militari coinvolti in crimini contro l’umanità all’epoca della dittatura.
Tempi duri per quel piccolo drappello di magistrati e pubblici ministeri che continua, imperterrito, a lavorare, con lo scopo di far luce sulle responsabilità degli alti comandi militari durante il trentennio di guerra civile che ha insanguinato un paese dove ancora c’è molta strada da fare in tema di democrazia e diritti umani.
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