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24.583,2 milioni di euro esclusi i finanziamenti per le missioni internazionali e del MISE

Questione di valori: la corsa al riarmo italiano inseguendo l'America di Biden e NATO 2030

Il termine “assenza di occidente” era presente nel Rapporto sulla sicurezza di Monaco 2020 e rifletteva il diffuso sentimento di disagio e irrequietezza di fronte alla crescente incertezza sul futuro
19 aprile 2021

L’arrivo della portaerei “Cavour” a Norfolk, in Virginia, il 14 febbraio scorso

Per festeggiare i 160 anni di relazioni diplomatiche tra Italia e Stati Uniti il segretario di Stato americano Anthony Blinken e il ministro degli Affari esteri Luigi Di Maio, con un editoriale a doppia firma su Repubblica, hanno sottolineato che la cooperazione fra i due paesi si basa sui valori sanciti dalla Carta dei diritti degli Stati Uniti e dalla Costituzione italiana: rispetto dei diritti di tutti gli esseri umani, libertà, giustizia e pace nel mondo. Anche se gli impegni militari per risolvere le crisi nel Mediterraneo, Medio Oriente, Africa e Asia non sono dettati semplicemente dalla volontà di promuovere libertà civili e principi democratici, i due politici non hanno avuto remore nel dichiarare che “ogni giorno, i diplomatici italiani e americani lavorano fianco a fianco in tutto il mondo, assieme ai nostri alleati e partner, per prevenire le crisi, mitigare le tensioni e promuovere i nostri interessi e valori comuni”. (Fonte

Quel richiamo alla promozione dei propri interessi e valori comuni non è piaciuto a Andrei Ilnitsky, consigliere russo del Ministero della Difesa, che in una intervista ha affermato: “incapace di vincere sul campo di battaglia, l'Occidente sta ora conducendo una guerra mentale contro la civiltà russa. In passato l'obiettivo delle guerre era distruggere la forza lavoro del nemico, poi, nelle moderne guerre informatiche, si trattava di distruggere le infrastrutture del nemico. Ora, però, è stato sviluppato un nuovo tipo di guerra, e il suo obiettivo è distruggere la coscienza di sé, cambiando le basi mentali - civilizzate - della società del nemico. La definirei una guerra mentale”. https://www.rt.com/russia/519135-west-mental-war-civilization/

I casi di Turchia e Arabia Saudita

Non possono essere parole sfuggite per sbaglio, quelle pronunciate dal premier Mario Draghi contro il presidente della Turchia Tayyip Erdoğan, quando lo ha definito un dittatore con cui bisogna però collaborare, o meglio cooperare, per garantire gli interessi del proprio Paese visto che con la Turchia l’Italia ha avuto nel 2020 un interscambio commerciale di circa 15 miliardi. https://www.youtube.com/watch?v=eda4OjKinC8 Andando nello specifico, secondo l'ultimo rapporto del Sipri di Stoccolma, si rileva che il 18% del nostro export di materiale bellico tra il 2016 e il 2020 è finito in Turchia. Non è un caso che l'Italia, insieme a Germania e Spagna, si sia opposta lo scorso dicembre alle richieste di alcuni Paesi Ue (Grecia in testa, con la Francia sullo sfondo) di sanzionare Ankara con un embargo sulle armi anche se in Libia è diventata un partner privilegiato di Tripoli. Tuttavia il nostro governo sostiene l'operazione “EURNAVFOR MED IRINI” che prevede l'impiego di navi militari europee nel Mediterraneo al largo delle coste libiche, per vigilare sul rispetto dell'embargo Onu all'invio di armi nel Paese (anche provenienti da Ankara) https://www.consilium.europa.eu/it/press/press-releases/2021/03/26/council-extends-the-mandate-of-operation-irini-until-2023/

Draghi aveva definito Erdoğan un dittatore per rispondere ad una domanda circa l’umiliazione subita dalla presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen durante una visita in Turchia. L’incontro avrebbe dovuto segnare una nuova fase delle relazioni tra Unione europea e Turchia dopo mesi di discussioni su tutto, dai diritti delle donne alla perforazione di gas nelle acque contese nel Mediterraneo orientale, alla cooperazione in materia di migrazione e commercio e alle questioni relative ai diritti umani e allo stato di diritto, inclusa la decisione di Erdogan di ritirare la Turchia dalla Convenzione di Istanbul volta a combattere la violenza contro le donne.

Sembra quasi che il premier si sia fatto portavoce della svolta politica del nuovo presidente USA Joe Biden, visto che ha voluto centrare la politica di sicurezza nazionale e internazionale sulla difesa dei valori liberali. Nell’analisi dell’ascesa al potere di Trump e sue conseguenze, nel rapporto “Living Our Democratic Values”, pubblicato nell’ottobre 2020, si sostiene che governi autoritari come quello cinese, russo e saudita, si sono sentiti incoraggiati dal presidente Trump ad estendere la loro influenza all'estero per eliminare le democrazie e le norme liberali Intorno al mondo. Inoltre la crescita di forze populiste ha permesso ai leader di Turchia, Ungheria e Thailandia di accelerare la svolta autoritaria nei propri paesi. https://www.americanprogress.org/issues/security/reports/2020/10/19/491715/first-100-days-toward-sustainable-values-based-national-security-approach/

Si comprende come mai il ministro Di Maio, con un atto definito di portata storica, abbia deciso di revocare le autorizzazioni per le esportazioni di bombe RWM verso l’Arabia Saudita. Nel discorso del 4 febbraio presso il Dipartimento di Stato Biden ha dichiarato: “L’America è tornata. La diplomazia è tornata: voi siete il centro di tutto ciò che intendo fare”, archiviando così quattro anni di trumpismo. Ha poi annunciato decisioni importanti come la fine del sostegno americano alle operazioni militari a guida saudita in Yemen, l’aumento da 15mila a 125mila del numero di rifugiati che gli Stati Uniti intendono accettare annualmente e l'annullamento del ritiro di militari di stanza in Germania. https://www.whitehouse.gov/briefing-room/speeches-remarks/2021/02/04/remarks-by-president-biden-on-americas-place-in-the-world/

Valori che non sono bastati, per entrambi i paesi, a fermare la vendita di armi all’Egitto. Le sevizie che hanno portato alla morte Giulio Regeni e quelle inflitte a Patrick Zaki, prigioniero nelle prigioni egiziane dal 7 febbraio 2020, evidentemente non hanno lo stesso peso politico. Come l’Italia, anche l'amministrazione del presidente degli Stati Uniti ha approvato la vendita di missili tattici all’Egitto sebbene fosse arrivata la notizia secondo cui il governo egiziano avrebbe arrestato i familiari di Mohamed Soltan, un attivista per i diritti umani egiziano-statunitense residente negli Stati Uniti. Le risposte del dipartimento di Stato sono andate in due direzioni. Nella prima si precisava che la proposta di vendita dei missili e delle relative apparecchiature serviva a favorire la politica estera e la sicurezza nazionale degli Stati Uniti, e a migliorare la difesa di un paese importante che continua ad essere un partner strategico in Medio Oriente: “La vendita sosterrà le navi missilistiche della Marina egiziana e fornirà capacità di difesa dell'area significativamente migliorate nelle zone costiere dell'Egitto e nell’area del Canale di Suez”. Nella seconda si precisava che i rapporti sulle detenzioni illegali in Egitto sono attualmente sotto esame da parte delle autorità Usa: “Continuiamo a coinvolgere il governo egiziano nelle questioni relative ai diritti umani e prendiamo sul serio tutte le accuse di arresto o detenzione arbitraria. Porteremo i nostri valori in ogni relazione che abbiamo in tutto il mondo. Ciò include i nostri partner per la sicurezza, compreso l'Egitto”. (Fonte)

Rapporti per paese 2019 sulle pratiche in materia di diritti umani: Egitto 

Sebbene una acritica acquiescenza ai piani egemonici degli Stati Uniti abbia sempre caratterizzato la politica italiana, con Berlusconi l’Italia si era allontanata dal tradizionale equilibrio tra i suoi pilastri storici: abbandono dell’approccio europeista e multilateralista a favore di un rafforzamento delle relazioni bilaterali con gli Stati Uniti, e distacco dalla formula di “equidistanza” che serviva a conciliare il diritto all’esistenza di Israele con il riconoscimento dei diritti nazionali del popolo palestinese. Dunque la piena sintonia con gli Stati Uniti non si basava solo sulla piena adesione ai valori declamati da George Bush, difesa della "superiorità" della civiltà occidentale su quella dell'Islam, ma anche sulla condivisione dell’amicizia verso Israele. E’ in questo periodo che Berlusconi si schiera apertamente a favore degli interessi e delle preoccupazioni del governo israeliano, e sottoscrive un importante Memorandum di intesa con Israele per la cooperazione militare e nel settore della difesa. Israele doveva diventare un partner strategico con cui collaborare per creare un dispositivo di garanzia e sicurezza attorno al confine marittimo italiano, contro rischi come l'instabilità degli approvvigionamenti energetici, l'aumento incontrollato delle migrazioni illegali e le infiltrazioni di terroristi islamici. Questo significa ancora oggi trascurare la questione della democrazia e del rispetto dei diritti umani in quei paesi del Mediterraneo governati da regimi autoritari. “Come si muovono Egitto e Israele nel Mediterraneo” (Fonte)

L’interesse italiano nel Mediterraneo allargato

La visita agli inizi di aprile del presidente del Consiglio italiano Draghi al neopremier libico Abdulhamid Dabaiba si era resa necessaria sicuramente per rilanciare il ruolo dell’Italia nel paese, ma anche per riprendere il dialogo sui dossier rimasti aperti da tempo: lotta alle migrazioni, pacificazione del Paese, fornitura di gas attraverso la condotta Greenstream, ricostruzione delle infrastrutture, energie rinnovabili, ecc., tutti settori con grandi opportunità di business. Non bisogna dimenticare che in Libia operano grandi aziende come Telecom Italia Sparkle (realizzazione cavo sottomarino BlueMed che collegherà la Liguria alla Sicilia fino a Mumbai attraversando Medio oriente, Africa, Asia ed Europa), l’immancabile Eni di Claudio Descalzi e Leonardo se si conferma l’interesse libico non solo per l'acquisto di elicotteri italiani, ma anche per la realizzazione di un impianto di assemblaggio di velivoli sul suo territorio. Vale la pena ricordare che tra il 2006 e il 2010 Leonardo aveva consegnato alla Libia di Muammar Gheddafi una ventina di elicotteri tra 109, 119 e 139.

Dalla Libia, e quindi dalle coste del Mediterraneo, al Golfo di Guinea per difendere gli asset dell’Eni alla missione nel Sahel con la Task Force Takuba e, spostandosi nel Golfo Persico, alla rinnovata missione dell’Alleanza Atlantica in Iraq. Per quanto riguarda la missione Nato in Iraq, Guerini ha dimostrato notevole attivismo non solo per permettere all’Italia di assumerne la guida, ma anche per ricavarne un ruolo di leadership all’interno dell’Alleanza (l’Italia è il secondo paese, dopo gli Stati Uniti, per numero di contributi alle operazioni alleate). E’ chiaro che l’Italia, prendendo il comando della missione NATO in Iraq, si inserisce nella sfida fra USA e Turchia sperando di ricavare un ruolo maggiore nel dossier libico. Un ruolo che può ottenere solo a discapito della Turchia e previo consenso degli Stati Uniti, a loro volta interessati dalla Libia solo perché è diventata terreno di scontro con l’avversaria Russia e con l’amica-nemica Turchia.
Per Roma la Libia è il più importante ma non l’unico fronte aperto con Erdoğan visto che ha aumentato la sua presenza nel Mediterraneo orientale (dove ci sono gli interessi di Eni) e in Somalia (altra nostra ex colonia). Il dispiegamento delle forze speciali italiane nella task force Takuba in Mali (a guida francese) è iniziato nel mese di marzo con l’obiettivo di addestrare le forze armate locali e supportarle nel controllo del territorio per il contrasto ai fenomeni di terrorismo, traffico illecito e insurgency. Se si guarda però alle armi e mezzi in dotazione per la missione, è facile prevedere che fra le azioni previste ci sono anche quelle di combattimento. http://documenti.camera.it/leg18/dossier/testi/DI0254.htm?_1591800219613

Per il ministro italiano le missioni all’estero servono a mostrare il volto di una Italia “competente e capace”. Da Gibuti, dove sono presenti numerosi paesi con basi militari e luogo di transito di merci, ha precisato che aver assunto il comando dell’operazione EUNAVFOR Atalanta per il contrasto del fenomeno della pirateria nell’Oceano Indiano, fa parte di una precisa strategia visto che il Corno d’Africa è “il centro degli interessi nazionali, ma anche un arco di instabilità diffuso dove vi possono essere connessioni con terrorismo, traffici illeciti e altro”.

L’Italia ha previsto nella legge di bilancio 2021 1.483 milioni di euro per le missioni internazionali.

L’America di Biden e NATO 2030

Alla Conferenza in diretta sulla sicurezza di Munich 2021 di febbraio l’Italia non era presente. I capi di stato e di governo di Germania, Francia, Regno Unito e Stati Uniti, nonché dell'Unione europea, della NATO, dell'OMS e dell'Onu, hanno discusso come costruire e rinnovare l'alleanza transatlantica, affrontare le sfide globali del clima e terrorismo, e soprattutto come andare oltre uno stato di "assenza di occidente". Il termine “assenza di occidente” era presente nel Rapporto sulla sicurezza di Monaco 2020 e rifletteva il diffuso sentimento di disagio e irrequietezza di fronte alla crescente incertezza sul futuro. In questa conferenza Biden ha annunciato che si sarebbe ripresa la competizione tra grandi potenze:“Dobbiamo prepararci insieme per una competizione strategica a lungo termine” e che la “concorrenza con la Cina sarà dura”. Sostanzialmente ha ammesso che gli Stati Uniti sono in relativo declino. Quindi il partenariato USA-Europa "E’ e deve rimanere la pietra angolare di tutto ciò che speriamo di realizzare nel 21° secolo proprio come abbiamo fatto nel 20°secolo" ed ha richiamato l'articolo 5 della NATO come garanzia al sostegno della difesa collettiva. Il premier francese Manuel Macron ha risposto: “Credo nella NATO. Credo che la NATO abbia bisogno di un nuovo slancio politico e di un chiarimento del suo concetto strategico”. Come Macron, Jens Stoltenberg, segretario generale della NATO, ha espresso il suo sostegno a un nuovo concetto strategico "per tracciare una rotta comune in futuro" e la cancelliera tedesca Angela Merkel ha accolto con favore i primi annunci e decisioni della nuova amministrazione come "passi importanti verso una maggiore cooperazione multilaterale". (Fonte)

La conferma di Mario Draghi all’Alleanza Atlantica, messa in discussione da qualche esponente del governo precedente, si è fatta sentire velocemente su più fronti: nel caso dell’arresto di un ufficiale della marina militare italiana con l’accusa di gravi reati attinenti allo spionaggio e alla sicurezza dello Stato, e l’uso per la prima volta dei poteri speciali su produzioni definite strategiche (golden power).E’ accaduto che il Mise di Giorgetti, d'intesa con il Dis, il ministero della Difesa e il ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, hanno impedito alla Shenzhen Investment Holdings Co di acquisire una quota di controllo (il 70% del capitale) della Lpe spa, azienda attiva nel settore dei semiconduttori (sviluppo di reattori epitassiali).

Nel marzo 2020 il segretario generale della Nato aveva nominato dieci esperti per aiutarlo in una “riflessione strategica sul futuro della NATO” chiesta dai Paesi membri. L’obiettivo delle cinque donne e cinque uomini, fra cui l’italiana Marta Dassù senior director per gli Affari europei dell’Aspen Institute, era quello di rinnovare l’Alleanza anche sulla base delle critiche sollevate da Emmanuel Macron a proposito della sua “morte cerebrale”. La nomina dell’ambasciatore turco Tacn Ildem è stata indicativa della volontà di ricucire i rapporti precari con la Turchia considerando l’ambiguità dimostrata dal premier Erdoğan con la Russia (missili antiaerei S-400), e considerando le sue ambizioni politico-economiche nell’area (giacimenti energetici del Mediterraneo, insediamenti in Africa, Siria e Libia). Entrando nel merito del rapporto NATO 2030 pubblicato a novembre 2020, si ha l’impressione che sia l’ennesimo tentativo di tenere in piedi una Alleanza sempre più decadente. Renderla “più politica e più globale” si risolve nell’aggiornamento del concetto strategico del 2010, rivedere la lista delle minacce, il ruolo delle tecnologie disruptive, il fronte sud e il cambiamento climatico. Cioè nulla di nuovo: “L’evoluzione storica dei Concetti Strategici della NATO” . (Fonte)

Con la Russia si continua con la politica del doppio binario, dialogo e deterrenza, e con la Cina con la valutazione delle capacità militari e tecnologiche, peso economico e obiettivi strategici. Sulle tecnologie disruptive o dirompenti, ma anche nuovo modo di funzionare di un business grazie alle potenzialità offerte dalla tecnologia, si propone un maggior coordinamento tra alleati e con il settore privato “per identificare le lacune nella cooperazione sulla difesa collettiva, nelle strategie, nelle norme e nella ricerca e sviluppo dell’Intelligenza artificiale”. Per il fronte sud si raccomanda il rafforzamento dell’Hub di Napoli e un approccio coerente per affrontare il terrorismo e la crescente presenza di Russia e Cina nell’area. Per i problemi inerenti il cambiamento climatico e il rafforzamento della democrazia è prevista la creazione di due centri, il “Centro di eccellenza per il clima e la sicurezza” e il “Center for Democratic Resilience”. La lotta al cambiamento climatico è anche una delle quattro priorità nell'agenda di Joe Biden insieme alla gestione della pandemia della Covid-19, la ripresa economica e la lotta alla disuguaglianza razziale, ma non è chiaro cosa vuol dire la NATO quando sostiene che “il cambiamento climatico continuerà a plasmare l’ambiente di sicurezza della Nato; sebbene la modulazione delle emissioni rientri principalmente tra le competenze dei singoli Stati, la Nato può svolgere un ruolo rilevante aumentando la consapevolezza della situazione, il pre-allarme e la condivisione delle informazioni”. https://www.nato.int/cps/en/natohq/opinions_178355.htm

Ugualmente non è chiaro il compito del Center for Democratic Resilience: "Dobbiamo costantemente rafforzare e proteggere la democrazia dai tentativi di minarla, sia dall'interno che dall'esterno". In una telefonata con Jens Stoltenberg , il presidente dell'Assemblea Parlamentare della NATO Gerald E. Connolly ha affermato che “l'attacco a Capitol Hill del 6 gennaio ha dimostrato che la democrazia, sebbene resiliente, è anche fragile. E le prove recentemente rilasciate dell'interferenza russa nelle nostre elezioni sottolineano la minaccia che la marcia globale dell'autocrazia rappresenta per le nostre democrazie". (Fonte)  Dunque la NATO dovrebbe occuparsi di censura dello spazio giornalistico, discriminazione contro le minoranze etniche negli Stati baltici, violazioni dei diritti umani, atteggiamenti antidemocratici nei confronti delle comunità LGBT , ecc. https://nato-pa.foleon.com/coordination-centre-on-democracy-resilience/the-case-for-a-center-for-democratic-resilience-in-nato/introduction/

A marzo Jens Stoltenberg ha illustrato il suo report annuale dichiarando che vi è stato un incremento complessivo della spesa destinata alla Difesa. Gli Stati Uniti nel 2020 hanno presentato un budget da 785 miliardi di dollari, oltre il doppio di tutti gli altri Stati Nato. L’aumento della spesa tra Europa e Canada ha raggiunto i 322 miliardi di dollari mentre gli alleati in linea con la soglia del 2% sono diventati undici: Grecia, Estonia, Regno Unito, Polonia, Lettonia, Lituania, Romania, Francia, Norvegia e Slovacchia. Gli Stati Uniti superano il 2% arrivando al 3,73% seguiti dalla Grecia con il 2,68%. Il Regno Unito si attesta al 2,31%, la Francia al 2,04 e la Germania all’1,56, mentre l’Italia ha dedicato alla difesa il 1,39%, in aumento rispetto agli anni precedenti https://www.nato.int/nato_static_fl2014/assets/pdf/2021/3/pdf/210316-pr-2020-30-en.pdf

In Europa il Consiglio europeo ha assegnato 7,9 miliardi al Fondo per la difesa 2021-2027 (2,6 miliardi di euro per la ricerca e 5,3 miliardi di euro per progetti di sviluppo). L’obiettivo del Fondo dovrebbe essere quello di contribuire a ridurre le duplicazioni e a rafforzare l'interoperabilità dei sistemi di difesa utilizzati dalle forze armate europee, ma anche considerare la cooperazione degli Stati membri all'interno di altre organizzazioni regionali e internazionali come la NATO.
https://www.consilium.europa.eu/it/policies/the-eu-budget/long-term-eu-budget-2021-2027/
Fra l’altro l’Europa è impegnata a redigere un documento di strategia militare per definire le future minacce, il “Towards a Strategic Compass” presentato durante una videoconferenza a novembre 2020 dal francese Josep Borrell, alto rappresentante dell'UE per gli affari esteri e la politica di sicurezza:“Sappiamo cosa ci troviamo di fronte e cosa ci attende. Ora dobbiamo tradurre in obiettivi concreti ciò che è necessario fare per rispondere alle minacce e sfide crescenti che l'UE si troverà ad affrontare nel prossimo decennio”. https://www.consilium.europa.eu/it/meetings/fac/2020/11/20/
Nel dossier del 1 marzo redatto per le Commissioni Riunioni Interparlamentari , sono elencate le tappe che hanno caratterizzato i rapporti fra Unione Europea e NATO sino all’elaborazione dello Strategic Compass, una "bussola" per orientare l’azione dell’UE e degli Stati membri nel campo della difesa e della sicurezza. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01209192.pdf
Nel documento si fa riferimento ai progetti che potrebbero produrre risultati concreti entro il 2025: Squadre di reazione rapida di contrasto alle minacce cyber (con capofila Lituania); Comando medico europeo (a guida tedesca, reso urgente dalla pandemia); Mobilità militare (coordinato dai Paesi Bassi), Sorveglianza e protezione marittima dei porti, a guida italiana e il programma di difesa antimissile TWISTER (Timely Warning and Interception with Space-based TheatER surveillance) a guida francese. Il programma, partecipano fin dall’inizio Italia, Finlandia, Olanda e Spagna a cui si è aggiunta la Germania, dovrebbe fornire una base europea al programma di difesa missilistica balistica della NATO. Nell’articolo “La tecnologia corre più dei trattati. Il ruolo della difesa missilistica per l’Italia tra Nato e Ue” si esplicita che il progressivo smantellamento dei regimi di non proliferazione, disarmo e controllo degli armamenti che hanno regolato le relazioni tra le maggiori potenze fin dalla Guerra fredda, e l’innovazione tecnologica galoppante e globalizzata, rappresentano una sfida cruciale per l’Italia, l’Europa e la Nato: “Twister svilupperà entro il 2030 un intercettore europeo endo-atmosferico multi-ruolo, capace di rispondere tanto a obiettivi convenzionali come aerei da caccia di prossima generazione, quanto a minacce provenienti da missili balistici di manovra con distanze intermedie, missili da crociera ipersonici o supersonici, alianti ipersonici”. https://www.iai.it/sites/default/files/iai2106.pdf

Aumento delle povertà e disuguaglianze

La crisi pandemica si sta dimostrando più dirompente di quella finanziaria del 2008 e più inaspettata di quella del 1929 che portò alla Grande Depressione. L’organizzazione non governativa Oxfam ha scritto nel suo rapporto “La pandemia ha favorito le disuguaglianze” che nel mondo si è avviata una corsa al riarmo. https://www.oxfamitalia.org/davos-2021/
Tuttaviaproprio quando la crisi pandemica rivela le carenze strutturali del sistema sanitario, non si discute del fatto che “Quando i paesi aumentano i loro bilanci militari, diminuiscono la spesa per la sanità pubblica”, cioè un aumento dell'1% della spesa militare porta generalmente a una diminuzione tra lo 0,6 e l'1% dei fondi per la sanità https://peacesciencedigest.org/when-countries-increase-their-military-budgets-they-decrease-public-health-spending/ Anche nell’articolo “Il virus gonfia le spese militari”, Gianni Ballarini descrive bene come nel 2020 vi sia “stato un aumento del 3,9%, in termini reali, della spesa mondiale della difesa, mentre è calata del 3,5% la produzione economica globale. In proporzione al Pil, si è passati da una spesa militare dell’1,85% del 2019, al 2,08% nel 2020. In valori assoluti si sono superati i mille e 830 miliardi di dollari. L’Europa è il continente nel quale si attende la crescita maggiore nel 2021” https://www.nigrizia.it/notizia/il-virus-gonfia-le-spese-militari

In presenza di molto denaro da investire perché aumentare le spese militari? La ragione del riarmo viene abitualmente attribuita all’intensificazione delle tensioni geopolitiche, ma, se analizziamo il percorso delle spese militari nei decenni, si scopre che alla base delle tensioni e del riarmo vi sono altre motivazioni: aumento della competizione fra potenze, ritiro da accordi internazionali sulle riduzioni di materiali bellici, stravolgimenti politici, crisi economiche.

Il riarmo italiano

Le spese militari in Italia sono in rialzo per il secondo anno consecutivo: per il 2021 sono pari a 24.597,4 milioni di euro (1.6 miliardi in più rispetto del 2020) rappresentando così il 3,2% delle spese finali del bilancio dello Stato (senza contare le risorse aggiuntive del MEF e MISE).

Ripartizione delle spese dello Stato: Difesa 3,2% – Università e ricerca 1,7% - Interno 3,9% – Istruzione 6,5% – Lavoro 21,0% - MIT 1,9% - MISE 1,3% - Giustizia 1,2% - Altri ministeri 1,7% - MEF 57,6%
Ripartizione per settori di spesa: nella Funzione Difesa per il Personale 10.488,38 milioni di euro – Esercizio 2.283,99 milioni – Investimenti 3.225,9 milioni di euro (escluse le risorse dei cosiddetti “fondoni”)
Stanziamenti per ciascuna missione: Carabinieri per la difesa e sicurezza 6.668,9 milioni – Forze terrestri 5.532,8 – Forze marittime 2.152,6 – Forze aree 2.876,1 – Pianificazione forze armate e approvvigionamenti 5.5605,5 – Sviluppo sostenibile e tutela del territorio e dell’ambiente 482,3 milioni (si nota la profonda differenza con le spese puramente militari).
Se ai 4.285,9 milioni dedicati agli investimenti (con i fondi) si aggiungono 3.347,5 milioni di euro per il 2021 destinati dal MISE si raggiunge un totale di 7.633,4 milioni di euro.

Per la promozione e attuazione di politiche di sviluppo, competitività e innovazione, il MISE finanzia:
programma di ammodernamento della flotta navale (con una dotazione di 723,9 milioni di euro per il 2021 - programmi Forza NEC 3^ e 4^ fase, M346, T345, HH101Combat SAR 3^ e 4^ fase (con una dotazione di 263 milioni di euro per il 2021) - programmi Forza NEC 1^ e 2^ fase, HH101 Combat SAR 1^ e2^ fase, SI.CO.TE, Eurofighter, Tornado, Elicotteri medi NH90 (con una dotazione di 1.271,4 milioni di euro per il 2021) - programmi FREMM, VBM, FSAF B1NT, Futuro Elicottero esplorazione e scorta EES, Blindo Centauro(con una dotazione di 540,5 milioni di euro per il 2021).

Per quanto riguarda i cosiddetti “fondoni”, cioè i Fondi per il rilancio degli investimenti nell'ambito della Difesa, si capisce come non siano altro che l’ennesimo tentativo di nascondere le reali cifre che lo Stato italiano attribuisce alle spese militari http://documenti.camera.it/leg18/dossier/pdf/DI0303.pdf

Nell’ audizione su linee programmatiche e Recovery plan dell’8 aprile, il ministro Guerini ha voluto sottolineare che i programmi militari puri e tradizionali non rientrano nei progetti del Recovery Plan. https://www.camera.it/leg18/1132?shadow_primapagina=12087 In realtà nel Piano vi è un riferimento diretto all’attuazione di “programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare”. Per quanto non si conosca l’ultima versione del Piano, è improbabile che il Ministero della Difesa ne venga escluso. https://temi.camera.it/leg18/temi/piano-nazionale-di-ripresa-e-resilienza.html

Poi ha cominciato con la solita esaltazione del ruolo delle Forze Armate e dell’industria bellica: “Se avere Forze armate equipaggiate in modo tecnologicamente avanzato è fondamentale pe la sicurezza del Paese, è altrettanto imprescindibile che industria nazionale sia in grado di soddisfare questi requisiti in modo quanto più possibile autonomo”. Tema molto caro al ministro che ha sottolineato come il documento programmatico pluriennale 2020-2022 “già colloca circa l’80 per cento fondi sui programmi con integrali ricadute sull’intera industria nazionale ed è stata una scelta precisa del dicastero” per cui serve “un approccio più sinergico che fonda insieme un duplice obiettivo: tutelare l’autonomia strategica delle Forze armante e consolidare la rilevanza tecnologica e la competitività dell’industri italiana nel mondo”. https://www.difesa.it/Content/Documents/DPP/DPP%202020-2022.pdf

Nel “Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza” vi sono interventi che riguardano la transizione ecologica e l’efficientamento energetico intrapresi all’interno del patrimonio della difesa. Si fa cioè riferimento alla realizzazione di distretti energetici intelligenti (definiti smart military district), Caserme Verdi per l’Esercito e basi militari di nuova generazione. Stando al rapporto, per ora e in attesa di finanziamenti ad hoc, la Difesa ha avviato 28 “progetti pilota” con fondi tratti dal proprio bilancio ordinario. http://www.senato.it/service/PDF/PDFServer/BGT/01207401.pdf

Per quanto riguarda invece il tema della digitalizzazione si legge:“Sul tema della digitalizzazione e dell’innovazione nel campo della Difesa, si ricorda che nella medesima Relazione della V Commissione Bilancio, si sottolinea la necessità di “valorizzare il contributo della Difesa allo sviluppo del cosiddetto «internet delle cose» (internet of things)e al rafforzamento della difesa cibernetica, nonché dare piena attuazione ai programmi di specifico interesse volti a sostenere l’ammodernamento e il rinnovamento dello strumento militare”.
Da questo punto di vista anche se non vi saranno progetti inerenti i sistemi d’arma, l’industria della difesa e sicurezza (Leonardo e sua filiera) potrà usufruire di finanziamenti che si rifanno alle sue soluzioni tecnologiche e piattaforme sviluppate per le minacce cyber, dispositivi di sicurezza delle infrastrutture critiche, energetiche, dei trasporti e delle reti che rendono possibili gli scambi economici e finanziari, sicurezza di grandi eventi, sistemi di sorveglianza e controllo delle città, mobilità e digitalizzazione delle PMI e pubblica amministrazione e contributo della Difesa nelle emergenze civili.

Sempre nel Piano vi è un riferimento alla sanità militare che sottolinea la necessità di “mantenere alto il livello di preparazione e capacità operativa dell’intero comparto della sanità militare, che si è rivelato particolarmente prezioso durante le fasi più acute della pandemia”. Su questo punto Guerini ha ricordato il Policlinico Militare del Celio riconvertito in Covid Hospital e inserito nella rete nazionale anti Covid, quale riferimento delle strutture sanitarie del Centro Italia, e le due operazioni dirette dal Comando Operativo di vertice Interforze (COI): l'operazioe "IGEA" per le attività di screening e l'operazione "EOS" per il trasporto logistico e la somministrazione dei vaccini. https://documenti.camera.it/Leg18/Dossier/Pdf/DI0351.Pdf
L’integrazione e sinergia della Sanità Militare e del Sistema Sanitario Nazionale è stato un tema cruciale affrontato dal ministro:“La Difesa ha proposto, nell’ambito del PNRR (Piano nazionale di ripresa e resilienza) numerosi interventi, tra cui la possibile entrata in linea di una Nave Ospedale, il potenziamento della flotta aerea per il trasporto sanitario in biocontenimento a lungo raggio e il rafforzamento delle strutture ospedaliere e degli ospedali da campo”. https://temi.camera.it/leg18/temi/le-misure-in-favore-della-sanit-militare-contenute-nel-dl-18-del-2020.html

Può quindi ritenersi soddisfatto dall’aumento costante degli investimenti che avvicinano l’obiettivo della Difesa di allineare il rapporto budget/Pil "verso la media NATO europea, ma c'è bisogno di una nuova Nave Ospedale?

Secondo i dati raccolti dal report PwC Italia nel 2018 il valore complessivo della spesa sanitaria (pubblica e privata) è stato pari a 156,381 miliardi di euro. Il finanziamento pubblico (Fondo sanitario nazionale) per il 2020 pre-Covid è stato fissato in 116,474 miliardi di euro (con un aumento di 2 miliardi di euro rispetto al 2019). La spesa sanitaria pro capite, secondo gli ultimi dati del 2017, si è attestata a 2.483 euro, quasi il 15% in meno rispetto alla media dell’UE, pari a 2.884 euro. La spesa privata pro-capite è invece in linea con il resto dell’Unione Europea. La Corte dei Conti ha sottolineato che dal 2010 il trend degli investimenti pubblici in sanità è in forte decrescita, fino al valore minimo di 1,4 miliardi registrato nel 2017, – 60% rispetto al 2010. Il livello di finanziamento degli investimenti nel 2016/2017 è di molto inferiore a quello degli altri Paesi UE, ovvero corrisponde a circa la metà di quello di Francia e Spagna e a meno di un terzo di quello della Germania https://www.pwc.com/it/it/press-room/assets/docs/cs-PwC-sanit%C3%A0-covid-19.pdf

Per il 2021 la dotazione del Fondo Sanitario Nazionale è di circa 121 miliardi di euro. Ma come drammaticamente si continua a vedere, la pandemia ha svelato i danni clamorosi provocati dallo smantellamento operato nei confronti della medicina del territorio: dalla rete di distretti sanitari di quartiere, agli ambulatori di medicina generale, alla medicina scolastica, ai centri vaccinali, ai consultori familiari. Alla salute il Recovery plan dovrebbe dedicare 19,7 miliardi di euro, alla digitalizzazione, innovazione, competitività e cultura 46,3 miliardi di euro, rivoluzione verde e transizione ecologica 69,8 miliardi di euro, infrastrutture per una mobilità sostenibile 31,9 miliardi di euro, istruzione e ricerca 28,5 miliardi di euro e inclusione e coesione 27,6 miliardi di euro.

La domanda da farsi è se in Italia fra Legge di bilancio e Recovery plan vi sia davvero la volontà di destinare i finanziamenti alla sanità pubblica, al potenziamento dei servizi territoriali e di assistenza domiciliare e degli ospedali, o come è accaduto sinora, si continuerà a favorire la sanità privata.

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