Palestina

AIC
Fonte: News from Within Gennaio 2003
Mensile dell'Alternative Information Center http://www.alternativenews.org

Questa edizione di News From Within è incentrata sul tema del boicottaggio di Israele. Il fine di quest'analisi non è fare appello ad una particolare forma di boicottaggio, ma esaminare alcune delle svariate posizioni che esistono nella gamma dei boicottaggi possibili.

Per esempio, all'interno delle discussione sul boicottaggio accademico tra il Dr Illan Pappe ed il Dr Joel Beinin (che sostengono entrambi una forma di boicottaggio accademico contro Israele) vi sono punti di contrasto sia per stabilire chi siano gli obiettivi che è legittimo boicottare, sia per decidere quali siano i mezzi per selezionare questi obiettivi. Joel Beinin afferma, sarei portato a dire, che sia di grande utilità il fatto di selezionare gli obiettivi, mettendo in evidenza il fatto che, considerando sia il contesto dell'ubicazione del boicottaggio (per esempio un campus universitario negli Stati Uniti), sia il target considerato (un membro dell'ambito accademico), la domanda prevalente dovrebbe essere quale sarebbe l'impatto di queste scelte- un cambiamento nella politica del governo israeliano intrapreso di volta in volta in base alla situazione.

La riflessione del Dr Illan attribuisce grande enfasi alla necessità di subordinare alcuni determinati risultati del boicottaggi ai movimenti più ampi che si oppongono alle azioni del governo israeliano. Il valore dell'azione individuale sta nel suo rapporto con una strategia più vasta, e la priorità va quindi attribuita al suo effetto generale piuttosto che a quello particolare. Questa distinzione ha degli effetti interessanti nella relazione di un boicottaggio accademico con coloro che lo intraprendono. Per Joel Beinin, un accademico israeliano, chi sostiene il boicottaggio ne è una parte essenziale, mentre per Ilan Pappe gli accademici che sostengono il boicottaggio devono essere preparati a costituirne anche l'oggetto.

Nel mio contributo al dibattito, ho cercato di evidenziare alcune delle questioni che riguardano l'estensione del boicottaggio alla sospensione dell'accordo tra Israele e l'Unione Europea, in virtù della violazione dei diritti umani da parte di Israele, che ne abrogherebbe l'articolo 2. Tale posizione è forse estrema nell'ambito di quelle che sostengono l'utilità del boicottaggio, nel discutere i suoi obiettivi e nel sostenere che forse il boicottaggio di Israele da parte dell'Unione Europea non è la strada migliore da seguire. Ciò che ho tentato di dimostrare è che, nonostante qualsiasi desiderio istintivo di mettere in atto un tale boicottaggio, è problematico tagliare Israele fuori da un'istituzione che costituisce in generale una forza positiva (o perlomeno una meno negativa), nelle relazioni tra israeliani e palestinesi.

Sebbene io lo utilizzi nel mio articolo, non sono del tutto convinto dell'efficacia del principio dell'elevare le considerazioni 'strategiche' o di 'utilità' sopra tutte le altre, cioè non credo che un'azione debba essere intrapresa solo se è chiaro che porterà alcuni determinati risultati. Tra le altre cose, il boicottaggio è anche una forma di punizione, che non implica soltanto dei risultati di assoluta utilità. Le forme punitive esprimono anche rabbia e frustrazione, e portano a casa il messaggio che il comportamento di qualcun altro è semplicemente 'sbagliato', in relazione ad alcuni principi più astratti.

Questo aspetto della decisione di boicottare è qui rappresentato da Sergio Yahni, che attribuisce un maggior valore alla moralità politica del boicottaggio, in base al principio che esso è doveroso, più di quanto non facciano gli altri autori qui presentati. Nel suo intervento possiamo dunque leggere degli appelli al boicottaggio di Israele non basati su obiettivi strategici a breve termine, ma inquadrati in termini di dovere, senza considerare le conseguenze politiche immediate. Senza dubbio, le conseguenze immediate sono subordinate a principi più generali, nello specifico quelli della 'cittadinanza globale'.

La riflessione di Sergio Yahni si riallaccia esplicitamente all'esperienza del Sud Africa, che sicuramente costituisce lo sfondo implicito per tutte le discussioni sulla questione del boicottaggio. Inoltre, credo che si tratti di un modello corretto. Il salto più importante ancora da fare nella campagna di boicottaggio nei confronti di Israele (sia per gli 'oggetti' di boicottaggio israeliani, sia per la maggioranza di coloro che sostengono il boicottaggio di Israele) è considerare le azioni di Israele sbagliate al di fuori degli eventi politici a breve termine- questo o quel muro, questa o quella ri-occupazione, questo o quell'omicidio. Muri, occupazioni e morti potrebbero essere l'obiettivo di boicottaggi strategici ma ciò è solo una parte, e forse non è la più importante, da considerare. Lo stato israeliano è uno stato razzista e discriminatore impegnato in una sottrazione coloniale di territori- questo è il nocciolo del problema e quello che dovrebbe essere il nucleo del boicottaggio.

Note: Traduzione di Susanna Valle per PeaceLink
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