Latina

In meno di un anno di presidenza Macri il paese rischia di tornare all’epoca del default economico

Argentina: neoliberismo e privatizzazioni alla radice dell’emergenza sociale

Cresce il numero dei nuovi poveri che non possono permettersi beni di prima necessità
13 novembre 2016
David Lifodi

internet

Lo chiamano menemacrismo per esorcizzare il passato e sperare in una via d'uscita da un presente che si è già manifestato sotto forma di lacrime e sangue. Il governo del presidente Macri si è mostrato per quello che e gli argentini hanno trovato preoccupanti somiglianze tra l'attuale inquilino della Casa Rosada e quel Carlos Mènem che, tra il 1995 e il 2001, spalancò le porte al neoliberismo in Argentina.

È per questo che alla Camera dei Deputati i partiti di opposizione hanno scelto di sostenere il Programa de Ingreso Social con Trabajo, lanciato dai movimenti sociali e conosciuto come progetto di “emergenza sociale”. In effetti, l'Argentina è di fronte ad una vera e propria emergenza. Per questo, il  Programa de Ingreso Social con Trabajo prevede una serie di misure in grado di alleviare le difficoltà a livello economico, sociale e alimentare a cui sempre più argentini sono costretti a far fronte. Il progetto è stato discusso anche in occasione del recente incontro tra i movimenti sociali e Papa Francesco.

Secondo l'Observatorio del Deuda Social de la Universidad Católica, tra i mesi di gennaio e maggio 2016 poco meno di un milione e mezzo di argentini sono entrati a far parte dei nuovi poveri, unendosi così a quei 13 milioni che già lo erano prima dell'avvento di Macri alla Casa Rosada. I primi dieci mesi di governo del presidente sono stati caratterizzati da alti livelli di inflazione e da una costante crescita della disoccupazione, oltre che da una serie di proteste massicce contro il suo operato. Inoltre, tra il settore pubblico e quello privato, si parla di circa 200mila licenziamenti con poche prospettive di reinserimento a breve nel mercato del lavoro. In Argentina vivere in condizioni dignitose è divenuto un lusso per pochi poiché il costo dei generi di prima necessità, dei beni alimentari e dei trasporti è in continua crescita. Ad esempio, i cosiddetti tarifazos di Macri, che hanno provocato numerose proteste, sono stati caratterizzati dall’aumento del biglietto del trasporto pubblico urbanodel 66%, del 300% di acqua e gas e di oltre il 500% dell’energia elettrica. Il neoliberismo di Macri, portato alle estreme conseguenze anche negli anni Duemila, all’epoca del default economico, era già stato introdotto da Mènem: fu allora che il Fondo monetario internazionale dettò la linea economica all’Argentina nell’ambito del Washington Consensus all’insegna del libero mercato, delle privatizzazioni e dell’apertura delle porte al capitale straniero. Tuttavia, Macri in meno di un anno alla Casa Rosada ha fatto ciò che Mènem, Fernado De La Rúa e i suoi seguaci hanno messo in pratica in uno spazio temporale assai più lungo, per cui è lecito chiedersi cosa ne sarà dell’Argentina da qui ai prossimi quattro anni, quando terminerà il mandato di quello che i nostri giornali insistono nel chiamare con inspiegabile orgoglio patrio “il presidente di origini italiane”.

L’Alianza Público Privada che ha caratterizzato i primi dieci mesi della presidenza Macri rappresenta il cavallo di Troia per accelerare dal punto di vista delle privatizzazioni e del libero commercio. Di fronte ai disastri economici (e non solo) di Macri, è nata la rete Argentina mejor sin Tlc, che riunisce i movimenti sociali argentini impegnati a difendere la democrazia contro il neoliberismo e a costruire un blocco politico-sociale contro la direzione capitalista presa dal macrismo. Cambiare non sarà un compito facile. Si tratta di una sfida ardua perché significa mettere in discussione un modello produttivo imperante da decenni, anche in epoca kirchnerista, che va dalla monocoltura della soia imposta dalle multinazionali straniere all’estrazione mineraria a cielo aperto, passando per l’edificazione delle centrali idroelettriche e, più in generale, per una depredazione dei beni comuni di un paese che ha svenduto, soprattutto sotto Macri, la propria sovranità territoriale al grande capitale straniero. Il deficit commerciale di cui ha sofferto l’Argentina in epoca menemista, approfonditosi poi alla fine degli anni Novanta e superato grazie a Néstor Kichner e Cristina Fernández, rischia di tornare di nuovo nel paese. Il tasso di povertà è cresciuto dal 5,3% di fine 2015 al 6,3% dello scorso marzo, con passaggio nella fascia sociale degli indigenti di almeno 350.000 persone, mentre oltre 7 milioni di argentini non posso permettersi cure sanitarie e hanno difficoltà nell’acquistare quotidianamente generi alimentari.

Il menemacrismo sta mettendo in ginocchio un paese che era uscito a testa alta dallo scontro con Banca mondiale e Fondo monetario internazionale, anche se pagando un prezzo molto alto a livello economico. Adesso siamo tornati al punto di partenza: da qui potrebbe nascere un nuovo ciclo di lotte sociali che all’inizio del nuovo secolo ebbero un ruolo di primo piano nel far cadere cinque presidenti in poco più di un mese.

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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