I ruralistas spadroneggiano in Brasile
Il 21 gennaio scorso, a cadere in quella che è sembrata, per le modalità, una vera e propria esecuzione, è stata María de Fátima Muniz, leader indigena della comunità pataxó hãhãhãi e conosciuta anche come Nega Pataxó.
Ad ucciderla è stata una squadraccia paramilitare del gruppo di estrema destra Invasão Zero, che ha fatto irruzione nel territorio ancestrale pataxó (nel sud dello stato di Bahía), secondo la tecnica tipica dei fazendeiros che progettavano incursioni nelle terre indigene allo scopo di sterminare la popolazione. A rimanere ferito nell’attacco è stato anche il fratello della donna, Nailton Muniz, altro esponente storico degli indios pataxó hãhãhãi.
La milizia Invasão Zero, fondata nel 2023 e dedita ad espropriare con violenza le terre indigene, è sempre stata tollerata dalla polizia, tanto che i paramilitari, nella più totale impunità, hanno diffuso dei video dell’assalto sui social network. Lo scopo del gruppo è quello di creare uno stato parallelo a quello ufficiale, grazie ad un arsenale di armi creato soprattutto durante la presidenza Bolsonaro, notoriamente favorevole ad incentivarne l’uso, la vendita e il commercio.
Invasão Zero, che conta su un significativo appoggio di politici di estrema destra in seno al Congresso, si prefigge di recuperare tutti quei territori che loro ritengono esser stati usurpati dalle comunità indigene o da movimenti sociali come i Sem terra all’interno delle loro fincas. Il giorno prima della spedizione che ha ucciso María de Fátima Muniz, i pataxó erano riusciti a riconquistare il proprio terreno. Solo nello stato di Bahía, negli ultimi 30 anni, sono stati assassinati ben trenta leader delle comunità indigene.
Purtroppo, le istituzioni non riescono a contrastare efficacemente le azioni delle milizie paramilitari, né a livello politico né sul piano del controllo del territorio. A comandare resta l’intolleranza tipica del bolsonarismo, nonostante i timidi tentativi di Lula di promuovere politiche favorevoli ai popoli indigeni la nomina di personalità come Joenia Wapichana alla Fundação Nacional do Índio (Funai), per la prima volta diretta da una indigena e la creazione del Ministero dei Popoli indigeni, anch’esso guidato da un’indigena, Sonia Guajajara.
Nei giorni precedenti all’attacco, nei gruppi Whatsapp dei ruralistas, circolava una sorta di chiamata alle armi per sgomberare il territorio riconquistato dai pataxó e, del resto, il coordinatore nazionale della milizia, Luiz Uaquim, potente proprietario terriero del sud dello stato di Bahía e padrone di fincas in numerose terre indigene, non aveva alcuna intenzione di lasciare impunito questo affronto. Solo un mese prima del ferimento di Nailton e dell’omicidio di María de Fátima Muniz, a cadere sotto i colpi dei paramilitari era stato Lucas Kariri-Sapuyá, nella terra indigena Caramuru-Paraguassu.
Al funerale della donna hanno partecipato, tra gli altri, la ministra Sonia Guajajara e la diputata federale Celia Xakriaba, ma nonostante lo Stato brasiliano abbia cercato di far sentire la sua presenza (lo stesso governatore di Bahía, Jeronimo Rodrigues, appartiene al Partido dos Trabalhadores) e Lula abbia promesso che prenderà delle misure urgenti per tutelare la vita degli indios, le milizie paramilitari, finora, godono di un ampio spazio di manovra e agiscono indisturbate. I circa duecento proprietari terrieri che hanno dato l’assalto agli indios pataxó hãhãhãi si erano infatti riuniti indisturbati senza alcun controllo da parte delle forze dell’ordine.
La polizia militare, secondo gli indios, è rimasta ben lontana dai fazendeiros armati e non ha fatto nulla per impedirne l’assalto, secondo uno schema non troppo diverso dall’attacco delle milizie di Bolsonaro al Planalto nei primi giorni del gennaio 2023 per creare il caos in occasione dell’insediamento di Lula.
Sono circa cinquemila gli appartenenti a “Invasão Zero” nello stato di Bahia e gruppi simili stanno nascendo in tutto il paese: per adesso, purtroppo, indisturbati.
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