Carissimo Vescovo Raffaele...

...in questi giorni di lutto, drammatici e dissennati, durante i quali sono
abbondate sciagurate mistificazioni su guerra e apparati militari, ancora
una volta ti sei rivelato pastore che non abbandona il gregge alle grinfie
della cultura di morte. In mezzo a tanti falsi profeti che parlano di pace
ma hanno nel cuore la guerra e che la guerra stessa chiamano pace,
finalmente abbiamo potuto riascoltare il Vangelo, nel tuo richiamo generoso
ai valori autentici della nonviolenza, davanti alle inutili morti dei
soldati italiani ai quali –dietro lauto compenso- si è lasciato intendere di
partecipare ad un’azione di pace anziché ad una guerra che calpestava il
diritto internazionale e il dialogo tra le culture. Scellerati quei
governanti e parlamentari che, dopo aver mandato al massacro tante persone
per difendere indifendibili interessi economici e politici, oggi vogliono
farci credere di piangerli.
Gli attacchi che ti sono giunti li sentiamo pesare anche su di noi, mentre
con te ricordiamo che la Chiesa non può esaltare la forza militare. Un
soldato non sarà mai un operatore di pace, ma sempre solo la sua negazione.
L’unica arma consentita al cristiano è la Parola di Dio che, come una spada
a doppio taglio, penetra fin nelle profondità delle donne e degli uomini e
li provoca a schierarsi: o con Dio o con il denaro.
Allora grazie per la testimonianza difficile che ogni giorno ci offri, non
farcela mai mancare: essa ci conforta e riesce persino a farci dimenticare
per un po’ che ci sono pastori integrati nelle Forze Armate, che hanno
offuscato l’abito nuovo del sacerdozio con la vecchia divisa di guerra.
Scusaci il tono colloquiale di queste righe, attraverso le quali abbiamo
voluto pubblicamente esprimerti la nostra piena solidarietà, ma
affettuosamente ti pensiamo e salutiamo quale nostro coraggioso fratello e
pastore con cui camminare sulle strade della pace, che mai si incrociano con
quelle della guerra.