Palestina

THE CASE OF MARWAN EL BARGHOUTI

THE CASE OF MARWAN EL BARGHOUTI

Barghouti was apprehended in Ramallah on 13 April 2002, in what is known as “Area A,” which according to the Oslo Accords falls under Palestinian legal jurisdiction; his arrest is therefore a breach of the Accords.

According to the Oslo Accords - Annex III (PROTOCOL CONCERNING LEGAL MATTERS), Article I:

1. The criminal jurisdiction of the Palestinian Authority covers all offences committed in the areas under its territorial jurisdiction.

5. In the case of an offence committed in the Territory by a non-Israeli against Israel or an Israeli, the Palestinian Authority shall take measures to investigate and prosecute the case, and shall report to Israel on the result of the investigation and any legal proceedings.

Thus, if Israel is accusing Marwan Barghouti of an offence committed while he is living in Ramallah, it has no legal jurisdiction over him. In view of this, some legal experts have asserted that Israel’s apprehension of Barghouti is effectively an act of hostage-taking, or abduction, both illegal under international law. Furthermore, Barghouti is an elected member of the Palestinian Legislative Council, and is therefore entitled to parliamentary immunity.

On 26 May 2002, the Israeli authorities transferred Marwan Barghouti to the Petah Tikva Detention Centre in Israel. This is in clear contravention of the Fourth Geneva Convention, which precisely proscribes the transfer of people under occupation to the territory of the occupier. Article 49 of the Convention states that

Individual or mass forcible transfers, as well as deportations of protected persons from occupied territory to the territory of the Occupying Power or to that of any other country, occupied or not, are prohibited, regardless of their motive.

On 8 July 2002, Barghouti was moved to the Israeli detention centre, “Russian Compound” (Moscowbiya) in Jerusalem. In Moscowbiya he was subjected to physical and psychological abuse, including sleep deprivation, “shabah” and intimidating threats. In Moscowbiya he has been granted some access to lawyers and after more than three months was allowed to see his wife on 17 July.

Despite media reports that Israel has set up a team of twenty legal, intelligence and political experts to prepare an official list of charges against Barghouti, the defence team has yet to be officially notified of any such charges. Effectively, Barghouti has been held since 13 April 2002, without trial and without charge.

Marwan Barghouti’s lawyers continue to encounter difficulties in gaining access to Mr. Barghouti. The Israeli authorities announced that Mr. Barghouti will be tried in an Israeli civil court but no details regarding a proposed date for the commencement of the trial have been released, and no charges have been presented.

The creation of an International Defence Committee for Marwan Barghouti is being currently discussed. PCHR suggests that the Committee be organised in two groups; the first consisting of the three lawyers of Mr. Barghouti and six lawyers from around the world; the second group consisting of representatives from international organisations including FIDH, Euro-Mediterranean Network, Arab Lawyers Union.

PROCESSO BARGHOUTI E SEGUITO

Si è svolta il 3 ottobre a Tel Aviv la seconda udienza del processo a carico di Marwan Barghouti, arres-tato nell'aprile 2002 dall'esercito israeliano nella sua abitazione di Ramallah ed accusato di avere concorso in attività terroristiche contro Israele, anche se in senso tecnico-giuridico le accuse con-tro di lui non sono state ancora formulate. L'udienza è stata invece incentrata sui problemi della libertà dell'imputato e della giurisdizione dal momento che Barghouti, membro del Consiglio Legislativo Palestinese, è stato arrestato in vio-lazione degli accordi di Oslo del 1993 che preve-dono il riconoscimento da parte di Israele della giurisdizione dell'Autorità palestinese sui suoi territori, anche nel caso di reati che si assumono commessi contro Israele, salva la necessaria colla-borazione investigativa. A ciò si aggiunge il fatto che Barghouti è protetto da immunità parlamentare (per fare un esempio quel che è successo è paragonabile alla ipotesi di un parlamentare italiano catturato dall'esercito di un altro Stato entrato sul nostro territorio per sottoporlo a processo nel paese straniero). Erano presenti all'udienza delegazioni del Parla-mento europeo (GUE), del Parlamento francese e gruppi di giuristi francesi, italiani e spagnoli. La partecipazione delle delegazioni straniere cos-tituisce, per i palestinesi e per gli israeliani non oltranzisti, un fattore molto importante, in quanto sottolinea gli aspetti internazionali, sia politici che giuridici, del processo. Il clima infuocato che si è registrato nel Palazzo di Giustizia rappresenta dal canto suo un'ulteriore riprova del carattere forte-mente politico del processo, peraltro molto carente dal punto di vista delle sue basi giuridiche. La stessa scelta, del tutto arbitraria, di Tel Aviv co-me sede del processo,rappresenta a sua volta una conferma di tale carattere, che vede lo Stato israeliano in quanto tale procedere contro uno dei più importanti, amati e popolari dirigenti palestinesi. E' molto significativo il fatto che Barghouti sia difeso, oltre che dal brillante avvo-cato palestinese con cittadinanza israeliana Jawad Boulos,anche da un avvocato ebreo-israeliano, Shamail Leibowitz, la cui presenza nel processo esprime la necessità di un'effettiva conciliazione e coesistenza fra due popoli e due Stati, oggi presente in settori crescenti della società ebreo-israeliana. Il fatto che questa stessa società sia oggi peraltro spaccata in due fronti contrapposti sulla questione cruciale del rapporto con il popolo palestinese è dimostrata dalla furibonda rissa scoppiata tra pacifisti e gruppi contrari al processo di pace e dalle tentate aggressioni subite da Leibowitz, colpevole di avere deciso di difendere un palestinese. La strategia processuale adottata da Marwan Barghouti e dai suoi difensori è basata sulla negazione della giurisdizione israeliana, per effetto della IV Convenzione di Ginevra (ratificata anche da Israele), degli Accordi di Oslo già citati e della necessità di rispettare la sovranità palestinese. La IV Convenzione di Ginevra impone infatti una serie di obblighi a Israele in quanto potenza occupante, ripetutamente violati anche in questa occasione, mentre dagli Accordi di Oslo e da quelli che ne sono scaturiti in seguito emerge senza dubbio un'autonoma e come tale riconosciuta sfera giurisdizionale dell'Autorità palestinese. Il tentativo di criminalizzare Barghouti , accusato genericamente di essere coinvolto in organizza-zioni terroristiche e nel compimento di attentati, risponde alla necessità, sentita dal governo Sharon, di deviare l'attenzione dell'opinione pubblica interna ed internazionale dalla vera causa di fondo della situazione attuale, che è costituita dalla persistente occupazione israeliana dei territori pa-lestinesi, in palese violazione delle norme inter-nazionali e in dispregio delle ripetute risoluzioni ONU. Significativa appare del resto la circostanza che, incriminando Barghouti, si voglia colpire uno dei dirigenti palestinesi che più si sono adoperati proprio per il dialogo con Israele, da tutti i sondaggi accreditato, sino alla sua cattura, come uno dei possibili successori di Arafat. La questione della giurisdizione sarà definita all'udienza del 21 novembre, per la quale i giuristi democratici italiani puntano ad organizzare una ulteriore delegazione. Il problema della illegittimità della detenzione non riguarda solo Barghouti: sono almeno cinquemila (ma il numero è per difetto e varia continuamente) i palestinesi oggi detenuti da Israele in violazione dei più elementari principi della dignità umana e anche da questo punto di vista Marwan Barghouti costituisce un simbolo importante. Da gli incontri svolti successivamente alla parte-cipazione all'udienza di Marwan Barghouti (incontri con i difensori di Barghouti, a Ramallah con Fatwa Barghouti, moglie di Marwan e avvo-cato, con gli avvocati del Centro Palestinese dei diritti umani di Gaza, con il presidente del Bar Association in Ramallah e Gaza) sono infatti scaturite le seguenti significative informazioni: Ci sono migliaia di detenuti palestinesi deportati nelle prigioni israeliane (il numero oscilla da 5.000 a punte di 10.000) dopo essere stati prelevati nei loro territori. Va precisato che l'art.49 della IV Convenzione di Ginevra vieta alle Potenze occupanti di ricorrere a deportazioni individuali e di massa, attribuendo alle persone sottoposte ad occupazione lo status di persone protette. Secondo lo statuto della Corte Internazionale Penale tali condotte sarebbero qualificabili come crimini di guerra o contro l'umanità ma, come è noto, Israele non ha comunque aderito. E quindi anche in futuro potrà sottrarsi alla giurisdizione del nuovo organismo internazionale. Molti di questi detenuti sono sottoposti a deten-zione amministrativa, misura applicata sulla base di una sorta di presunzione di pericolosità, a prescindere dalla formulazione di un'accusa, e viene prorogata in modo del tutto arbitrario dall' autorità giurisdizionale israeliana. Tra i detenuti ci sono centinaia di ragazzi infradi-ciottenni e decine di donne. La tortura viene praticata in modo sistematico (l'ospedale di Gaza ospita centinaia di persone rilasciate ma sottoposte a tortura). I sistemi utilizzati vanno dalla privazione del sonno all'immobilità forzata con rumori assordanti nelle orecchie, dal pestaggio continuo al rimanere appesi come nella migliore tradizione medievale. Le condizioni di vita sono degradanti. Alcuni centri detentivi sono all'aperto, costituiti da tendoni, ine-sistente l'assistenza sanitaria. Di fatto vengono negati i permessi di visita ai familiari, senza motivo, e ci sono detenuti che non hanno da anni rapporti con familiari e avvocati. La stessa moglie di Barghouti, che è avvocato, dopo un primo colloquio i primi di maggio, non ha più avuto il permesso di visitarlo ed anzi le è stato ordinato di non presenziare al processo. Questo è un aspetto molto importante della repressione e che, ripor-tano gli avvocati, non si era verificato durante la prima Intifada. Agli avvocati palestinesi è negato il permesso di difendere (e anche visitare in carcere) i propri assistiti davanti alle Corti Militari israeliane (per quelle civili bisogna inoltre avere una speciale abi-litazione), ad eccezione di un numero davvero esiguo (4-5 su oltre mille), impossibilitato a far fronte al numero enorme di palestinesi privati della libertà personale. I palestinesi restano pertanto sprovvisti di ogni tutela, non avendo i mezzi per rivolgersi ad avvocati israeliani. Va precisato, secondo quanto hanno riferito gli avvocati incontrati, che è possibile in Israele celebrare processi senza difensore per reati puniti sino a 10 anni, mentre per quelli con pena superiore è previsto il difensore d'ufficio. La decisione (forse scontata) sul difetto di giuris-dizione di Israele a giudicare Barghouti sarà definita all'udienza del 21 novembre, per la quale i giuristi democratici italiani puntano ad organizzare una ulteriore delegazione.

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