Il nuovo umanesimo è la nonviolenza efficace. Mimmo Lucano e il modello Riace
L’esperienza di Riace, un piccolo comune meridionale spopolato che risorge anche economicamente grazie all’integrazione degli immigrati, di cui è stato ideatore e promotore Mimmo Lucano, è un modello di accoglienza e di umanitarismo
L’esperienza di Riace, un piccolo comune meridionale spopolato che risorge anche economicamente grazie all’integrazione degli immigrati, di cui è stato ideatore e promotore Mimmo Lucano, è un modello di accoglienza e di umanitarismo: per questo i propugnatori di un cambiamento fake vogliono “mascariarlo” e distruggerlo, cercando di mandare in galera per “favoreggiamento dell’immigrazione clandestina” l’ex sindaco sospeso dall’incarico (finora sono riusciti solo a restringerlo ai domiciliari e a vietargli di dimorare nel paesino in cui ha esercitato le sue funzioni istituzionali).
E per questo dobbiamo difenderlo e con ciò difenderci dal “cattivismo” imperante, che è una malattia della cultura e della politica, alimentata da chi coltiva il proprio consenso elettorale manipolando le paure del prossimo (l’inesistente invasione degli immigrati, accentuando il pericolo islamico), portando a escludere tutti i presunti “diversi” e, con ciò, minando le basi valoriali della democrazia, comunque la si voglia declinare.
I Gang, a modo loro, attraverso il loro modo di concepire e fare musica, esprimono sostegno a quello che il “modello Riace” significa: l’attuazione del motto “Prima l’umanità, prima le persone”. Questa massima la considero, con gli amici Disarmisti Esigenti, uno dei pilastri della cultura della pace in questo nuovo secolo XXI che si è aperto e che sta procedendo “sul crinale apocalittico della Storia”: da una parte la danza sul baratro dello sterminio a causa dell’intreccio tra il pericolo nucleare e il pericolo climatico, denunciato efficacemente nella sua prefazione da Alex Zanotelli; dall’altra le potenzialità di una nuova società che sta maturando attraverso dinamiche di conversione ecologica sempre più radicate e concrete; e sempre più intimamente connesse con le lotte per la giustizia sociale.
I Gang fanno musica per i vinti della Storia, per la Resistenza, per salvare il “modello Riace”, per la lotta per il disarmo e per la pace (fa pure rima!).
Marino Severini spiega che, in questo suo impegno artistico, ma anche politico, il gruppo è alla ricerca di un nuovo umanesimo: questa ricerca, è il mio partecipe suggerimento a Marino e agli artisti che lo coadiuvano, dovrebbe avvenire “sul cammino della nonviolenza che dobbiamo imparare a percorrere”, come ci invitava a fare Stéphane Hessel, il partigiano francese scomparso nel 2013, tra gli estensori della Dichiarazione universale dei diritti umani, autore del best-seller Indignatevi!.
La nonviolenza di cui parlava il partigiano Hessel, e da me condivisa, non era e non è l’ideologia passiva e moraleggiante del “sopportate le ingiustizie e sforzatevi di perdonare i prepotenti”, ma l’intelligenza strategica fondata sulla forza dell’unione popolare.
Anche per questo con gli amici Laura Tussi e Fabrizio Cracolici, e con molti che hanno scritto in questo libro, intendiamo portare avanti all’interno dell’ANPI la concezione dell’antifascismo sociale, che trae anch’essa impulso dalle riflessioni e dalle sollecitazioni di Hessel.
Ci riferiamo, in particolare, alla sua denuncia, nel citato Indignatevi!, della “dittatura finanziaria” e alla sua proposta di attualizzare i principi su cui si basavano i programmi sociali della Resistenza europea.
Il fascismo dei nostri giorni è attrattivo non perché leva il braccio nel saluto romano e nemmeno perché offre ai suoi adepti l’adrenalina di un nuovo squadrismo; bensì perché propone assistenza sociale agli uomini dimenticati, promettendo alle vittime della globalizzazione neoliberista l’illusione dell’appartenenza a comunità omogenee, “identitarie”, frammentate, l’una contro l’altra, armate nella concorrenza reciproca.
Di conseguenza l’ANPI, in questo contesto, non dovrebbe solo ricordare in eventi celebrativi i martiri della lotta passata di liberazione (i fratelli Cervi!); ma essenzialmente prospettare, promuovendo una grande coalizione democratica, quel modello di società che gli allora giovani resistenti portavano nel cuore e sognavano di realizzare (Giovanni Pesce!); e che oggi significa sconfiggere dappertutto l’oligarchia dell’1% di straricchi e del 9% di “maggiordomi borghesi” che la supporta.
Occorre un cambiamento globale che punti a salvare il pianeta disinnescando le quattro bombe che pendono come una spada di Damocle sulla sopravvivenza dell’intera umanità: la nucleare, la climatica, la disuguaglianza economica, l’oppressione delle donne e dei diversi.
Dobbiamo costruire una nuova internazionale dei movimenti alternativi che sospinga le enormi opportunità di liberazione e trasformazione delle campagne ecopacifiste, a partire da quella per la proibizione giuridica delle armi nucleari, primo passo per la loro eliminazione effettiva.
Ma anche il contrasto del cambiamento climatico può essere reso operativo in Italia con un grande progetto di investimenti pubblici per la piena occupazione “verde” (il “Green New Deal”), una redistribuzione di ricchezza dai “grandi possessori di denaro” ai “lavoratori” (senza divisioni tra Nord e Sud del nostro Paese e del mondo, come Riace insegna) perfettamente plausibile se si convertissero i miliardi stanziati (un centinaio) per le grandi opere nocive (nuove autostrade, nuove trivellazioni, i gasdotti, le basi militari) in messa in sicurezza del territorio e in servizi sociali (case, scuole, ospedali...) attivati al 100% da energie rinnovabili.
Il diritto internazionale costituisce il quadro per l’azione globale, con le articolazioni locali del caso (europea, statale, regionale...): si vedano le enormi implicazioni dell’accordo di Parigi sul clima globale; quindi dobbiamo attuarlo e potenziarlo, evitando traccheggiamenti e dilazioni (è quanto ci sollecita il movimento “Fridays for Future” che nasce dagli scioperi della quindicenne svedese Greta Thunberg), depurandolo dalle logiche di potenza, anche per incardinare la nonviolenza efficace: questa via in cui i mezzi sono omogenei ai fini è quanto mi permetto ancora di suggerire a chi, alla ricerca di un nuovo umanesimo, ha fame di verità e sete di giustizia.
Assicuriamo lottando insieme, nell’orizzonte utopico ma concreto della “terrestrità” comune, la continuità alla fiaccola della vita e risolviamo, “umanisticamente”, cioè nella relazione degli aspiranti liberi ed uguali, l’antagonismo tra società e natura!
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