Palestina

TENDE DI PACE A RAFAH

TENDE DI PACE A RAFAH

SERVIZIO CIVILE INTERNAZIONALE

Via. G. Cardano 135, 00146 Roma - 06.5580661/5577326 - E-mail: info@sci-italia.it

Campagne di Interposizione Civile in Palestina

Il Servizio Civile Internazionale sostiene da quasi un anno le campagne diinterposizione civile dell‚International Solidarity Movement e continua ad organizzare campi di lavoro nei territori occupati facilitando la formazione e l‚invio di gruppi di attivisti e volontari.

L'ISM è un movimento pacifista costituitosi all'inizio della seconda Intifada. Al movimento partecipano attivisti palestinesi, israeliani e internazionali con l'obiettivo di promuovere la protezione del popolo palestinese attraverso l'azione diretta non-violenta della società civile.

Crediamo che la presenza internazionale, se coordinata e numerosa può ridurre l‚aggressività, può evitare le demolizioni delle infrastrutture ed è importantissima per rompere l‚isolamento al quale i Palestinesi sono costretti e per costruire un‚informazione alternativa.

Le attività di interposizione sono diverse e variabili relativamente al luogo ed alla situazione contingente nella quale si svolge l'intervento. In generale le attività consistono in protezione di infrastrutture (case a rischio di demolizione, ospedali, ecc.), accompagnamento di persone nei luoghi di lavoro o studio, accompagnamento di ambulanze in casi di emergenza, distribuzione di cibo in caso di coprifuoco prolungato, osservazione e interposizione ai check point ecc.

Il Servizio Civile Internazionale organizza dei seminari di formazione finalizzati a preparare i volontari prima della partenza e a formare dei gruppi "di affinità". Al ritorno i volontari sono coinvolti in attività di valutazione, testimonianza e programmazione della campagna successiva.

Il prossimo gruppo partirà a Pasqua.

E' prevista una campagna estiva che si svolgerà nei mesi di luglio e agosto. Le informazioni sulla prossima campagna saranno disponibili da maggio sul sito www.sci-italia.it

TENDE DI PACE A RAFAH
Rafah
Striscia di Gaza

Palestina Occupata

Rafah, citta' martire al sud della striscia di Gaza, al confine con l'Egitto. In poco piu' di due anni di Intifada 220 assassinati di cui 50 bambini. 600 case demolite dai bulldozer israeliani, piu' di 1500 feriti di cui 102 disabili permanenti. A Rafah, Israele sta costruendo un muro, il muro di separazione con la frontiera con l'Egitto. Per erigerlo si sta creando una fascia di 100-150 metri di "sicurezza" per cui distrugge e devasta tutte le case e le coltivazioni palestinesi in questa area. Gli abitanti di Rafah vivono con la costante minaccia della morte poiche' i tanks israeliani sparano alle case, alle persone lungo il confine... Case sforacchiate, famiglie martirizzate, terrorizzate, con il pericolo costante di una pallottola o di una cannonata. Persone che ogni giorno temono sia il giorno o la notte in cui il bulldozer distruggera' la loro casa.

Il muro e' stato costruito per circa 1,5 km e 2 torrette sparano anch'esse sui civili palestinesi, colpendo le case, i contenitori dell'acqua, le antenne tv. A un estremo del muro c'e' Sa'al adin gate una specie di porta, torre, postazione da cui l'esercito, spara e dove sono posizionati alcuni tanks permanenti. Altrimenti i carri armati percorrono tutto il confine sparando indiscri-minatamente alla popolazione civile. Un'altra torre e' posizionata ad ovest di Rafah e controlla con i suoi cecchini gran parte della fascia di sicurezza nonche' il quartiere Zorob, il campo di Tel al Sultan e altre zone della citta'. Questa torre obbrobriosa spara anche missili ed e' responsabile della morte di molti civili, cosi' come Sa'aladin gate. Gli abitanti di Rafah non possono andare al mare poiche' l'accesso e' bloccato da 1 check point nella zona ovest. Questo check point impedisce da 2 anni il libero transito a Mawasi, importante villaggio agricolo nella zona. Molti abitanti di Mawasi non possono tornare alle loro case. La situazione e' di poverta', oppressione e grande stress. I bambini vivono un clima di perenne tensione e spesso gli spari impediscono il corso delle lezioni.

Campagna di Interposizione Civile Dell'ism a Rafah Dicembre 2002/Gennaio 2003

In questa situazione ci troviamo ad arrivare il 18 dicembre 2002 5 attivisti dell'International Solida-rity Movement www.palsolidarity.org.... Spari tutta la notte e in parte della giornata, esplosioni. L'idea e' quella di dormire nelle case a rischio cosi' da proteggere i Palestinesi dagli spari e dalle demolizioni. E' la prima volta che degli interna-zionali operano a Rafah e la situazione e' molto confusa e disorganizzata. Non si sa bene cosa fare per dare una reale protezione ai Palestinesi poiche' i tanks sparano indiscriminatamente soprattutto la notte. Si pensa che protestare alla torre o alla porta sia pericolosissimo e pazzesco muoversi davanti ai tanks. Qui i bambini non si possono permettere di tirare pietre perche' i soldati sparano pallottole ad alto potenziale e non c'e' contatto con l'uomo ma solo con macchine e torri. Il 22 dicembre vari proiettili entrano nella casa dove e' ospitata un'attivista americana... Lei e la famiglia sono costretti a buttarsi al suolo.

Il 23 dicembre un attacco in grande stile si svolge in block j... Dopo una grande sparatoria e la demolizione di alcune case io e due attivisti decidiamo di rimanere con il capofamiglia palestinese e il fratello nella casa. Si pensa a come rendersi visibili a come provare a stoppare tanks e bulldozer. Mentre spari risuonano e si ragiona sul da farsi 2 esplosioni risuonano vicinissime e il capofamiglia decide di scappare dalla casa... Pochi secondi dopo una terza esplosione colpira' le stanze dove eravamo. Nella notte 12 tanks e un elicottero apache distruggeranno piu' di 10 case. Da questa esperienza capiamo che dobbiamo trovare una via per rendere utile la nostra presenza e verificare se abbiamo qualche potere di ostacolare la violenza israeliana. Il 29 dicembre, in 20 attivisti internazionali, con 20 contadini di Mawasi cerchiamo di entrare al check point che ostacola l'accesso al villaggio. Dalle torrette sparano e feriscono di striscio alla testa un reporter palestinese. Ritorniamo 2 giorni dopo con solo 3 contadini palestinesi. Questa volta non sparano ma si appostano con la polizia militare impedendoci di entrare.Sono azioni che ci fanno guadagnare fiducia da parte dei palestinesi e in noi stessi. Il primo di gennaio 2003 finalmente riusciamo a far passare dei medicianali per la popolazione di Mawasi, non prima di essere stati ripetutamente malmenati dai soldati israeliani all'ingresso del check point. Lo stesso giorno cerchiamo di bloccare la demolizione gia' avviata di una casa a Brazil ma i 2 bulldozer continuano la loro opera ricoprendoci di terra e costringendoci a desistere. Il 2 gennaio, un'altra demolizione di case in block j ci vede protestare per 2 ore davanti al carro armato che spara in terra e sopra le nostre teste, ci viene incontro e tira bombe lacrimogene; dopo questa azione, sia la gente del quartiere che noi stessi incominciamo a capire di avere delle possibilita' di ostacolare gli attacchi da parte dell'esercito israeliano. L'importante e' rendersi visibili.



LE PRIME TENDE DI PACE A RAFAH

Nasce cosi' l'idea di piantare delle tende di pace e di interposizione davanti alle case per proteggere la popolazione civile dagli spari e rendere tangibile la nostra presenza nella zona.

Il 3 gennaio viene piantata la prima tenda nel block j. Sono i palestinesi stessi a montarla. Questa prima tenda diventa in pochi giorni una piccola fiammella di allegria e di presenza umana in una zona considerata pericolosissima. Pochi giorni dopo una seconda tenda verra' posizionata a Brazil (altro quartiere di Rafah). Fino al 15 di gennaio, la presenza massiccia di persone fa si' che gli spari e la incursioni in tutta Rafah diminuiscano di intensita'. La campagna dell'ISM finisce proprio il 15 lasciandoci in 3 e riducendo cosi' la possibilita' di effettuare un'efficace protezione. Si pensa cosi' a lanciare un appello per un invasione di tende a Rafah.

Nel frattempo intensifichiamo i rapporti con la gente facendo amicizia, organizzando incontri e preparando il terreno per un coordinamento futuro. Svolgiamo anche dei lavori con i palestinesi proteggendo gli operai che riparano le condutture dell'acqua distrutte dai bulldozer e i pali dell'elet-tricita'. Aiutiamo anche i palestinesi a lavorare sui tetti delle loro case offrendogli quella protezione che e' mancata a uno di loro il 23 gennaio quando, riparando l'antenna, e' stato ucciso da una delle 2 torrette del muro costruito. Lo scarso numero non ha potuto evitare che il 25 gennaio, proprio nel quartiere dove avevamo una delle due tende, un tank di passaggio sparasse uccidendo un piccolo bambino di 8 anni. Eravamo li' 3 ore prima e siamo tornati nella zona 40 minuti dopo. Nonostante queste tragedie, abbiamo constatato che la nostra azione, soprattutto se numerosa e coordinata, puo' ridurre le uccisioni e gli spari da parte dell'esercito e tentare di bloccare la demolizione delle case. La presenza e' poi importante come sostegno morale a un popolo duramente afflitto da una situazione disperata.

NO MORE TENDS IN RAFAH

about the tent campaign - background:

we originally placed a tent in block J in rafah for a number of reasons: - we would be in a position to intervene at night in an area. - we could block army fire into areas - they can't demolish houses with us right next to them. but:

- we can intervene at night anyway. - the army just shoot over the tent (one night they actually shot into it once we'd gone out to confront them) - they can't demolish houses with us in them either. one family did move back into their house as a result of the tent. similar successes have now ben achieved by people offering to sleep in families houses. a second tent was set up in 3 different locations. It was moved from each one because the commuity didn't want it. it attracted palestinians who the community considered bad: thieves, drug dealers etc. they in turn attracted fire from the israeli army, putting us and them at risk. Me and Ellie nearly got machine gunned down as a result. activists had to stay in the tents all day and all night. this was impossible hard and made them unable to do actual activism. the day after nicola left, the tents were taken down. Ghassan Andoni gave an assertion to angela bukowy over the telephone (she said) that the tent campign would be supported by ism - she passed this on to nicola. Ghassan did this without understanding the situation (or apparently remmebering what he said). so no one can be blamed for thinking the tent campign was a widely supported idea. reasons why we don't think a tent campaign is a good idea:

- it destroys activists' energy, morale and effectiveness - there is not community support for the idea in many areas (some are even hostile to it)

- it prevents us doing anything else during the day - we can;t leave the tents or they attract palestinians to dangerous areas while we are not there to provide some shielding. - staying in tents is an internationals only action - the activists doing it are not in solidarity with the people. it prevents people staying in the homes of threatened families - tremendously important work as we know from nablus. - it sometimes hinders the armed resistance, who would have to shoot over our heads. - tents attract either shebab or mujahedeen (sent to drive the shebab away by some local big boss). The former harass women, steal possessions (over $400 worth so far), and generally stress people out. The latter give the israeli army infra red images of us sitting in tents near the border with men holding kalashnikovs. (these men often run away across no-mans land when they here the sound of tanks) the position of the longtermers now present in rafah: the ism is not around to tell people what or what not to do. so we are not saying: there will be no tent campaign. it's just that none of us here now think that it's a good idea for the reasons above, so we will not be preparing for this idea - we do have lots of other stuff to do though. if people want to come with tents we can certainly discuss their ideas as we would discuss any other.

We would like to emphasise to everyone who was going to come for the tent campaign the value of protecting a family's house at night by sleeping in it. also the emotional support and solidarity this provides the family. there is so much else to do in rafah that's more efective than staying in tents all day and night. we are considering staying in abandoned houses as an option midway between the two. we do badly need gutsy people - most operations in rafah are all about how much danger you are prepared to put yourself in.

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