Intervento di Massimo Toschi
Si sono celebrati in questi giorni i 35 anni della "Lettera ai giudici" (la data della sua deposizione al processo è proprio il 30 ottobre 1965) e dell'inizio del processo a don Milani. Celebriamo questi 35 anni nel cuore del Giubileo i cui segni, per l'evangelo, sono la pace e i poveri, non certo lo spettacolo, i numeri, i frastuoni, che spesso ci invadono fuori di ogni misura, quasi che la fede senza lo spettacolo, i numeri, i frastuoni non conti niente, anzi talora sembra che lo spettacolo, i numeri e i frastuoni diventino la misura della fede.
La "porta santa" di Barbiana che oggi noi attraverseremo nel silenzio (quella sì è una porta santa, non quella di Bonifacio VIII!) ci apre al mondo dei poveri e della pace o per meglio dire al vangelo della pace e dei poveri e perciò stesso allo scandalo e alla follia della croce.
In questo nostro viaggio penitenziale a Barbiana, alla scuola di Barbiana, alla chiesa di Barbiana, alla tomba di don Lorenzo (scendete fino al cimitero e guardate dove è sepolto, forse capirete qualcosa di lui...), testimone del vangelo sine glossa, dobbiamo innanzitutto chiedere perdono.
Chiediamo perdono innanzitutto perché siamo una chiesa ricca e non la chiesa dei poveri, annunciata da Giovanni XXIII e vissuta da don Lorenzo con i suoi ragazzi. Una chiesa ricca di potere, di prestigio, di soldi, che talora sembra pretendere di guidare il mondo e di far parte del coro degli arconti del mondo. Una chiesa che sembra incapace di essere la casa dei poveri, il luogo di riposo dei senza dignità e dei senza speranza. Pronta a usare e a servirsi dei poveri per affermare se stessa, ma mostrando raramente la tenerezza della madre verso chi è nella prova e nella vergogna.
Chiediamo perdono perché siamo una chiesa che non opera la pace secondo il vangelo e che dunque, secondo le Beatitudini, non potrà essere figlia di Dio. Dalla "Lettera ai giudici" alla teologia dell'ingerenza umanitaria, che ha permesso al nostro paese di essere di nuovo protagonista di una guerra, il passo è intollerabilmente e scandalosamente lungo. Abbiamo arrossito del vangelo e ci siamo vergognati di esso e di stare nel mondo come agnelli in mezzo ai lupi. Non abbiamo pensato alla tragedia delle vittime, abbiamo cercato di essere solamente dei buoni carnefici, così buoni da offrire la nostra solidarietà alle vittime che stavamo producendo.
Permettetemi un inciso: le vicende tragiche di questi giorni in Palestina e Israele ce lo impongono. Sapete che c'è tutta una discussione intorno ai luoghi santi e anche la Santa Sede ha una posizione in merito. Ebbene, io credo che la Santa Sede dovrebbe dire che il Santo Sepolcro non vale la vita di un bambino, perché non esistono luoghi santi, solo le persone lo sono! e che non si possono uccidere le persone per custodire dei luoghi. Questa è una vecchia teologia che abbiamo custodito nel nostro seno.
Chiediamo perdono perché abbiamo trasformato l'obiezione di coscienza al servizio militare nel servizio civile: una dignitosa e utile forma di servizio sociale alla patria, che ha progressivamente nascosto la critica evangelica all'esercito come struttura di guerra, che contraddice il vangelo. Per cui oggi, con la nuova legge approvata in parlamento sul servizio militare professionale, sembra che sia finita l'obiezione di coscienza al servizio militare, quando è vero esattamente il contrario. Infatti, credo che vada rivendicato il valore dell'obiezione di coscienza da parte dei soldati, perché anche nell'esercito professionale si dovrà affermare l'obiezione di coscienza verso ordini ingiusti. Non credo, infatti, che sia accettabile nell'esercito professionale bombardare ospedali o centrali elettriche, come è avvenuto in Serbia, o utilizzare l'uranio impoverito: i soldati andranno sostenuti dalla Chiesa e dai credenti per disobbedire a simili ordini. La "Lettera ai giudici" non era rivolta agli obiettori, bensì ai giovani che svolgevano il servizio militare, come appare chiaro dalle ultime espressioni. E questo va detto con forza.
Avendo chiesto perdono al Signore, possiamo invocare la grazia di questo singolare giubileo a Barbiana. Innanzitutto la grazia di obbedire sempre al comando di Dio e all'appello del vangelo di Gesù, e potremmo dire per i non credenti all'appello della coscienza, anche se questo significa mettere in questione la nostra vita. Attenzione: l'obbedienza non è più una virtù significa anzitutto obbedienza a Dio, al suo primato, non alle leggi degli uomini. Obbedire, dunque, senza cedere alle parole vane e vuote degli uomini, anche degli uomini religiosi, sempre pronti a giustificare la violenza, le sue armi e sempre disponibili a mettere tra parentesi le urgenze dell'evangelo. Proprio qui, quest'oggi, abbiamo sentito parlare della Chiesa militare. Se andate a leggere le conclusioni del Sinodo della Chiesa militare italiana del 1999 vi troverete delle affermazioni che contraddicono formalmente il Vangelo, quando ad esempio si dice che l'impegno militare è iscritto nel nostro battesimo. Il tutto, nel più grande silenzio della Chiesa. È questa la grande lezione della "Lettera ai giudici", per cui l'obiezione di coscienza è sempre a singoli atti cattivi, come scrive don Lorenzo a Michele, che non voleva fare il servizio militare, e non a una condizione di vita protetta per legge. Questo tra l'altro significa che l'obiezione di coscienza è come dire un atteggiamento permanente del cristiano, che non si adegua alla logica del mondo, delle sue culture dominanti e della violenza che ne è la legge suprema.
Chiediamo la grazia della santa povertà, quella povertà che ha attraversato la vita di Gesù dalla mangiatoia alla croce, quella povertà che è assenza di pretese, che è rifiuto dell'ossessione delle prescrizioni, che è condivisione della vita dell'altro nella sua differenza e nella sua alterità, che è guardare il mondo con gli occhi delle vittime, dei poveri, dei piccoli, senza avere la presunzione di dominarlo e di guidarlo, che è amicizia verso tutti, spezzando la logica della paura che fa alzare muri anche religiosi (ricordiamoci che don Lorenzo mandò Francuccio a studiare in Algeria!). Povertà che è rifiuto della logica del nemico e della difesa, perché si difende solo chi è ricco e forte, e oggi sembra proprio che il nuovo nemico dal quale difenderci sia l'islam: scomparsi ormai i comunisti, oggi ci sono i musulmani... Pensate a quanto le dichiarazioni che noi diciamo qui in Italia possano pesare per i cristiani che vivono in Algeria o in altri luoghi. Per questo, oggi a Barbiana dobbiamo chiedere al Signore la grazia di essere una chiesa senza nemici, una chiesa senza difesa, dobbiamo chiedere al Signore il dono della debolezza e della povertà. Tutto questo è stato vissuto a Barbiana: una povertà di mezzi e del cuore, per seguire il Signore nel servizio ai più piccoli, non cercando che il vangelo e nient'altro.
La chiesa di Barbiana, la chiesa di don Lorenzo è icona della chiesa che il Signore vorrebbe in questo secolo che va a cominciare. I trionfalismi ecclesiastici sono destinati a passare, le grandi adunate spesso coprono vuoti profondi, la mediatizzazione della vita religiosa appare solo la manifestazione della sua inconsistenza e del suo fallimento. Dobbiamo tornare a Barbiana per attingere alla fonte fresca e inesauribile che il Signore ha deposto in questo luogo, una fonte che disseta i poveri e alimenta la pace, la fonte del vangelo. C'è qui il pozzo della samaritana, c'è qui il Signore, che da questo pozzo ci dona l'acqua fresca e limpida della parresia e la martyria, che sconfiggono ogni rassegnazione
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