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Ieri sono venuti a trovarmi A, B, C e D
13 agosto 2009
Peppe Sini (responsabile del "Centro di ricerca per la pace di Viterbo")

A è un vecchio amico, è laureato, in Italia è venuto per una specializzazione post-laurea, parla abbastanza bene l'italiano, l'inglese in modo fluente, e un francese fin forbito. Per vivere fa il venditore ambulante. E in questa città il sindaco (che è anche uno dei parlamentari del Pdl che hanno presentato una proposta di legge per dare un'onorificenza agli aguzzini nazifascisti di Salò) lo scorso anno ha emanato una ordinanza - una delle cosiddette "ordinanze contro i lavavetri" - che perseguita gli ambulanti, chi esercita umili mestieri, i poveri, e soprattutto i migranti. A ha una piccola clientela di amici che per convenzione gli comprano qualche sua povera mercanzia; cammina trascinandosi il borsone per i quartieri periferici cercando di non farsi notare, bussa solo alle porte delle persone amiche. Dall'8 agosto, con l'entrata in vigore delle misure razziste e squadriste della legge 94, sa di essere esposto a persecuzioni ancora più gravi. Una volta quando ci incontravamo discutevamo per ore di Keynes e Marx, della deconnection di Samir Amin, della critica al desarrollismo dell'indimenticabile André Gunder Frank, del modello dell'economia-mondo di Wallerstein. Cento volte ho pensato che in un paese civile gli darebbero di corsa una cattedra. Qui, oggi, è minacciato per strada per il colore della sua pelle, se al portone di una palazzina incontra un inquilino che non lo conosce costui si sente in diritto di abbaiargli addosso le ingiurie più idiote e naziste; qui, oggi, A è passibile di condanna penale per il solo fatto di esistere.

E tu, di che razza sei?

B è un amico senza fissa dimora. Ne ho più d'uno. Anni fa, da poco capitato in città, dormiva sotto una panchina nei pressi di una stazione; prendemmo un caffè insieme, gli indicai la mensa della Caritas, un luogo dove dormire al coperto e su un materasso, come rivolgersi ai servizi pubblici per ottenere un minimo aiuto. Vive di lavori precari e della parca generosità di chi non dimentica che tutti fummo schiavi in Egitto. Parla male l'italiano, ma sa altre tre o quattro lingue, tra cui quella di Goethe. Una notte alcuni esuberanti giovinotti hitleriani lo hanno massacrato di botte. Oggi è il governo stesso del nostro paese a perseguitarlo, a dichiararlo una sorta di "non persona". Mi chiede se saprei dove potrebbe nascondersi, o se sia meglio che lasci per sempre le contrade del bel paese là dove 'l sì sona.

C è una valentissima operatrice sociale, con una cospicua esperienza di mediatrice interculturale, prolungate collaborazioni con varie istituzioni che la portano in palmo di mano per le sue apprezzatissime qualità. Parla praticamente tutte le lingue romanze, l'inglese, e qualche lingua africana che io non conosco. Ovunque la conoscano è universalmente stimata e ammirata. Ora è disoccupata, e quindi "clandestina", e quindi "delinquente", e quindi esposta alla persecuzione. Mi chiede in lacrime come sia possibile. Lo chiedo anch'io.

D lavora come badante, è spaventata anche dalla pseudo-sanatoria: sa che dopo la schedatura se la famiglia per cui lavora la licenzierà si troverà ipso facto ad essere una "irregolare", quindi una "delinquente", quindi esposta alla persecuzione: e dopo che sarà stata schedata con la scusa della pseudo-sanatoria sarà più facile per i persecutori catturarla: come una preda alla mercè delle fiere. Anch'io so bene quanto sia elevato il turn-over nel suo lavoro: solitamente le badanti assistono persone anziane, spesso affette da difficoltà cognitive e quindi in difficoltà ad orientarsi nel tempo e nello spazio e con frequenti dispercezioni, cosicché questi assistiti tendono non di rado ad essere diffidenti ed aggressivi, e talora maltrattano le badanti o peggio le accusano di nequizie solo immaginate, e il risultato è che la badante viene licenziata. E una volta licenziata diviene "irregolare", quindi "delinquente", quindi vittima predestinata della violenza delle misure razziste contenute nella legge 94.

Avrei voluto poter dire a questi amici di non avere paura, ma sarebbe stata una menzogna.
Ho detto loro che almeno io, e come me milioni di italiani, non permetteremo che nel nostro paese sia imposto il regime dell'apartheid: che ci batteremo con tutte le nostre forze per difendere la civile convivenza, la legalità così come stabilita dalla Costituzione della Repubblica Italiana, i diritti umani di tutti gli esseri umani.
Mi hanno detto - chi con le parole, chi solo con una smorfia, o con uno sguardo d'intesa - che è bene che ci diamo da fare, e che non perdiamo tempo. Loro sentono già gli scarponi chiodati che battono il selciato alle loro spalle.
Con tutti e quattro ci siamo abbracciati prima di lasciarci. Vorrei poterli abbracciare ancora.

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