Latina

Venezuela: Simon Bolivar , 178 anni dopo

Se funzionera' il progetto di Comunita' Sudamericana delle Nazioni, forse un giorno si potrà dire che l'uomo che si credeva avesse seminato al vento e arato il mare, avrà vinto la sua battaglia dopo morto,, come El Cid
12 dicembre 2004
Roberto Bardini (trad. F.Maioli)
Fonte: BAMBU PRESS México, ARGENPRESS.info

SIMON BOLIVAR, 178 AÑOS DESPUES
Simon Bolivar, 178 anni dopo.
Se funzionerà il progetto di Comunità Sudamericana delle Nazioni, forse un giorno si potrà dire che l'uomo che credette di aver seminato al vento e arato nel mare, vinse la sua battaglia dopo la morte, come il prode Cid.

Il 20 settembre del 1830, Simón Bolívar scrive da Cartagena de
Indias a Pedro Briceño Méndez, suo ex ministro della Marina e della Guerra: “Sono vecchio, malato, stanco, disilluso, nauseato, calunniato e pagato male. Non chiedo altra ricompensa che il riposo e la salvaguardia del mio onore; disgraziatamente è quello che non riesco ad ottenere”.
Tre mesi dopo, il 17 diciembre, Bolívar moriva a Santa Marta. Aveva solo 47 anni e portò con sé nella tomba la consapevolezza di aver fallito nel suo intento di dar vita agli Stati Uniti dell'America Latina: “Ho seminato al vento e arato nel mare”.
Triste epitaffio per un civile che organizzò un esercito ribelle multinazionale- costituito da colombiani, argentini, cileni, peruviani e volontari europei – e sconfisse l'impero spagnolo in America del Sud. Una fine terribile per un politico che fu presidente di sei paesi: la Gran Colombia, che comprendeva Colombia, Venezuela, Ecuador e quello che oggi è Panama (1819-30); Perù(1824-26) e Bolivia (1825-26).
Il Libertador macinò 123.000 chilometri – molti di più di quelli
percorsi da Cristoforo Colombo – e portò l'indipendenza a 65.000
chilometri di distanza, il che equivale ad una volta e mezza il giro
del pianeta. In altre parole: ha peregrinato il triplo del macedone Alessandro Magno e dieci volte più del cartaginese Annibale.
Ma i trionfi militari di Bolivar non furono accompagnati da altrettanti successi politici. Il suo fallimento più grande fu il Congresso Anfizionico di Panama, nel giugno del 1826, dove tentò di creare una sola Hispanoamérica.
Nella Grecia classica, per 'anfizionia' si intendeva un insieme di
città o repubbliche sorelle, unite da una lingua ed una cultura
comuni, circostanti un santuario o un altro luogo di interesse. Ci fu, tra le altre, la anfizionia di Delfo, retta da un consiglio di 24 membri, che rappresentava le dodici tribù della regione delle Termopili “Che bello sarebbe se l'Istmo di Panama fosse per noi come quello di Corinto per i greci!... Magari un giorno avremo la fortuna di insediare lì un venerabile Congresso', si entusiasmava il Libertador.
Furono presenti alla riunione solo Colombia, Venezuela, Ecuador, Guatemala, Messico e Perù. Il Cile, i paesi centroamericani e quello che oggi è l'Argentina, non parteciparono a causa dei loro conflitti interni. La Bolivia non giunse in tempo. Bolivar si paragonò a 'quel greco pazzo che pretendeva di guidare da uno scoglio le navi che solcavano il mare'.
Il progetto di una sola Grande Patria si scontrò con le posizioni particolaristiche degli antichi vicereami e capitanie generali dell'impero spagnolo, le cui oligarchie locali preferirono cercare separatamente l'indipendenza.
Ci sono voluti 178 anni per la firma della Dichiarazione di Cuzco e
per la creazione della Comunità Sudamericana delle Nazioni (Argentina, Bolivia, Brasile, Cile, Ecuador, Guyana, Paraguay, Perù, Suriname, Uruguay e Venezuela). Il progetto rappresenta il terzo maggior blocco economico del mondo, preceduto solo dall'Unione Europea e dal Trattato di Libero Commercio dell'America del Nord.
La comunità comprende più di 360 milioni di persone che vivono in uno
spazio che supera i 17 milioni e mezzo di chilometri quadrati, con
riserve di gas e petrolio rilevanti, sufficienti per più di un secolo.
Forse un giorno si potrà dire che Bolivar – l'uomo che credette di aver seminato al vento e arato nel mare – vinse la sua battaglia dopo la morte, come il prode Cid.

Note: tradotto da Fabrizio Maioli per www.peacelink.it

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