La campagna italiana dei lavoratori tech
“Alziamo la testa”, parte la campagna italiana dei lavoratori tech: Tech Workers Coalition Italia è un'organizzazione orizzontale fondata sulla partecipazione attiva dei membri.
E in particolare apriamo con una mobilitazione per i diritti dei lavoratori tecnologici che è appena stata lanciata in Italia. Si chiama Alziamo La Testa, ed è la campagna della sezione italiana di Tech Workers Coalition, una coalizione di lavoratori del mondo tecnologico come programmatrici, sistemisti, designer, grafici, project manager, tester e tutte le altre figure direttamente collegate alle attività di sviluppo. “Una forza lavoro fondamentale per lo sviluppo economico e tecnologico del paese - scrivono i firmatari della lettera-manifesto - che in Italia conta oltre trecentomila persone, tra lavoratori dipendenti e autonomi”.
Negli ultimi anni il tema della mobilitazione e sindacalizzazione dei lavoratori tech (per molto tempo refrattari a forme di organizzazione collettiva) è andato crescendo, specie all’estero. Ed ha seguito vari filoni: nella ricca Silicon Valley, ad esempio, si è posto l’accento sulla lotta alla discriminazione (di genere, razziale ecc) e al tema del controllo dell’uso finale dei prodotti (quando questi sono ad esempio venduti a committenti militari o agenzie governative che li usano per sorvegliare o reprimere). Ma, specie in altri territori, si sente molto anche il tema salariale, dell’aggiornamento professionale, del riconoscimento di diritti di vario tipo, inclusi quelli civili e politici, come in alcune proteste in India e Bielorussia. Più in generale si è vista una sfida ad alcune culture aziendali che non vedevano di buon occhio l’organizzazione interna dei lavoratori o la richiesta di più trasparenza e accountability.
Il movimento è cresciuto a partire soprattutto dal 2018, e il Trumpismo, secondo alcuni osservatori, ha contribuito a spingerlo (insieme ad altri movimenti sociali, dal Metoo a Black Lives Matter). Un momento significativo sono state le proteste interne a Google nel 2018 per il progetto Maven, che doveva fornire al Pentagono una tecnologia di intelligenza artificiale (AI) per migliorare il riconoscimento di oggetti nelle immagini raccolte dai droni e che è stato poi abbandonato. L’azienda di Mountain View aveva deciso di non rinnovare il contratto e si era messa a lavorare a delle regole interne per proibire l’uso di tecnologie di intelligenza artificiale nelle armi.
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