Per la biblioteca Riccardo Torregiani

Autobiografia di mio padre, Antonio Grossi

Vi propongo qualche riga dal libro che ho dedicato a mio padre e in particolare alla sua esperienza da partigiano.
27 aprile 2025
Maria Letizia Grossi
Fiore rosso Buona domenica. Oggi, a due giorni dal 25 aprile, vi propongo qualche riga dal libro che ho dedicato a mio padre e in particolare alla sua esperienza da partigiano.
Il capitolo si intitola Alba della libertà.
“Dopo quella terribile fine d’estate, con l’eccidio dei miei 16 compagni da parte dei fascisti, l’autunno ci portò una nuova speranza. Si scendeva ad Alba, per prendere e tenere la città, sarebbe stata la prima città libera dell’Italia del Nord. Sfiancato da mesi di guerriglia in collina, il presidio fascista era così indebolito da non azzardarsi quasi oltre le mura cittadine e si mostrava incapace di opporre solida resistenza. Noi delle due Divisioni Garibaldi Langhe calammo dalle nostre colline del Barolo, mentre gli azzurri arrivavano dai rilievi più a sud, vicini alla città. Era il dieci di ottobre.
Entrammo in assetto militare, con passi pesanti e martellanti, ma, una volta raggiunte le case, ci alleggerimmo quasi in una danza gioiosa. Sfilammo nelle vie del centro coi nostri fazzoletti rossi e le nostre stelle, fraternizzando, per quel giorno senza rivalità, con quelli dai fazzoletti azzurri. Acclamati dalla gente in festa, gli evviva e i suoni di campane salivano nel cielo ottobrino come scoppiettanti fuochi d’artificio. Eravamo sballottati, abbracciati dalla folla, ubriachi di momentanea gloria, di strade di città, di profumo di dolci dai caffè, di ragazze vestite a festa, di manifesti vivaci davanti ai cinema, di vacanza dal rischio e dalla guerra, di vite borghesi nelle case, di madri a cuocere minestre. Chi ci offriva da bere, chi ci invitava a casa. Io andai a cercare una farmacia, eravamo da più di un mese senza staffetta e procurare i farmaci per i compagni malati o feriti era compito mio.
Ci accampammo nella deserta caserma del passato regio esercito, su vecchie brande. Tutte le attività cominciarono già dal mattino successivo. Intanto affluivano altri partigiani da tutte le alture intorno, non solo per rafforzare le difese, ma prima di tutto perché anche quei compagni godessero della loro vacanza dalla guerra. Molti la sera tornavano alle loro postazioni sulle colline, per non sguarnire il territorio.
Gli argini vennero fortificati in un giorno, ricavando piazzole per le armi pesanti. La riva sinistra del fiume, di fronte, appariva tranquilla; per quasi tutti i 23 giorni che Alba fu libera, non vedemmo avvicinarsi nessuno e le ricognizioni sull’altra sponda rivelavano la piana libera.
Il nostro governo nella città libera fu ordinato, riuscì a conservare una vita civile normale, con commerci attivi anche verso il territorio limitrofo.
L’occupazione partigiana di Alba propagò il suo effetto di sconfitta e scorno per i repubblichini da Torino fino a Salò, come uno sbrano nel pesante mantello dittatoriale che gravava su tutto il Nord Italia".

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