Don't buy into occupation, la finanza europea nell'assedio dei territori palestinesi
Invitiamo alla lettura dell'articolo di Marianna Lentini sul rapporto 2025 di Don't buy into occupation (DBIO), tradotto qui in italiano dal periodico telematico Kritica.
Il documento fornisce un elenco non esaustivo delle istituzioni finanziarie europee (tra cui banche, gestori patrimoniali, compagnie di assicurazione, fondi pensione e la Banca europea per gli investimenti) e delle imprese che fanno utili e profitti con l'occupazione di Israele dei territori palestinesi.
I settori economici rilevati sono: industria militare e della sicurezza; tecnologia; sfruttamento delle risorse naturali; vendita e/o trasferimento di energia; costruzioni e demolizioni; servizi finanziari; servizi a sostegno e mantenimento degli insediamenti.
È riconosciuto che le aziende abbiano degli obblighi ai sensi del diritto internazionale in materia di diritti umani e del diritto umanitario. Le aziende, insieme ai loro dirigenti, membri del consiglio di amministrazione e dipendenti, possono essere ritenute direttamente e/o indirettamente responsabili di crimini internazionali e violazioni dei diritti umani.
Il quadro giuridico di riferimento in materia è composto da le Convenzioni di Ginevra, i Regolamenti dell'Aia, la Convenzione sul genocidio, i Principi guida delle Nazioni Unite su imprese e diritti umani (UNGPs), le Linee guida dell'Organizzazione per la cooperazione e lo sviluppo economico per le imprese multinazionali sulla condotta responsabile delle imprese (Linee guida dell'OCSE).
Sui dati finanziari raccolti, DBIO precisa che riguardano gli investimenti totali. Non sostiene che l'intero flusso di capitali sia destinato esclusivamente ad attività israeliane nei territori palestinesi occupati, tuttavia, indipendentemente dall'entità dell'investimento o dalla percentuale di capitale che affluisce direttamente in quelle attività invita investitori europei e istituzioni finanziarie a condurre una rigorosa due diligence sui diritti umani e, quando la conformità fallisce, a disinvestire e disimpegnarsi. Il rapporto esorta inoltre i governi europei ad emanare regolamentazioni più rigorose, tra cui il divieto di commercio e flussi finanziari che supportano le imprese di insediamento, le esportazioni di armi e altre attività che facilitano abusi di diritti occupazionali e sistemici.
La prefazione al rapporto è scritta da Francesca Albanese relatrice speciale delle Nazioni Unite che attribuisce a DBIO molta influenza nello sviluppo del suo lavoro.
Cos'è DBIO
È una rete di 25 organizzazioni con sede in Belgio, Francia, Irlanda, Paesi Bassi, Norvegia, Spagna e Regno Unito (UK) che insieme indagano ed espongono le relazioni tra le imprese coinvolte negli insediamenti illegali israeliani nel Territorio Palestinese Occupato (OPT) e le Istituzioni Finanziarie Europee (FIs). Il lavoro di DBIO è supportato da Profundo un team multidisciplinare di ricerca orientato alla sostenibilità e alla giustizia sociale, con sede ad Amsterdam.
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