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Manifestazione nazionale per i diritti degli immigrati
23 febbraio 2009
Ufficio stampa Apg23

L’Associazione internazionale Comunità Papa Giovanni XXIII segue e conosce da molti anni il mondo dell'immigrazione in Italia e all’estero, impegnata in progetti legati alla tratta delle donne e dei bambini schiavizzati, ai nomadi e alle numerose realtà d’accoglienza e condivisione presenti sul il territorio nazionale.
Desideriamo esprimere la nostra preoccupazione e la nostra ferma contrarietà rispetto ad alcune disposizioni contente nel c.d. ddl sicurezza (A.S. 733), anche alla luce degli emendamenti approvati in Commissione, attualmente in discussione al Senato.
Lanciamo una manifestazione nazionale per protestare a che tali disposizioni siano approvate alla Camera dei deputati, e diventino legge.

GIOVEDI’ 26 FEBBRAIO 2009
Roma, Montecitorio, ore 10
Chiediamo di partecipare numerosi, è fondamentale non permettere che venga approvata una legge che ci porterà insicurezza e conflitto.

OSSERVAZIONI SUL DDL SICUREZZA (A.S. 733) E SUGLI EMENDAMENTI APPROVATI IN COMMISSIONE AL SENATO IN MATERIA DI IMMIGRAZIONE

REATO DI IMMIGRAZIONE CLANDESTINA (art. 9 ddl)
Secondo quanto previsto dagli emendamenti approvati, viene sanzionato con l’ammenda da €5.000 a €10.000 (si osservi che si tratta di un reato, non di una sanzione amministrativa) lo straniero che fa ingresso o si trattiene sul territorio nazionale in violazione delle norme del T.U. Immigrazione.
Tale fattispecie appare in primo luogo, inutile in quanto non facilita le espulsioni né incide sul problema dell’effettività delle stesse; l’irregolare già oggi può essere fermato, identificato ed espulso: il procedimento penale costituirebbe soltanto un aggravio delle procedure ed un aumento dei costi per lo Stato.
Né si può pensare che possa costituire un valido deterrente per chi è disposto anche a rischiare la propria vita pur l’opportunità di un futuro migliore; a riprova di ciò, il fatto che, nonostante la ben più pesante sanzione attualmente prevista dall’art. 14 comma 5-ter D.lgs. 286/98 per chi non ottempera all’ordine di allontanamento del Questore (la reclusione da 1 a 4 anni) pochissimi ottemperano volontariamente.
A fronte d’inesistenti benefici, la fattispecie incriminatrice avrebbe invece conseguenze pesanti sull’attività degli uffici giudiziari e delle forze di polizia, impegnate in una gravosa attività connessa al controllo e al processo, con sicuro pregiudizio per gli interessi concreti in materia di sicurezza per i cittadini.
In ultima analisi, l’unico effetto della norma appare quello, assolutamente inaccettabile, di criminalizzare l'immigrato in quanto tale, indipendentemente dalla sua dignità di persona e dalle condizioni di povertà e bisogno che lo spingono a cercare fortuna in un altro paese, rischiando la propria vita pur di migliorare la sua condizione di uomo.

RESIDENZA (art. 16 DDL)
L'art.16 del ddl subordina l'iscrizione anagrafica al possesso di un alloggio conforme ai requisiti igienico-sanitari da accertarsi da parte dei competenti uffici comunali.
Tale restrizione è assolutamente ingiustificabile (anche perché molti fabbricati in Italia non possiedono tale requisito) in quanto la funzione dell’anagrafe è essenzialmente quella di rilevare la presenza stabile, comunque situata, di soggetti sul territorio comunale.
Subordinare l'iscrizione anagrafica alla idoneita' alloggiativa significa penalizzare i più poveri, impedire a tantissime persone di ottenere la residenza e con essa distruggere il fondamento di tutto l'inserimento e di tutta l'integrazione civile, politica e sanitaria.
La presenza sul territorio comunale come puo' essere condizionata da requisiti tecnici? Forse un cittadino e' inesistente o non presente perche' non ha un alloggio idoneo?

TASSA FINO A 200 EURO SUI RINNOVI DEL PERMESSO DI SOGGIORNO
Secondo l’emendamento approvato in Commissione, la richiesta di rilascio e di rinnovo del permesso di soggiorno verrebbe sottoposto al pagamento di una tassa, il cui importo è fissato in 200 euro.
Tale disposizione - in un momento in cui, al contrario, si rivendica una riduzione del carico fiscale - appare del tutto ingiustificata ed eccessivamente vessatoria (si pensi, ad esempio, ad una famiglia i cui componenti devono rinnovare il permesso di soggiorno ogni 1-2 anni) andando ad aumentare in modo spropositati i costi già elevati che già oggi lo straniero deve sostenere (70 euro) a fronte di servizi amministrativi del tutto inefficienti e che presentano ritardi e tempi burocratici elefantiaci (oltre 1 anno per il rinnovo del permesso, dopo interminabili code all’ufficio immigrazione).

CANCELLAZIONE DEL DIVIETO DI SEGNALAZIONE DEGLI IMMMIGRATI IRREGOLARI ALL’AUTORITA’ DI PUBBLICA SICUREZZA DA PARTE DEL PERSONALE SANITARIO
La cancellazione del divieto di segnalazione all’autorità di pubblica sicurezza degli stranieri irregolari che accedano alle strutture sanitarie (oggi contenuto nel comma 5 dell’articolo 35 del decreto legislativo 25 luglio 1998, n. 286 di cui si propone la soppressione metterebbe in serio pericolo l’effettività dell’accesso alle cure mediche degli immigrati irregolari, violando il principio universale del diritto alla salute, fortemente affermato dall’art. 32 della Costituzione. L’attuazione di questa eventuale modifica normativa creerebbe una barriera insormontabile per l'accesso alla sanità e inoltre una 'clandestinità sanitaria’, pericolosa per l'individuo e per la collettività. Le conseguenze potranno essere disastrose, anche per la salute pubblica: invisibilità di una popolazione sottratta ad ogni forma di tutela sanitaria e di contatto sociale legittimo; produzione di percorsi al di fuori dei sistemi di controllo e di tutela della sanità pubblica (rischio di aborti clandestini, gravidanze non controllabili, minori senza assistenza); verificarsi di situazioni di salute estremamente gravi e pericolose in quanto gli stranieri accederanno alle strutture pubbliche solo in stato di gravità irrimediabile (oltretutto con aumento dei costi per le prestazioni di pronto soccorso, comunque garantite, a causa degli interventi da effettuarsi su situazioni già gravi); pericoli per la salute collettiva, stante il rischio di diffusione di malattie trasmissibili a causa dei ritardi negli interventi e il probabile pregiudizio degli interventi di prevenzione.

Più in generale si è in totale disaccordo sulla filosofia che sorregge il provvedimento in esame, che è quella di puntare soltanto sul controllo e la repressione, rendendo più difficoltosa l’integrazione degli stranieri, senza investire in politiche di accoglienza e di integrazione, oltre che in un miglioramento dell’efficienza delle amministrazioni che gestiscono il fenomeno (in primis questure e rappresentanze diplomatiche, le cui carenze sono sotto gli occhi di tutti).
In tale direzione vanno, oltre a quelle già citate, molte altre disposizioni contenute nel ddl e negli emendamenti (si veda, tra le altre, l’allungamento dei tempi per l’acquisto della cittadinanza italiana per matrimonio, le restrizioni previste per i minori stranieri non accompagnati, il c.d. permesso di soggiorno a punti, l’obbligo di esibizione del permesso di soggiorno per poter contrarre matrimonio e ai fini dei provvedimenti relativi agli atti di stato civile) rispetto alle quali ribadiamo la nostra contrarietà.
Invitiamo a riflettere sul fatto che si destinano al contrasto dell'immigrazione clandestina da due a tre volte le somme che si spendono per le politiche di accoglienza e d'integrazione.
Mancano canali d'ingresso nella legalità, soprattutto rispetto alle richieste del mercato del lavoro.
Assistiamo quotidianamente a stragi di clandestini, donne, bambini, uomini, poveri esseri umani che hanno l'unica colpa di voler fuggire dalla fame o dalla guerra e che per fare questo sono costretti a percorrere migliaia di chilometri lungo le rotte che attraversano i deserti africani e poi il Mediterraneo, spesso vittime di trafficanti senza scrupoli .
Nonostante ciò si continua a colpire le vittime di questo immondo traffico piuttosto che i carnefici.
Si continuano, inoltre, a togliere risorse alla cooperazione allo sviluppo, non affrontando l'unica cosa in grado di mettere un freno all'emigrazione, la lotta alla povertà e lo sviluppo.
Al di là dei proclami, non si è mai pensato in maniera approfondita a una azione ad ampio raggio, per affrontare il problema alla base, a risolvere cioè la causa e non a combattere l'effetto.
La fame, da sempre, è molto più forte di qualsiasi legge e di qualsiasi muro ed è proprio per questo che chi ha fame continuerà a credere nel “miraggio europeo”.
E' su questo che facciamo appello alle istituzioni affinché riflettano e promuovano una politica seria per l'innalzamento dei finanziamenti ai progetti di sviluppo, gli unici in grado di combattere la povertà e quindi di agire sulla causa.
In proposito è opportuno ricordare che oggi il contributo italiano ai paesi in via di sviluppo è pari allo 0,09% del PIL nazionale, 322 milioni di euro (l’importo più basso dal 1987!), a fronte di proclami e promesse del tutto differenti: il nostro paese ha formalmente assunto impegni vincolanti con la comunità internazionale per stanziare entro il 2010 lo 0,51%, come tappa intermedia per raggiungere lo 0,7% nel 2015 per la realizzazione degli Obiettivi del Millennio a cui tutti i membri delle Nazioni Unite devono tendere.
Solo una seria cooperazione allo sviluppo e una vera politica sull’immigrazione possono essere la chiave di volta per il nostro futuro, le uniche politiche in grado di garantire una sicurezza reale e duratura.

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