Ingiustizie in una potente famiglia di Pescara. Il caso di Alessandra Marsilii

Cose che accadono in una città "tranquilla", in bilico fra nord e sud
17 ottobre 2005
Carlo Ruta

Alessandra Marsilii ha trentaquattro anni, vive ad Alanno, in provincia di Pescara, con il marito Roberto Cucinotta, di origine messinese, e i suoi tre bambini. Reca un passato di atleta, che ritorna a ben vedere nei suoi modi d'essere. Ha subito vessazioni inaudite, ma ha avuto la capacità di reagire, impavidamente. Quando ne ha avvertito le ragioni, non ha esitato a porsi in rotta con il padre e i fratelli, industriali di impianti di sicurezza per le supercarceri italiane. Ma, animata da una irriducibile volontà di giustizia, ha finito con lo sfidare pure i poteri della "quieta" Pescara. La sua è quindi una storia di ribellione civile, coperta dall'omertà della società "benpensante" e tuttavia scortata con sollecitudine dagli amici che ne hanno compreso le ragioni: in particolare, da alcuni anni, dall'impegno di Antonella Serafini, coordinatrice del giornale "censurati.it".

Come si diceva, quella di Alessandra non è una famiglia qualsiasi. Il padre, Egeo Marsilii, è un uomo fra i più potenti di Pescara e dell'Abruzzo, in grado di estendere le sue influenze in tutta la penisola. Sin dagli anni sessanta la sua azienda è leader infatti negli impianti di sicurezza, in virtù delle innovazioni introdotte nel campo, come nel caso delle serrature Custos, richieste in tutta Europa, appositamente studiate per risolvere i problemi connessi alla carcerazione. Basti dire che le aule bunker di Palermo e Messina sono state completamente attrezzate con impianti Marsilii. E il prestigio conquistato da Egeo, da un Abruzzo che, in bilico fra nord e sud, non rinunzia a scommettere sulle proprie virtualità, è stato ereditato e mantenuto dai figli, che hanno assunto da anni un ruolo forte nelle aziende, a partire da Franco, attuale amministratore, cui spetta in qualche modo l'onere della continuità di uno stile, a un tempo familiare e produttivo.

Sin da giovanissima, Alessandra ha dovuto fare i conti con l'ostracismo di genitori e fratelli, percorsi da un perbenismo borghese e da regole di vita che non ammettono deroghe. La sua vita è stata travagliata quindi da incomprensioni, da allontanamenti repentini e ritorni, da irriducibili opposizioni di carattere, da scelte anche importanti non condivise. E tali lacerazioni, insinuate in ogni aspetto della quotidianità, hanno segnato la sua esistenza. Assunta nell'azienda del padre dopo essersi sposata con Roberto, ha dovuto lottare per ottenere una sedia e una scrivania. Ha vissuto il dramma del licenziamento in tronco dalla Marsilii S.r.l.. Dopo una animata discussione in famiglia, per l'ennesima iniquità, ha dovuto subire l'onta della carcerazione, per diversi giorni, con l'accusa di violenza privata e lesioni aggravate, da cui verrà prosciolta. In difesa della propria dignità, ha dovuto impegnarsi in pubblici atti di protesta, rigorosamente taciuti dalla stampa regionale. Cerchiamo comunque di esporne la vicenda in sintesi, aiutandoci con le sue memorie giudiziarie.

Nel 1999, l'accensione di un mutuo per l'acquisto della casa, richiedente la garanzia del padre, fa risaltare agli occhi di Alessandra la radicata sfiducia che genitori e fratelli nutrono verso di lei e di Roberto, visto né più né meno come un intruso. Cerca di farsi una ragione del perché possano avvenire cose del genere nella sua famiglia, una delle più abbienti e rispettate di Pescara. Ma capisce che il solco va facendosi insuperabile. Per poterlo meglio controllare, il padre dispone l'assunzione del genero presso l'azienda, con la qualifica di operaio, mentre pretende che la figlia, dopo anni di impiego alla Marsilii Srl, debba rimanere a casa. Tutto questo si traduce in una difficile condizione economica, in ulteriori debiti, in pignoramenti. Viene quindi riammessa dal padre, ma si trova destinata a lavori imbarazzanti. Lei non si scompone: mette ordine nel magazzino, gli riesce di avere una scrivania, cerca di inventarsi delle mansioni: segue le pratiche ISO, cura l'inventario dei materiali in giacenza. Ma ciò non le vale alcuna considerazione. Scrive: "Negli uffici, non mi potevo azzardare neanche di toccare un foglio, perché i miei fratelli e le mie sorelle me li toglievano dalle mani". E alla fine, quando riesce a informatizzare la gestione del magazzino, viene tolta dalla scrivania che aveva conquistato.

La situazione prende a precipitare nel maggio 2000 quando Roberto, investito da accuse insopportabili dopo essersi assentato per un malessere dovuto alla pesantezza delle mansioni, si trova costretto a rinunziare al posto di lavoro. Scrive Alessandra: "Restammo privi di disponibilità liquide. Nel giugno di quell'anno fu per noi il collasso economico". E nell'agosto successivo, dopo essere stata esautorata dalla gestione del magazzino, pure lei viene messa alla porta, dopo alcuni giorni di assenza, per "inadempienza contrattuale", da Egeo Marsilii, secondo cui non è dignitoso che il genero, da lui stesso licenziato, viva alle spalle della figlia. Da tali atti Alessandra è prostrata fino alla depressione, ma, nonostante l'esibizione della certificazione medica per i ripetuti stati d'ansia e dei cartellini dai quali si evince che per lunghi periodi ha lavorato senza fruire della pausa pranzo, non vengono revocati. Nel settembre presenta quindi un esposto alla questura di Pescara e nel mese successivo dà corso a una vertenza sindacale.

Lo scontro giunge al clou il 5 novembre del 2000, quando Alessandra si reca presso l'azienda del padre per ritirare delle cose. Duramente apostrofata dai parenti, si trova a subire un'aggressione in piena regola, con esiti drammatici. Dietro denunzia del fratello Ermanno, che l'accusa di avergli inferto un taglio con un coltello, avvalendosi della testimonianza delle sorelle Maria Paola e Diana, viene arrestata, come riportato, per violenza privata e lesioni aggravate. Malgrado porti nel corpo i segni della violenza subita, da cui non si è difesa, viene tenuta tre giorni in carcere. E a quel punto dà inizio al suo impegno per avere giustizia fino in fondo. All'arresto illegale, supportato dal travisamento di orari e dello stesso certificato medico, Alessandra risponde nei modi che le sono possibili, denunziando il fratello Ermanno per calunnia. Ma le istituzioni pescaresi, come è tradizione in questo paese, si mostrano dalla parte dei forti, della potente famiglia Marsilii.

Decisa nel reclamare giustizia e il risarcimento dei danni subiti, che le vengono protervamente negati, Alessandra non desiste, e tuttavia non rimane incagliata nel gorgo della sua vicenda. Ha ricercato e trovato dei punti fermi, che danno senso al dramma e alle lacerazioni che ha vissuto e vive. Collabora con Antonella alle attività di "Censurati.it", è animatrice di realtà associative, intese a testimoniare gli abusi e le illegalità che percorrono Pescara. In definitiva, è riuscita a elaborare civilmente la sua esperienza, che se mette a nudo i caratteri della sua famiglia, una "rispettabile" dinastia borghese, dice tanto sulle ipocrisie di una società del sud, quella pescarese appunto, che non ha mai smesso di vivere di retoriche e sordine.

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