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Sostiene Emergency e il commercio di armi

La doppia identità della Banca Popolare di Milano
8 gennaio 2007

Banche e armi Con una mano finanzia la Fondazione Emergency per sostenere l’associazione umanitaria fondata da Gino Strada che si prende cura in maniera particolare delle vittime delle guerre, con l’altra intasca milioni di euro per conto delle maggiori industrie armiere italiane. Si tratta della Banca popolare di Milano (Bpm) che, per il terzo anno consecutivo, entra a fare parte del gruppo delle “banche armate”, ossia quegli istituti di credito che svolgono operazioni di riscossione di pagamenti per le industrie che producono e vendono nel mondo armi made in Italy, incassando compensi che possono variare dal 3 al 10 per cento della commessa. Nello stesso tempo, Bpm è socia di Banca popolare etica ed è la banca a cui si appoggiano le Acli di Milano (che propongono mutui agevolati e pacchetti Bpm ai dipendenti e ai collaboratori), la Caritas ambrosiana, i frati minori cappuccini della Lombardia, Telefono azzurro, la fondazione Banco Alimentare (legata alla Compagnia delle Opere, il braccio economico di Comunione e Liberazione), numerose organizzazioni di cooperazione internazionale (fra le altre, oltre ad Emergency, ActionAid Italia, Amref e Cesvi) e Beppe Grillo con il suo sito internet.

A rivelare tutto ciò è la Campagna di pressione alle banche armate (promossa dalle riviste “Missione Oggi”, “Mosaico di Pace” e “Nigrizia”) in un articolo del coordinatore, Giorgio Beretta, rilanciato dal portale informativo Unimondo, in cui vengono anticipati alcuni dati della prossima Relazione della Presidenza del Consiglio sull’export di armi italiane del 2006, che verrà trasmessa al Parlamento solo nell’aprile 2007: secondo la relazione, Bpm, nel corso del 2006, ha effettuato circa 15 nuove operazioni di intermediazione per conto di diverse industrie armiere, per un valore complessivo di oltre 20 milioni di euro. Tutto ciò in palese contraddizione con quanto dichiarato dai dirigenti dell’istituto di credito lombardo: “Bpm si impegna, anche in futuro, a non partecipare ad operazioni di finanziamento che riguardino esportazione, importazione e transito di armi e sistemi d’arma”, si leggeva in un comunicato congiunto Banca popolare di Milano – Banca Etica del 20 maggio 2005. Un impegno, quindi, assunto pubblicamente ma mai rispettato, a differenza di quanto hanno fatto altri istituti di credito, come per esempio Banca Intesa, oggetto di una specifica campagna di pressione, che nel marzo 2004 annunciò di sospendere la partecipazione a operazioni finanziarie legate al commercio di armi (v. Adista n. 25/2004), nel 2005 ridusse il suo impegno a 163mila euro (frutto di impegni non modificabili assunti negli anni precedenti (v. Adista nn. 33/2005 e 7/2006) e nel 2006 pare avere del tutto azzerato la sua collaborazione, a meno che la fusione dal 1 gennaio 2007 con il gruppo Sanpaolo Imi (fra i più attivi nel business delle armi) non la faccia ritornare sui suoi passi.

Si tratterà di vedere ora come reagirà Banca Etica (oltre, ovviamente, a tutte le altre organizzazioni che collaborano con Bpm) che, nei suoi ‘orientamenti strategici’, prevede espressamente la “definizione di un lasso di tempo entro il quale la banca (in questo caso Bpm, ndr) abbandoni definitivamente il settore incriminato (quello del commercio delle armi, ndr), in caso contrario valutazioni di ulteriori azioni di pressione e/o delle modalità di espulsione della stessa”.
Per approfondire ulteriormente la questione, Adista ha rivolto qualche domanda a Giorgio Beretta.

A quando risale il coinvolgimento di Bpm nel commercio di armi?
È relativamente recente e questo preoccupa ancor di più perché non è una banca ‘tradizionalmente’ legata business delle armi. Nel 2004 effettuò 22 operazioni del valore complessivo di 53,4 milioni di euro e proseguì anche nel 2005 con 26 nuove operazioni per un valore complessivo di oltre 34,6 milioni di euro.

Quali sono i clienti di Bpm?
Le maggiori industrie armiere italiane: Agusta, che produce elicotteri, Alenia Marconi Systems e Selex, che produce sistemi radar e che esporta in Cina, Paese verso il quale è tuttora in vigore un embargo di armi dell’Unione europea.

Cosa chiede la campagna di pressione alle banche armate a Bpm?
Soprattutto di fare chiarezza. Come riporta un lungo resoconto di un incontro avvenuto lo scorso aprile tra rappresentanti di Bpm, Banca Etica e alcune ong – tra cui ActionAid Italia e Emergency – l’istituto di credito lombardo ha assunto l’impegno che “eventuali operazioni rientranti tra quelle previste dalla legge 185/90, quali la domiciliazione di incassi e pagamenti (sull’export di armi, ndr), potranno essere autorizzate esclusivamente dalla Direzione generale della capogruppo qualora giudicate coerenti con lo spirito di ‘banca non armata’ quale concezione di banca che opera con criteri restrittivi e selettivi sia per le tipologie di prodotti esportati sia per i paesi destinatari dei prodotti medesimi”. Di fatto questi “criteri restrittivi” non sono mai stati specificati chiaramente sia per quanto riguarda i Paesi destinatari – tra cui ricordiamo compaiono tra gli altri India, Pakistan e Cina – sia per i sistemi d’arma che vanno da elicotteri ad uso militare a modernissime tecnologie di radar e centrali di tiro. Fornire i propri servizi in appoggio al commercio, legale e autorizzato di armi, non è certo un reato: ma non tutto quello che è legale è anche etico. Chiediamo, infine, a Bpm di chiarire come concilia l’iniziativa di “promuovere una collaborazione concreta con le associazioni senza fine di lucro impegnate nella tutela dei diritti umani e al servizio di una migliore qualità della vita e dell'ambiente” con il business delle armi. L’occasione è a portata di mano visto che il prossimo 14-15 febbraio ci sarà un’assemblea straordinaria dei soci di Bpm.

Nell’editoriale di “Nigrizia” di dicembre – e prima ancora in occasione del Convegno ecclesiale di Verona –, i promotori della Campagna ‘banche armate’ suggerivano alle diocesi, alle parrocchie e agli Istituti religiosi di “scegliere con maggiore oculatezza e attenzione le banche presso cui depositare i propri risparmi o alle quali chiedere contributi per finanziare le loro diverse iniziative”. Fra i clienti di Bpm ci sono religiosi come i cappuccini, organismi della Conferenza episcopale italiana come le Caritas, associazioni ecclesiali come le Acli, oppure organizzazioni da sempre impegnate per la finanza etica o contro la guerra, come Banca Etica e Emergency: cosa chiede la Campagna a questi soggetti?
A tutte le associazioni chiediamo di segnalare il problema alla propria banca avviando un dialogo e poi, in base alle risposte, di decidere in coerenza con i propri principi: associazioni che si battono per la pace e la giustizia non possono accettare che i loro risparmi vengano gestiti o che le loro iniziative vengano finanziate da istituiti di credito che collaborano al commercio di armi. Nel caso specifico di Bpm, crediamo – così come sostengono anche molti membri delle diverse associazioni – che sia ormai giunto il momento di decidere con chiarezza se mantenere o interrompere le relazioni con questa banca, senza procrastinare ulteriormente la decisione o indugiare in un attendismo che non va certo a favore delle finalità umanitarie delle associazioni.

Note: Questo articolo è un'anticipazione; verrà pubblicato su Adista;
non può essere pertanto pubblicato su altri giornali.

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