Conflitti

Un piano in cinque punti per cambiare corso in Iraq

17 aprile 2004
Gabriel Ash
Fonte: http://www.yellowtimes.org
Traduzione a cura di arabcomint.com - 14 aprile 2004

Dopo aver visto le immagini dei quattro sfortunati uomini armati
americani massacrati a Falluja, i loro corpi bruciati ed appesi,
molti
americani non hanno visto altro nella palla di cristallo che un'altra
carneficina. In verità, la ribellione di Sadr evoca lo spettro della
disfatta. Molto verosimilmente, le forze USA potranno schiacciare la
ribellione nell'immediato, ma le prospettive a lungo termine sono
disperate. La guerriglia si intensificherà, la prossima rivolta sarà
maggiore di questa e la successiva ancora più grande. Gli USA possono
vincere tutte le battaglie. Possono distruggere l'Iraq come hanno
distrutto il Vietnam. Ma non ci sarà mai un Iraq pro-USA.

Restare come odiati occupanti significa ancora più morte, sia per gli
iracheni che per gli americani. Significa anche motivare più attacchi
sul suolo americano. In gran parte del Medio Oriente, Osama bin Laden
ha già più credibilità di George Bush. Ma lasciare l'Iraq, così
dicono
le teste pensanti, e' inconcepibile. Lasciare vorrebbe dire dar prova
di debolezza; servirebbe solo a incoraggiare la rabbia anti-
americana
ed a trasformare l'Iraq in un radicale porto, probabilmente islamico,
per coloro che intendono combattere l'America fino alla morte.

Washington e' confusa. L'Imperatore, come quello della storia di
Andersen, finge che non vi sia nulla di strano nel suo costume di
guerra cucito dai neo-cons. Gioca a baseball. Ed il team dei "tutti
tranne Bush" che ha vinto le primarie per i democratici, sta
mostrando
i suoi veri colori, invocando la continuazione del corso corrente,
ad
ogni costo.

George Bush sta finalmente onorando la sua pretesa di essere "uno che
unisce, non che divide": ed infatti shi'iti e sunniti hanno
seppellito
le loro differenze e si sono uniti contro l'occupazione, coadiuvati
spesso dalla stessa polizia irachena addestrata dagli USA per
contenerli. Nel frattempo, i vampiri di Ariel Sharon stanziati a
Washington, William Safire del Times e George Will del Post, chiedono
più sangue iracheno. Solo i neo-cons mantengono la loro freddezza; il
loro piano di far affondare l'occidente in una guerra millenaria sta
avanzando come una bomba ad orologeria ben predisposta.

C'e' una via d'uscita? Sì. C'e' un modo in cui gli americani
potrebbero domare la collera, e guadagnare rispetto e buona volontà.
Ma prima, devono accettare le profonde origini dell'attuale rivolta.

L'anno scorso, gli USA lanciarono un'aggressione non provocata e
totalmente ingiustificata contro un paese indifeso. Oltre 50.000
iracheni sono morti come risultato dell'aggressione, 10.000 dei quali
civili, tra cui molti bambini. Gli USA hanno conquistato l'Iraq,
hanno
deposto un dittatore, Saddam Hussein, e ne hanno imposto un altro,
Paul Bremer. Il nuovo dittatore, barricato nello stesso palazzo del
suo predecessore, ne ha immediatamente assunto anche le stesse
maniere - sequestri di persona, torture, spari sulla folla, chiusura
di giornali, elezioni simulate etc. Con le promesse ampiamente evase
di una nuova alba, gli USA hanno trasformato l'Iraq in un paese
aperto
ad ogni sorta di ladri, ricompensando con miliardi i contrattatori
amici e mettendo a ferro e fuoco l'assetto nazionale iracheno.

Tutto ciò rappresenta un crimine al grado più elevato. Eppure oltre
la
metà degli americani l' hanno supportato, ed ancora lo fanno. Se i
popoli del Medio Occidente applaudono i leaders criminali e
supportano
l'assassinio di civili innocenti, perché non potrebbero farlo anche i
popoli del Medio Oriente?

Combinato all'oltraggio, vi e' il fatto che il diffamato partito
Ba'ath ascese al potere con l'incoraggiamento della CIA. Saddam, il
presunto piccolo Hitler i cui crimini sono serviti per giustificare
la
guerra, e' stato per decenni un grande amico di Washington. Molti di
quei crimini, anzi, furono commessi proprio nel periodo in cui
riceveva sostegno militare e di intelligence da parte degli USA,
incluso l'aiuto a perseguire un programma per la costruzione di armi
chimiche e biologiche.

Persino ciò, non e' la cosa peggiore. Per oltre dieci anni, gli USA
imposero all'Iraq un regime internazionale di sanzioni che causò la
morte di un milione di persone, la metà delle quali bambini. Le
sanzioni impedirono all'Iraq di riprendersi dopo la deliberata
distruzione delle infrastrutture civili causata dalla prima Guerra
del
Golfo, condannando a morte migliaia di bambini a casa dell'acqua
inquinata e della mancanza di medicinali. Questo silenzioso eccidio
di
massa burocratico fu il risultato di una politica intenzionale
forgiata a Washington. Quando fu chiesto a Madeleine Albright se la
morte di 500.000 bambini fosse stata un prezzo giusto da pagare, la
campionessa dei "diritti umani" rispose di sì.

Eppure tale politica veniva apertamente supportata negli USA, al
punto
che agli inizi del movimento contro la guerra, vi erano "pacifisti"
che condannarono Bush perché volevano che le "efficaci" sanzioni
continuassero. Ci sono gigantesche ragioni per cui gli americani sono
odiati in Iraq. La strada per Falluja non e' stata lastricata la
scorsa settimana. Ci sono voluti decenni per lastricarla. Vi e' però
un'altra strada che può essere ancora lastricata. Nonostante la
dolorosa storia delle relazioni Iraq-USA, l'infuocato leader della
rivolta, Muqtada Sadr, dipinto dai media come un fanatico pieno
d'odio
per gli americani, crede ancora nell'onestà del popolo americano.
Egli
ha pubblicamente chiesto aiuto al popolo degli USA, invitandolo "a
schierarsi con gli iracheni, oppressi dai loro leaders e da un
esercito d'occupazione, ad aiutarli affinché la sovranità sia
trasferita nelle mani di iracheni onesti". Muqtada Sadr riesce ancora
a vedere una differenza tra il popolo americano ed il suo governo. E'
ora compito degli americani dimostrare che questa differenza esiste.

Ecco cosa possono fare gli americani per cambiare corso:

Punto 1: Costringere il governo a lasciare l'Iraq. Ovviamente l'Iraq
e' nel caos, ma il ritiro USA e' la precondizione per un
miglioramento.

Punto 2: Chiedere scusa agli iracheni per il supporto a Saddam, le
sanzioni e la guerra.

Punto 3: Autorizzare un tribunale internazionale speciale ad imputare
e processare tutti coloro che hanno avuto un ruolo nella politica USA
che ha causato morte e sofferenze imponenti all'Iraq. Le accuse
dovrebbero essere delle più gravi: crimini contro l'umanità,
assassini
di massa ed aggressione internazionale. La punizione dovrà essere
commisurata ai crimini.

Punto 4: Creare una commissione internazionale che determini le somme
da pagare come risarcimento alle vittime irachene di questi crimini
ed
ai loro sopravvissuti. Dovranno pagare ogni centesimo.

Punto 5: Aggiungere alla Promessa di Fedeltà la seguente
clausola: "Come cittadino degli Stati Uniti, prometto di controllare
con diligenza il mio governo, sicché mai più il mio governo - grazie
alla mia negligenza - possa commettere crimini contro l'umanità".

Ciò procurerà all'America il rispetto e la benevolenza da parte di
tutto il mondo, incluso il mondo islamico? Ci scommetto. E c'e' un
non
trascurabile beneficio aggiuntivo: e' la cosa giusta ed onorevole da
fare. Infine, c'e' un piccolo concetto da sottolineare: il rispetto e
la benevolenza non sono un diritto di nascita. Esse possono essere
conquistate o perdute attraverso le azioni.

Note: Gabriel Ash e' nato in Romania ed e' cresciuto in Israele. Vive negli
USA, dove scrive articoli perché crede che "la penna e' a volte più
potente della spada - e a volte no". Collabora a YellowTimes.org, una
pubblicazione di notizie ed opinioni internazionali. da
http://www.yellowtimes.org/

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