La sfida ecologica del riutilizzo alla cultura dell’usa e getta.

SCUSI, ME LA RICARICA?

10 settembre 2006
Matteo Della Torre (Casa per la nonviolenza, associazione di ispirazione gandhiana.)
Fonte: Il grido dei poveri, mensile di riflessione nonviolenta.

Macchina per la distribuzione di latte alla spina - Azienda Agricola Ferioli (Bologna).

Le colossali buche nel terreno impermeabilizzate con cemento e plastica, chiamate discariche controllate, dopo pochi anni si saturano debordando in montagne di rifiuti. Dentro queste montagne ci sono migliaia di tonnellate di oggetti a ciclo di vita cortissimo: bottiglie di vetro, bottiglie, flaconi e vaschette di plastica, barattoli, imballaggi, rifiuti organici, carta e cartone, cassette per la frutta, sacchetti di cellophane... In Italia il problema dello smaltimento dei rifiuti ci vede fronteggiare uno stato di continua emergenza.
Il pesante impatto ambientale dei consumi familiari fa sorgere pressanti interrogativi sulla sostenibilità ecologica delle abitudini di consumo. Una famiglia italiana di quattro persone produce ogni anno 2.080 chilogrammi di rifiuti. L’obiettivo di una decisa inversione di tendenza verso la riduzione dei rifiuti e dei consumi energetici pro capite/anno, nel prossimo futuro, non sarà più giudicato un pio desiderio ecologista, ma si imporrà come necessità urgente perché l’umanità abbia un futuro sul pianeta Terra.
Nelle case degli italiani si utilizzano molti contenitori usa e getta che potrebbero, con un pò di buon senso, essere riutilizzati per molto tempo con il semplice sistema della ricarica o del vuoto a rendere.
Pensiamo a quante bottiglie di detersivo per piatti, pavimenti, bucato (a mano e in lavatrice), bottiglie del latte ed imballi vari vanno a finire in discarica o bruciati negli inceneritori, seguendo la logica della comodità usa e getta.
Una diffusa mentalità pseudo ambientalista magnifica l’importanza delle raccolte differenziate e del riciclaggio ed indirettamente legittima l’uso superfluo di prodotti usa e getta, concepiti già alla fonte come rifiuti. Tanto poi qualcuno li riciclerà. Forse.
Ma raccolta differenziata e riciclaggio stentano a decollare ed oggi interessano solo il 15% dei rifiuti prodotti dagli italiani, mentre il 72,2% finisce in discarica, il 9,4% negli inceneritori e il 3,4 % compostato. Con la lodevole eccezione di quei 600 comuni italiani con una raccolta differenziata che supera il 35% e di quelle rare municipalità che addirittura arrivano all’75-80%.
L’assurdo economico/ambientale dell’usa e getta, discariche ed inceneritori va ribaltato intervenendo a monte sul gran numero di imballaggi e contenitori di plastica che il sistema distributivo produce e che finisce nei cassonetti dei rifiuti, e a valle sulle abitudini di consumo degli italiani.
Una civiltà attenta, sensibile e determinata alla tutela dell’ambiente in cui vive dovrebbe fare attenzione all’intero ciclo di vita di un prodotto e considerare la raccolta differenziata e il riciclaggio come l’extrema ratio.
Un argine alla produzione esponenziale dei rifiuti, allo smaltimento in discarica o alla termodistruzione con gli inceneritori ed una via di soluzione all’emergenza rifiuti sono collegati a cinque scelte politiche da concretizzare a livello di produzione, distribuzione e consumo: SOBRIETA’, RIDUZIONE, AUTOPRODUZIONE, CONSUMO CRITICO, RIUTILIZZO. Abbiamo altrove già diffusamente trattato della SOBRIETA’ e del CONSUMO CRITICO. Analizziamo ora le altre tre.

1) AUTOPRODUZIONE

Detersivo per tutte le superfici
- 600 ml di acqua
- 30 gocce di olio essenziale di limone
- 3 cucchiai (30 ml) di detersivo liquido per piatti (possibilmente ecologico).
Il primo passo verso una società a rifiuti zero è la scelta dell’autoproduzione. Un’attività che richiede il pieno coinvolgimento della famiglia.
Un esempio: da molto tempo la mia famiglia si autoproduce il detersivo per lavare tutte le superfici (pavimenti, wc, lavabo, fornelli, vetri...) riutilizzando all’infinito un solo flacone in plastica. Riportiamo nel riquadro la ricetta che usiamo da anni con piena soddisfazione. La mia famiglia si autoproduce anche lo yogurt, il pane, i dolci, il compost.

2) RIDUZIONE
Non comprare rifiuti è la modalità più diretta alla loro riduzione. Sono tante le occasioni per produrre meno rifiuti che una famiglia ha quando fa la spesa: evitare gli imballaggi inutili, preferire carne, salumi o formaggi da banco, frutta a peso o prodotti sfusi (legumi, cereali....) al posto di quelli già confezionati in “comodi” (sic!) vassoi di polistirolo e cellophane. Utilizzare capienti borse di tela o di juta al posto delle buste di plastica, ecc...

2) RIUTILIZZO

Detersivo alla spina Coop

a) Detersivi alla spina
I contenitori in plastica o in vetro per alimenti o detersivi, ad esempio, possono essere riutilizzati a lungo prima di diventare rifiuti.
L’idea è di una semplicità disarmante: il cliente acquista un flacone, ad es., di detersivo per i piatti e quando lo esaurisce, torna nel negozio, supermercato o bottega del commercio equo e solidale e se lo fa ricaricare dagli appositi erogatori di detersivo alla spina.
Ma, come ho affermato più volte, i progetti semplici sono i più difficili da realizzare e la richiesta “Scusi, me la ricarica?” risuona ancora alle orecchie del mercante piccolo/medio/iper come una bestemmia.
Rivolgiamo in questa sede un appello ai negozi del Commercio Equo e Solidale (almeno loro!) e alla grande distribuzione affinché mostrino segni di buona volontà ed offrano ai soci e clienti la possibilità di ricaricare i flaconi di detersivi per i piatti, bucato a mano, in lavatrice e per i pavimenti. Al Nord Italia sono già numerose le Botteghe del Commercio Equo e Solidale che consentono l’acquisto di detersivo alla spina, ma al Sud, abbiamo controllato direttamente, tutto è immobile.

b) Latte alla spina
Alcuni allevatori bovini del Nord hanno deciso di sganciarsi dal circuito convenzionale della distribuzione del latte e di avviare la vendita diretta di latte alla spina. Il cliente arriva in fattoria con una o più bottiglie di vetro pulite, introduce l’importo nel distributore automatico collegato ad una cisterna di latte refrigerato, pone la bottiglia da litro sotto il beccuccio erogatore, schiaccia l’apposito pulsante di avvio e preleva la quantità di latte fresco desiderata. Il latte alla spina, oltre ad avere il pregio di essere appena munto e di rispettare le più severe norme di igiene e salute, è venduto ad un prezzo decisamente inferiore (circa il 30% in meno) di quello praticato dai negozi e dai super/ipermercati. Meno distanza tra produttore e consumatore, maggior controllo sulla qualità del prodotto, più convenienza economica per entrambi, più rispetto per l’ambiente.

c) Bottiglie col vuoto a rendere
L’uso di bottiglie per il latte, per l’acqua, per il vino e per le bibite col sistema del vuoto a rendere è la strada più diretta alla prevenzione dei rifiuti attraverso il riutilizzo. Il Bel Paese (si fa per dire) è agli ultimi posti in Europa nella diffusione del vuoto a rendere. E’ quanto mai urgente che politici, imprenditori e cittadini facciano i passi necessari per invertire la tendenza. Smettiamola di combattere il vuoto a rendere ed imitiamo i tedeschi. Si introduca, come accade in molti paesi europei, la cauzione sulle bottiglie vuote. L’unica cosa “da perdere” è il vuoto a perdere. Non ne sentiremo la mancanza.

Autoproduzione, riduzione dei rifiuti e riutilizzo: è l’inizio di una rivoluzione della semplicità e del buonsenso che alla lunga può portare alla scomparsa di contenitori in tetrapack e bottiglie di plastica monouso ed altri imballaggi usa e getta. Crediamoci. *

Matteo Della Torre
sarvodaya@libero.it

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