Latina

La Pentola puzzolente di PDVSA e il possibile intervento nordamericano

Alcuni mesi fa, vari analisti del petrolio come Francisco Mieres, Victor Poleo e Pablo Hernandez, tutti loro, importanti collaboratori del Centro di Investigazione dell'OPEC, facenti parte del Ministero della Energia e Miniere, misero in risalto l'urgenza di ristrutturare l'Industria petrolifera venezuelana PDVSA, in quanto in essa si stava perpetrando un altro golpe come quello dell'11 Aprile 2002, che mirava a soddisfare interessi privati e buona parte di essi, delle imprese nordamericane.
Una volta iniziato lo sciopero del petrolio e quando il governo denuncia il sabotaggio internazionale di PDVSA, gli analisti menzionati, iniziano una campagna di responsabilizzazione, il cui messaggio ha posto in evidenza le reali motivazioni delle guerre nel mondo, i colpi di stato in America Latina, piani militari come "El plan Colombia", la cui finalita' e' di convertire il paese vicino nell'Israele del sud America.
18 marzo 2003
David Javier Medina
Fonte: El Guayanes

Antecedenti storici

Questa informazione e' stata acquisita dal foro "PDVSA por dentro" realizzato a Maracaibo, pochi giorni dopo che riprese la navigazione la nave cisterna "Pilin Leon", nel quale Pablo Hernandez fu' il promotore mentre simultaneamente, altri analisti, facevano altrettanto in altre regioni del paese.

Riferendosi a fatti storici che a suo giudizio spiegano la situazione della crisi attuale del paese e del mondo, Hernandez mette in risalto che quando i patrioti di Bolivar si ribellarono all'impero spagnolo per difendere la terra venezuelana, morirono un venezuelano su quattro, vale a dire 250.000 morti durante la lotta per l'indipendenza che permise la liberazione di cinque paesi.

Questa riflessione e' stata fatta con l'intento di chiarire che il processo di trasformazione del paese, inizia un'altra volta nel Dicembre 2002, esaltando la maggior responsabilita' di venezuelani, che un domani dovranno rispondere ai propri figli del loro operato.


Hernandez chiarisce che gli Stati Uniti non erano presenti a quei tempi pero' gia' nel 1919 il suo Dipartimento di Stato attraverso un'informativa, afferma la necessita' di appropriarsi di tutte le aree petrolifere che erano britanniche.
Spiega, ancora che gi Stati Uniti non parteciparono alla 1° guerra mondiale, perche' in quel momento e dal 1860 era il primo produttore ed esportatore mondiale di petrolio del mondo e durante la guerra riforni' di petrolio non solo Francia e Inghilterra ma anche la Germania, cosi' come fece nella seconda guerra mondiale, a dimostrazione che gli U.S.A. non hanno amici e nemici senza interessi.


Nonostante avessero i maggiori giacimenti petroliferi conosciuti in quell'epoca, inizia la guerra per il petrolio contro Inghilterra e Francia. Nell'anno 1919 inizia in Venezuela la battaglia tra la Shell e la Creole per la conquista dei giacimenti petroliferi del lago Maracaibo.

Per questo e' evidente che da 80 anni a oggi, il petrolio per gli U.S.A. e' di importanza vitale, tanto che nel 2001, il vicepresidente Dick Cheney, precisamente il 30 Aprile, indica le basi del famoso piano energetico di Bush, dicendo che realmente i combustibili derivati dal petrolio coprono il 100% delle necessita' del trasporto e una grande percentuale delle richieste per il fabbisogno elettrico. Hernandez conclude dicendo che questa e' la realta' da molti anni e che cosi' continuera' ad essere in futuro.


In questa maniera smentisce le argomentazioni date in passato da Luis Giusti e Quiros Corradi che riferivano che il petrolio non ha futuro e sara' sostituito da altre fonti energetiche, considera un racconto falso, venduto ai venezuelani per giustificare la privatizzazione di PDVSA.


Un enigma chiamato Stati Uniti

Gli Stati uniti, consumano la meta' del combustibile del mondo, 50 litri ogni 100 e in futuro avra' necessita', per i fabbisogni di energia elettrica, di costruire entro il 2020, tra 1300 e 1900 centrali elettriche, una per settimana, tutto per consumo interno, con l'eccezione, che aumentando il ritmo di sviluppo ne saranno necessarie anche di piu''.

Avranno bisogno anche di 400.000 km di gasdotti secondari e 90.000 di gasdotti principali.


Hernadez enfatizza che si sta parlando della maggior economia mondiale, la quale ha bisogno di petrolio a basso costo, non petrolio qualsiasi e sono pochi i posti nel mondo che possono offrire barili di petrolio il cui costo di produzione sia inferiore a cinque dollari a barile.

Percio' il 17 Maggio, Dick Cheney, che e' anche presidente di una delle prime compagnie di servizi petroliferi, dice, con il consenso del presidente Bush, che gli Stati Uniti, avrebbero potuto avere dei problemi se venivano a mancare i rifornimenti di combustibile, mentre in realta' si trattava di una falsa crisi creata dalla impresa Enron, per ripagarsi delle spese sostenute per la campagna elettorale dell'attuale presidente degli Stati Uniti.


Si stabilisce quindi, che si deve ottenere petrolio, in qualsiasi posto e con qualsiasi mezzo, in quanto si tratta di un problema di sicurezza nazionale.
Hernandez collega queste affermazioni col fatto che venti dei principali dirigenti politici dell'attuale governo di questa nazione, sono funzionari della industria petrolifera e che altri 32 importanti dirigenti sono rappresentanti di compagnie che producono e commerciano armi, compresa la moglie di Cheney, che e' consulente della principale impresa di armamenti nordamericana.


Perche' il petrolio?

Il petrolio non e' solo gas per cucinare, materia prima per le centrali elettriche, combustibile, carburante, oli o asfalto per le strade, ma fondamentalmente e' l'unica fonte energetica conosciuta al mondo che permette con un serbatoio di carburante di 100 litri di muovere una nave di cento tonnellate. Non esiste altra fonte energetica con queste proprieta', come i combustibili derivati dal petrolio.
Dal petrolio, pero' provengono anche numerosi derivati che soddisfano un'infinita' di rami industriali, anche l'amalgama e la resina per i denti derivano dal petrolio, vale a dire, milioni di prodotti derivano dal petrolio e questa caratteristica ne fanno la materia prima nel mondo attualmente e probabilmente nei prossimi cento anni.


Cosa c'entra il Venezuela in questa realta'?

La crisi venezuelana sta semplicemente nel pretendere di produrre la maggior quantita' di petrolio nel paese, e questo e' il motivo per cui vogliono realizzare il colpo di stato. Situazioni create da fuori che evidenziano l'enorme potere che hanno le compagnie petrolifere nel mondo.

Delle cinquecento grandi corporazioni nel mondo, ci sono 260 compagnie che producono beni materiali, perche' le altre 240 fanno attivita' di commercio, assicurazioni, banche, finanza che non producono assolutamente niente.
Le compagnie legate al petrolio o alla produzione di energia occupano la meta' della economia mondiale, da qui il detto che dice che attualmente le compagnie petrolifere sono le padrone del mondo, in quanto hanno il controllo dell'energia che muove l'economia mondiale e la materia prima senza la quale la stessa economia mondiale non funzionerebbe.

Quaranta di ogni cento tonnellate del commercio mondiale sono in ogni maniera petrolio e gas e questo e' il peso che ha, secondo Hernandez, il nemico che combatte Venezuela, intendendo come nemico, le imprese petrolifere degli Stati Uniti.

Le transnazionali petrolifere sono un mostro economico

Il potere finanziario delle compagnie petrolifere e' evidente quando le imprese Exon Movil, Bp e SHELL, dichiarano guadagni netti nell'anno 2001 dopo aver pagato le imposte per 34.000 milioni di dollari, mentre tutte le compagnie di informatica del mondo (Europee, nordamericane e Giapponesi), inclusa quella dell'uomo piu'' ricco del pianeta, dichiarano la meta'.

Queste compagnie che dichiarano il doppio del resto della industria mondiale controllano il governo britannico e nordamericano, pero' dichiarano solo i guadagni netti mentre probabilmente stanno guadagnando il triplo, grazie ai cosi detti costi operativi che sono anche essi forme di guadagno.


La fragilita' del mostro

Il famoso racconto che il consumo di petrolio decadra' in un prossimo futuro, si contraddice con i risultati delle analisi delle principali fonti statistiche degli Stati Uniti, dove si evidenzia che dall'anno 1985 all'anno 2010 il consumo di petrolio e' aumentando e continuera' aumentando.

Per l'anno 2020 si prevede che negli Stati Uniti per ogni 100 barili consumati se ne dovranno importare 80 contro i 60 che si importano attualmente.

Mentre in Europa, ogni 100 barili consumati dovra' importarne 90 e in un tempo non lontano dovra' importare tutto il petrolio che consuma, cosi' come il Giappone.
Cosi' che dei 60-75 milioni di barili di petrolio necessari per il 2020, dovranno importarli tutti, con la considerazione che questi 75 milioni di barili significano 25 giacimenti come Venezuela, che e' il quinto paese produttore mondiale.


La politica estera degli U.S.A. si basa sulla dipendenza energetica.

Gli Stati Uniti non possono incrementare del 50% il consumo di petrolio senza intromettersi politicamente e militarmente nei paesi dai quali dipende il suo consumo di petrolio. Dove esiste il petrolio che a loro serve, loro interverranno con le buone o con le cattive e questi paesi non sono altri che Messico, Venezuela, Colombia, Ecuador e Argentina, parlando solo di America Latina.

Questi paesi esportano negli Stati Uniti tanto petrolio quanto Arabia Saudita e Canada, quasi tre milioni di barili giornalieri che escono dalla America Latina.
Altra considerazione importante e' che per gli Stati Uniti e' piu'' importante il petrolio dell'America Latina che quello dell'Arabia Saudita, per il fatto che dal Messico c'e' un giorno di viaggio, dal Venezuela cinque giorni mentre dai paesi arabi ci vogliono cinque settimane.

Percio' si e' sempre detto che gli Stati Uniti hanno il petrolio nel cortile di casa cioe' in America Latina.


Si spiega cosi', che le necessita' energetiche degli Stati Uniti hanno creato varie compagnie multinazionali senza nazionalita', non si tratta di compagnie nordamericane, europee o giapponesi, ma di multinazionali.

Quando gli Stati Uniti conducono una guerra per il petrolio stanno assicurando petrolio alle proprie compagnie in Europa, nel sud-est Asiatico e nel Giappone, prova ne e' che una parte della Mitsubishi e' della General Motors. Fusioni che si effettuano anche fra le altre grandi compagnie del mondo, come quella fra Exon Movil e la Shell.

Chi governa il mondo?

Esiste una specie di governo mondiale controllato dalle grandi corporazioni, queste 260 grandi corporazioni sono sostenute da quindici banche mondiali. E' per questo che quando gli Stati Uniti iniziano un'operazione di liberta' dicono che si sta o "con loro o contro di loro", semplicemente stanno dicendo che la materia prima, cioe' il petrolio, serve per assicurare energia a basso costo per gli Stati uniti, Giappone, Europa, paesi del sud-est Asiatico oltre che Messico e Brasile dove loro hanno le loro fattorie.


I giacimenti petroliferi piu'' importanti nel mondo

Gli Stati Uniti hanno constatato che la maggior riserva di petrolio in Europa, precisamente nel Mar del Nord, e' in declino e gia' non si effettuano piu'' investimenti, il che spiega la presenza di norvegesi in Venezuela, Brasile e altre parti del mondo.


Studi scientifici riscontrano importanti riserve di petrolio al confine fra Colombia e Venezuela, cosi' come l'Africa occidentale, si e' convertita in una nuova frontiera petrolifera del mondo.

Confrontando la nuova mappa del petrolio con lo scenario bellico nel mondo non e' casuale vedere che dove ci sono guerre, colpi di stato o insurrezioni ci sono anche grandi riserve di petrolio, dove c'e' petrolio ci sono problemi e curiosamente la democrazia non funziona e a giudizio di Hernandez, gli Stati Uniti sostengono la falsa democrazia.


Tre esempi di cio', sono, la guerra in Afganistan, il cui motivo e' che in questo paese esistono il 35% delle riserve di gas nel mondo e tutte le guerre imposte a questo popolo hanno come motivo la costruzione di un gasdotto dal maggior produttore di gas fino al Pakistan, anche se si potrebbe fare attraverso l'Iran o l'Iraq pero agli Stati Uniti non conviene perche' considera entrambi i paesi come nemici.
Ancora meno conveniente e' farlo passare per la Russia, gli rimane l'unica soluzione del Pakistan fino all'Oceano e da li distribuirlo in Europa e Giappone, per le rotte convenzionali delle imprese nordamericane.


La guerra si giustifica ancor piu'' con gli attentati dell'11 settembre a New York, sui quali le indagini rilevano gravi inadempienze dei servizi segreti, in quanto i Talebani appoggiati nel passato, si rifiutarono di regalare la loro materia prima.

Bisogna anche dire che in Afganistan si produce il 75% dell'eroina mondiale, il cui maggior consumo e' negli Stati Uniti e in Europa e costituisce un commercio tanto fruttuoso quanto il petrolio, in quanto movimenta piu'' di 1200 milioni di dollari al giorno nelle grandi banche del mondo.


Un altro esempio occorse quando vari mesi fa da Mosca decisero di assassinare varie persone della resistenza cecena, uccidendo tanto gli ostaggi, come i ribelli, per la semplice ragione che la Cecenia, ubicata nel Mar Caspio zona di produzione di petrolio che e' fondamentalmente una rotta petrolifera di importanza e la Russia non puo' permettersi il lusso di restare tagliata fuori dal commercio del petrolio, tanto meno perche' non guadagna solo chi lo produce e lo commercia ma anche chi ne fruisce il suo passaggio.


L'ultimo esempio e' la Yugoslavia, che anche essa e' una rotta del petrolio importante e senza andare molto lontani l'imminente bombardamento in Iraq.
La guerra non si fa solo per l'energia ma anche per la materia prima a basso prezzo, contenuta nei minerali grezzi per costruire un motore a reazione o qualsiasi pezzo meccanico moderno.

Minerali che sono fondamentali in settori strategici della economia mondiale, nella costruzione di macchinari e ferramenta, nelle comunicazioni, nella energia e chimica, tutto cio' rende indispensabile questi minerali per le principali industrie che alimentano l'economia mondiale e che sono motivo di lotte sanguinarie per il petrolio e la materia prima a basso costo.

Un bottino chiamato Venezuela

In Venezuela non c'e' solo petrolio ma anche grandi riserve di minerali come gas, carbone, idroenergia, acciaio, alluminio e ferro fra gli altri.

In questo contesto il Venezuela si situa come una preda appetibile per le transnazionali petrolifere, i cui legami con l'antica amministrazione di PDVSA furono scoperti nella politica di internazionalizzazione della industria sviluppata da Luis Giusti, che pero' ebbero inizio nella cosi detta "nacionalizacion chucuta" realizzata dal primo governo di Carlos Andres Perez.


Da allora si registra una storia fatta di evasione fiscale, un progetto di privatizzazione di PDVSA e il falso mito della "meritocrazia" dove solo sono promossi ai livelli piu'' alti coloro che sono compromessi con le transnazionali petrolifere.

Le guerre che si avvicinano

Quando in futuro si vedranno le guerre e i massacri in Africa, queste saranno relazionate con il petrolio, l'oro, i diamanti, il ferro, il rame, il cobalto, il manganese e l'uranio, !massacri di popolo che non interessano perche' sono negri! Queste sono le vere ragioni della famosa operazione "Liberta' duratura" e contro questo nemico combatte il Venezuela.

Cosa nasconde il "Plan Colombia"

Nelle terre di "Caño Limon" situate a fianco di "La Victoria" nella regione di "Apure", il cui petrolio arriva a "Barinas" e successivamente al "Palito", questa zona estesa significa un solo giacimento di petrolio, con la particolarita' che nel "Casanare" colombiano, si trova il giacimento di "Cusiana" e "Cuspiaga", il principale giacimento petrolifero colombiano con una produzione di 1.300.000 barili di petrolio al giorno esportati in gran quantita' verso gli Stati Uniti, questo petrolio puo' uscire dalla Colombia solo per tre vie: attraverso il Venezuela, pero' e' proibito dalla costituzione venezuelana, attraverso il pacifico, pero' dovrebbe passare due volte sulla Cordigliera delle Ande, a un'altezza di piu'' di 5.000 metri e inoltre lo sbocco sul pacifico, non e' quello del mercato principale, nordamericano. Dovrebbe allora uscire al confine con la frontiera venezuelana fino al punto in cui supera la cordigliera fino a "Puerto Cobeñas" un porto turistico trasformato in porto petrolifero. In questa localita' esiste un oleodotto di 700 km che la guerriglia colombiana paralizzo' per 270 giorni nel 2001, tale oleodotto frutto' notevoli guadagni ed e' della "Occidental Petroleos" nella quale il presidente Bush ha interessi privati.


Per questo oleodotto nell'Aprile 2002 gli Stati uniti attraverso il proprio dipartimento di stato, finanziarono la "Brigada Oleoducto", 2.500 uomini addestratissimi, colombiani, appoggiati da una forza di reazione rapida di elicotteri, piu'' un aereo che sorvola per 24 ore al giorno l'oleodotto al fine di proteggere gli interessi nordamericani.


Aggiungo un altro dettaglio riferito al Signor Colin Powell, quando inizio' il movimento golpista in Venezuela e il funzionario americano viaggiava in Colombia col compito che i famosi aiuti per combattere il narcotraffico si convertissero in aiuti contro la guerriglia, cosa che si stava facendo da tempo ma che in quel momento si legalizzo'.


Il problema non era il narcotraffico, ma la guerriglia ubicata nella zona di interessi petroliferi e nella zona del "Putumayo" colombiano al confine con l'Ecuador, dove sono situate le principali riserve petrolifere del paese e la principali coltivazioni di coca, che anche essa e' controllata dagli Stati Uniti.


Il 90% della cocaina mondiale esce dalla Colombia, un commercio tanto fruttuoso che un chilo di cocaina costa in Colombia alla mafia nordamericana in complicita' con i funzionari della C.I.A. 1.500 dollari, pero' nel mercato di Los Angeles o New York costa fra i 120.000 e i 150.000 dollari, e una volta tagliata il prezzo triplica.
Il "Piano Colombia", cosi' definito dal presidente Uribe, difensore della liberta', malgrado da sei mesi questa nazione sia in stato di eccezione, dove non ci sono diritti umani nelle zone dichiarate in eccezione, contempla la trasformazione dell'esercito colombiano di 50.000 uomini attuali, in 300.000 uomini finanziati dagli Stati Uniti e dal popolo colombiano attraverso le imposte, oltre all'aspirazione di avere un milione di miliziani, mascherati da informatori che in realta' sono forze paramilitari.

Perche' la Colombia ha bisogno di un esercito 1.300.000 uomini armati?

Si tratterebbe di un esercito piu'' grande di quelli della Germania, Italia e Francia, uomini che non sono destinati a combattere la guerriglia, che secondo le dichiarazioni del presidente Uribe vorrebbero neutralizzare, ma bensi' spingerli dalle pianure colombiane verso le Ande, perche' il vero obbiettivo si chiama Venezuela, con i suoi 2.500 km di frontiera con la Colombia e cosi' da giustificare un maggiore interventismo degli Stati Uniti in Colombia affinche' la guerriglia traslochi in Venezuela, Ecuador e Brasile, convertendo la guerra colombiana in guerra di liberazione dei paesi del sudamerica.


Il piano e' gia' cosi' chiaro che il capo del Comando Sud degli Stati Uniti, il generale James Hill, lancio' l'allarme che in tutta l'America Latina operano narcoterroristi vincolati ai gruppi islamici radicali come Hamas, Hetzbolah e Al Qaida.


Un piano macabro che inizia a disegnarsi nella realta' venezuelana quando Pablo Medina, politico della opposizione, dichiara ai media la necessita' di eliminare le Forze Armate venezuelane e i militari di Altamira ribadiscono la necessita' di eliminare la politica e le Forze Armate.


Potrebbe sopraggiungere un'altra guerra di indipendenza

Il programma del Piano Colombia prevedeva che l'esercito venezuelano contrastasse la guerriglia nella frontiera venezuelana, pero' in realta' si tratta di reprimere il popolo colombiano che emigra per la violazione dei propri diritti, ugualmente come gli ecuadoriani, i boliviani, ripetendo la repressione nella storia latino-americana da duecento anni, quando fu necessario liberare prima la Colombia dove colombiani e ecuadoriani morirono nella battaglia di Carabobo.
Va anche detto della partecipazione dei negri e contadini venezuelani che morirono in Cile, convertendosi nell'unico esercito della storia dell'umanita' che non ritorno' con un bottino di guerra.


Oltre questo problema per il Piano Colombia, gli Stati Uniti hanno il problema che intervenendo in Venezuela, non dovranno combattere contro un esercito ma contro un popolo e questa nazione non ha mai vinto quando si scontra con i popoli, la prova di cio' e' l'esempio del Vietnam.

Gli Stati Uniti potranno mettere tutte le bombe che vogliono, pero' non hanno idea di quanti uomini hanno bisogno per controllare gli chavisti, che secondo loro sono solo tre milioni, non potranno controllare Caracas, quanti uomini gli servono, tenendo conto che Caracas non ha nessuna importanza per loro, piu' importante e' il lago di Maracaibo, il campo fluviale, Guayana e per seguire i loro piani a lungo termine devono risolvere il problema seguendo il camino democratico, cioe', negoziando e con elezioni.

Colombia sarebbe l'Israele del Sudamerica

Mascherare una soluzione "democratica" in Venezuela significa la ricerca di un altro Pedro Carmona Estranga o che nel seno del governo salti fuori un traditore, un giuda, che e' il lavoro che freneticamente stanno facendo.

Intanto gli Stati Uniti pretendono di convertire la Colombia nell'Israele del Sudamerica, perche' da Paria a Trinidad, fino alla Bolivia, esiste un enorme giacimento di petrolio fra le ande sudamericane, il massiccio della Guayana e la selva amazzonica, pero' oltre a cio', la selva andina sudamericana e l'amazzonica sono le ultime riserve di biodiversita' nel mondo, fatto di estrema importanza per i paesi industrializzati che hanno distrutto le proprie biodiversita'.

Per questo l'autore del Piano Colombia dice che per controllare il Venezuela e' necessario intervenire militarmente in Colombia, dopo di che' il paese avra' il petrolio che gli serve.


Venezuela e' petrolio, gas, carbone e inoltre ha il rio Orinoco, unico al mondo, per produrre migliaia di barili al giorno, nel quale potrebbero installarsi centrali energetiche nell'alto "Caroni'" per generare l'energia elettrica per tutto il Sudamerica.


Per questo nel piano energetico nordamericano, PDVSA e' vitale per mantenere il paese come esportatore di energia, cio' smentisce il famoso racconto che non c'e' sviluppo nell'economia o che non ci sono investimenti per mancanza di garanzie offerte dal governo.


Questa affermazione e' falsa, in quanto semplicemente ai capitali stranieri e parte di quelli nazionali non sono interessati al paese, gli importa solo che produca petrolio, gas e elettricita', qualsiasi altro investimento non e' conveniente.
Venezuela e' 368.000 milioni di barili che diviso tre dimostra che c'e' petrolio con riserve provate per 120 anni, che pretendono di esaurire nei prossimi 20 anni.


Quali sono le forze sociali che stanno dietro il conflitto venezuelano?


Quando in Europa si vendono 100 dollari di petrolio sotto forma di combustibile, olio o qualsiasi altro prodotto, i governi incassano 68 dollari di imposte, 16 li incassano le compagnie petrolifere e 16 li incassano i venezuelani, vale a dire che quando l'Europa paga 20 dollari per barile, lo stesso si converte in 150 dollari e da li' sono pagati i 68 di imposte.


E' tanto grande il beneficio che traggono i governi dal petrolio che paesi come Germania, Francia, Giappone, Regno Unito, Italia, nessuno di loro possiede petrolio ad eccezione dell'Inghilterra nel Mar del Nord e senza dubbio hanno guadagni dal commercio del petrolio tre volte maggiori che il governo venezuelano.
I governi occidentali, il G7, sono i maggiori beneficiari del commercio del petrolio, prova ne e' che la benzina in questi paesi e' costosa, non per il prezzo del barile, ma per le imposte che loro ricaricano al consumo nei propri mercati. Nonostante si ostinino ad accusare dei prezzi alti l'OPEP.


Abbiamo quindi la prima classe sociale implicata nel conflitto venezuelano che sono i governi occidentali. E se si fa una scala, il capitale petrolifero internazionale lo apportano i governi occidentali, le compagnie petrolifere che insieme commercializzano e ottengono benefici per migliaia di milioni di dollari, molto di piu'' di quanto guadagnano i paesi dell'OPEP, alla fine ci sono i guadagni di PDVSA e quelli dei venezuelani.


Chi difende la "meritocrazia", i militari di Altamira, e i politici dell'opposizione, non sono meritevoli ma solo si sentono sostenuti dai capitali stranieri.


Il mito di PDVSA

L'ufficio relazioni pubbliche di PDVSA, secondo i giornali da loro pagati, la collocano fra le prime cinque imprese mondiali.

Gli introiti di PDVSA nel 2001 ammontano a 46.000 milioni, quelli della Exon sono 190.000, la Chevron 99.000 ma l'importante e' che PDVSA commercializza 3,5 milioni di barili al giorno, mentre la Chevron ne commercializza meno di 2,5 milioni, malgrado cio' ottiene il doppio degli introiti.


Pero' dei 46.000 milioni di guadagni di PDVSA, sono dichiarati in dividendi solo 3.660, mentre le transnazionali triplicano i guadagni malgrado commercino meno petrolio il che obbliga a domandarsi quale sia l'efficienza dell'antica amministrazione di PDVSA. Non e' sufficiente uscire fra le prime cinque in una rivista comprata.

I costi di PDVSA

Hernandez dice che si comincia a capire il racconto della vecchia "meritocrazia" di PDVSA quando si valutano i costi, resi noti da informazioni proprie della compagnia.

L'attuale ministro delle finanze, Tobias No'brega, realizzo' uno studio in proposito, dove mostra l'analisi dei costi, dai quali si deduce che gli impiegati di PDVSA costano il doppio e producono la meta', e questo obbliga a controllare i conti della maggiore industria del paese.

Non e' necessario essere esperti del petrolio per notare che Exon Mobil comprando il petrolio in piu'' di 50 paesi nel mondo, per i suoi investimenti in tutti settori, in rapporto a PDVSA che non compra petrolio, spende per l'acquisto del petrolio grezzo il 40% dei costi totali, da qui il primo dubbio.
Il secondo dubbio e' il fatto che le compagnie petrolifere mondiali, pagano tre volte di piu'' imposte che PDVSA e quando lo versano al governo, questi lo riscuote senza fare i conti esatti.


Pdvsa paga un terzo delle imposte, dopo che il governo ha sperperato tutti i guadagni dell'industria con l'intenzione di affogarla, senza invece impegnarsi a ridurre i costi di operazione e fermarne il suo saccheggio.

La shell, per esempio, con investimenti e stabilimenti petroliferi in tutto il mondo spende solo il 9%, l'Exon Mobil che e' la prima compagnia in piu'' di 130 paesi spende il 23%, mentre PDVSA che produce solo in Venezuela spende il 47%, cinque volte piu'' che le transnazionali.

Perche' succede questo?

La storia politica ed economica del Venezuela negli ultimi 26 anni, sotto il regno di PDVSA, dimostra che la produzione di petrolio dall'anno 1976, anno della "nazionalizzazione" della industria, l'industria petrolifera non deve dividere i propri guadagni con nessun governo straniero, pero' a meta' decade anni 70, l'industria del petrolio nazionale versava l'80%, ogni 100 dollari fatturati, dichiarando fra ricavi e costi il 20%, chiarendo che non si tratta di percentuale sui ricavi reali, ma dell'ammontare dichiarato. I ricavi non dichiarati rimanevano all'industria, erano una somma maggiore, di dimensioni cosi' grandi che fra l'anno 50 e 70 la Shell e la Standar, ottennero la meta' dei loro ricavi mondiali per gli Stati Uniti, grazie al Venezuela.


I signori di PDVSA in 26 anni cambiarono strategie, anche se ora produrre petrolio e' piu'' caro, quello che riceve il governo e in fine i venezuelani, e' inferiore. Questo ci obbliga a chiedere ai "geni" di PDVSA perche' convertirono questa industria nella unica al mondo che presenta nei bilanci, costi crescenti di produzione, quando invece qualsiasi economista o negoziante sa che in qualsiasi commercio l'idea e' di diminuire i costi per aumentare i guadagni.


Quando le imprese si fondono fra di loro, come fecero con PDVSA nella gestione di Luis Giusti, e' per diminuire i costi. Quando l'Exon si fonde con la Mobil per competere con i costi decrescenti nel mercato petrolifero, guadagnano nel primo anno 2.000 milioni di dollari e altrettanto negli anni successivi. Ma l'amministrazione di PDVSA fece tutto il contrario.


L'inizio della crisi venezuelana si situa fra il 1989 e 1990, momento del "caracazo" che coincide con il pacchetto di misure economiche di Carlos Andres Perez, e la caduta nel mondo dell'Unione Sovietica, originando la lotta mondiale per la divisione del pianeta e la offensiva latino-americana per le privatizzazioni, oltre alla lotta per depredare tutte le imprese pubbliche dei governi latino-americani e del mondo.


Ne consegue che Chavez non e' altro che il prodotto di questa crisi nella quale il Venezuela riceve ogni volta meno dalla industria petrolifera, con un aggravante in piu'' nell'anno 1996 quando la produzione di petrolio arriva al massimo storico e il Venezuela riceve sempre meno.

Luis Giusti diventa presidente di PDVSA nel 1996, in giunta direttiva con Carlos Ortega e "l'esperto" petroliere Toro Hardy, qualificato delinquente che nel 1976 fugge dal paese quando il governo di Carlos Andres Perez lo mando' agli arresti con ordine di detenzione, per corruzione da parte di una compagnia del sud del lago, alla quale dette informazioni riservate per ottenere contratti in cambio di 600.000 dollari in azioni.


Questo reato fu dimostrato ai tempi del primo governo di Carlos Andres Perez, pero' Hardi fuggi' all'estero, per ritornare dieci anni dopo quando il giudizio va in prescrizione ed e' nominato nuovamente nella giunta direttiva di PDVSA.
Nel momento di massima produzione dell'industria lo stato venezuelano incassa meno soldi, nonostante il Signor Luis Giusti, oggi consulente energetico degli Stati Uniti, indica che la produzione di petrolio venezuelana dovra' arrivare a sei milioni di barili nel 2006 e undici milioni nel 2010.


Aumentare la produzione e privatizzare l'industria del petrolio e' il motivo di fondo della attuale lotta per il potere, mentre raccontano alla popolazione che aumentando la produzione, si faranno nuove costruzioni, case, si avra' piu'' lavoro, quando invece dietro queste manovre ci sara' riduzione di personale disoccupazione e nessun investimento nel sociale.


Seminare il petrolio

La frase che rese immortale Uslar Pietri, quando raccontava di seminare il petrolio in educazione, salute, infrastrutture, sicurezza, difesa, agricoltura, altre industrie, non si realizzo' mai, in quanto negli ultimi 26 anni gli investimenti in questi settori sono diminuiti grazie alla "meritocrazia", che ha seminato petrolio dentro PDVSA.


Come avviene la truffa?

L'aumento dei costi di produzione dal 1991 al 1996 passa a un dollaro e sessanta centesimi, Giusti duplica il costo nel 98 e dopo Guaicaipuro Lameda lo raddoppia nella sua gestione, portando attualmente il costo di produzione a quindici dollari, secondo informazioni dell'attuale presidente di PDVSA, quando in realta' il costo di produzione di un barile non dovrebbe superare i quattro dollari. Da li' comincia la truffa.


Negli anni fra il 90 e il 98 la produzione di petrolio venezuelana aumenta del 50%, mentre i costi aumentano del 175%, il primo caso mondiale di una industria che aumenta la produzione senza sviluppo e aumentando i costi.

Per mezzo di contratti in outsorcing nel 1993 PDVSA omise il pagamento di 9.000 milioni di dollari, nel 1999 pago' 1.775 milioni di dollari, semplicemente per questo inganno lo stato ha perso piu'' di 7.000 milioni dollari.


Questi sono contratti con compagnie private che incassano per gli investimenti di PDVSA e tutti gli amministratori di PDVSA hanno familiari in queste compagnie che non investono in niente e incassano lo stesso, sotto questa forma ci sono 45.000 operai mantenuti da PDVSA, il doppio di quelli attuali.


Un'altra forma per aumentare i costi ha radici negli accordi operativi firmati da Luis Giusti, che disse al paese che esistevano zone marginali da esplorare per le quali non c'erano risorse economiche e tecnologie sufficienti e che quindi era necessario fare accordi per dare queste zone attraverso nuove concessioni.
Si consegnarono allora in tre fasi migliaia di kmq in concessione, con durata per 35 anni, con la irregolarita' che i fruitori delle concessioni, sfruttano giacimenti venezuelani, estraggono il petrolio e PDVSA gli compra il prodotto grezzo al prezzo da loro stabilito.


Quando invece l'accordo dovrebbe consistere nel fatto che i beneficiari della concessione rischino il capitale per estrarre il petrolio che lo stato non puo' estrarre.


Questi accordi sono firmati a Londra, New York e Parigi, il che comporta un problema giuridico, in quanto non sono i tribunali nazionali che devono giudicare la proroga o meno degli accordi. Questo significa una violazione della sovranita'. Oltre a cio' se in questi giacimenti petroliferi non si estrae la quantita' di petrolio stimata, Venezuela deve pagare la differenza.

Altra irregolarita', si riferisce al 1998 quando si assicurano con gli accordi l'estrazione del petrolio a nove dollari e nel 2000 a quindici dollari, ma PDVSA spende per produrre un barile cinque o nove dollari, la differenza che oscilla fra sei e dodici dollari, la deve pagare il governo, cioe' i venezuelani. Tutto cio' per merito di un progetto firmato da Luis Giusti, con la complicita' della politica petrolifera di Acion Democratica e COPEI negli ultimi 26 anni e con la complicita' della vecchia amministrazione di PDVSA.


In questi accordi operativi ci sono 600.000 barili di petrolio al giorno e di questi 500.000 sono fuori della quota OPEP, il che vuol dire che quando Venezuela riduce la sua quota di produzione, quella degli accordi non viene ridotta.
Il paese non puo' vendere la sua quota a 20 o 29 dollari perche' prima deve comprare questi 500.000 barili prodotti dalle compagnie con questi accordi, con il fatto che Venezuela compra un barile a 22 dollari per rivenderlo a 20.
La relazione del defunto commissario di PDVSA nell'anno 2000, Rafael Dario Ramirez, padre dell'attuale ministro dell'energia e miniera, dichiara che le compagnie filiali di PDVSA nominano i propri consulenti a loro piacimento, e' evidente il caso della "Venton Vincler" di Monagas, che dichiara un costo di produzione a barile di 8,77 dollari, mentre PDVSA dimostra che il costo e' di 3,63 dollari, malgrado cio' la nazione ha dovuto pagare questa differenza di 5,14 dollari, in pratica la compagnia investi' 542 milioni di dollari e PDVSA le restitui' 535 milioni di dollari, vale a dire produssero in Venezuela con i soldi dei venezuelani.
Altro caso denunciato nella relazione e' quello riferito alla "Total Finel" che costruisce un pozzo di esplorazione dichiarando un costo di 26 milioni di dollari, la divisione di oriente di PDVSA dimostra che invece ha un valore di sette milioni di dollari, naturalmente la differenza di 19 milioni e' pagata alla compagnia, una cifra tre volte superiore alle necessita' della industria peschiera artigianale venezuelana per il suo sviluppo e tale somma la si regalo' in una sola operazione a una compagnia petrolifera straniera.


In 17 dei 31 accordi operativi, le imprese in contratto impiegano mano d'opera straniera violando le leggi sul lavoro in numero e importo, producendo per il paese un costo 16.500 milioni di bolivares.

Altro caso e' quello del giacimento di "Colon" al confine fra Colombia e lo stato di Zulia, si stabilisce un incentivo di due dollari per barile quando la produzione supera i 98 milioni di barili, ma a Giugno 1998 si modifica il contratto rendendolo retroattivo, cominciando il pagamento dei due dollari aggiuntivi dal 1999 invece che dal 2013 come da vecchio contratto. I casi menzionati sono relativi solo alla relazione del 2000, che a posteriori significano una perdita per il paese di 1000 milioni di dollari, ma il vero scandalo non e' questo.

Il vero affare...

A parte la gravita' dei casi precedenti, Hernandez assicura che il vero affare della mal nominata meritocrazia, inizia nel 1983. PDVSA durante la guerra fra Iran e Iraq, riesce ad accumulare circa 5.000 milioni di dollari in nero, si presenta il problema di come riciclare questi soldi per benefici personali.


La soluzione fu' il famoso "Venerdi' nero" vale a dire quando con la svalutazione della moneta venezuelana vi fu' l'evasione all'estero di milioni di dollari da tutte le banche venezuelane da allora.

Senza dubbio, rimanevano ancora molti soldi nel paese e essendo PDVSA una industria nazionale consolidata, l'esperto petroliere Calderon Berti, che oggi e' consulente della Coordinadora Democratica e che in quel periodo si burlava accendendo i sigari con biglietti da 550 bolivares, propone la internazionalizzazione di PDVSA, cioe' l'acquisto di raffinerie, stazioni di servizio, punti di imbarco o terminali all'estero.


Per l'acquisto della prima raffineria, si paga nel 1983, un anticipo del 50% cioe' 250 milioni di dollari, pagati da Berti in contanti. Lo stesso anno lascia il governo Luis Herrera e gli succede Jaime Lusinchi, la cui prima mossa fu di indagare sui contratti con le raffinerie, scoprendo che quel 50% non costava 250 milioni di dollari ma bensi' solo 28 milioni di dollari.


Hernandez rassicura con ironia che i "patrioti" di Acion Democratica si indignarono e immediatamente comprano il 20% di questa compagnia per 320 milioni di dollari, per migliorare l'affare. Gli stessi personaggi che oggi sono all'opposizione.
Da allora si comprano 19 raffinerie all‘estero, 13.000-15.000 stazioni di servizio all'estero, oltre a porti e terminali sempre all'estero. Tutte queste raffinerie erano in vendita perche' ormai inutili.


Erano raffinerie vecchie di 50 anni, adatte solo per lavorare petrolio leggero o medio, non per raffinare petrolio pesante come quello venezuelano. Si deduce che in queste raffinerie non si e' mai lavorato petrolio venezuelano, rendendoci obbligatoria la domanda: a chi compra il petrolio Venezuela? La risposta e' Messico e Mar del Nord a 20 dollari.


L'affare consiste nell'estrarre il petrolio dal Venezuela, venderlo all'estero e con questi soldi comprare petrolio leggero adatto a queste raffinerie, violando tutte le leggi del paese, come ad esempio gli accordi bancari con la Banca Centrale che stabilisce per legge che PDVSA non puo' incassare e il guadagno di tutto cio' che vende deve essere depositato nel conto n° 1 della "Shase Manhattan Bank" intestato alla Repubblica di Venezuela.


Il tradimento a Carlos Andres Perez

PDVSA non rispetto' gli accordi con la Banca Centrale e questo significo' fra le altre cose la destituzione giuridica di Carlos Andres Perez, nel suo secondo mandato, quando tento' di cambiare l'accordo bancario e tento' di vendere le raffinerie all'estero, visto che in quel momento il fisco comincio' a denunciare la diminuzione di introiti versati da parte di PDVSA.


Questo e' emblematico del potere della vecchia amministrazione di PDVSA che secondo Hernandez anche con i propri lacche' quando non servono li buttano via.
Si comprano ancora raffinerie all'estero, non per assicurarsi nuovi mercati o per lavorare petrolio venezuelano ma solo per evadere il fisco e riciclare denaro all'estero. Il riciclaggio e' tanto che si vende petrolio grezzo ai soci scontato attraverso le raffinerie. Si arrivo' a venderlo con sconti di due dollari e nel periodo di Giusti, si arrivo' a uno sconto anche di quattro dollari, prove ne e' il petrolio venduto nel 1998-99 alla SITGO a tre dollari quando il prezzo era di sette dollari a barile, addirittura inferiore ai costi di produzione con la giustificazione di Giusti di "recuperare mercato adottando prezzi competitivi".


Hernandez constata che non e' necessario essere degli esperti petrolieri per capire che queste sono le parole di un ladrone. Una autotruffa dichiarata i cui guadagni vengono lasciati all'estero, perche' vengono lavati e riciclati dalle compagnie ubicate a Panama, Isole Caiman, Bahamas e altri paradisi fiscali di 189 compagnie che non devono presentare bilanci a nessuno. Si offrono cosi' soldi e guadagni mentre PDVSA e' indebitata all'estero per 10.000 milioni di dollari. I soci nordamericani e europei chiedono crediti alle banche con le garanzie dei capitali venezuelani. Il Venezuela non puo' rompere questo malaffare neanche regalando i capitali investiti all'estero, in quanto e' legata a contratti di 20-30 anni, che prevedono la continuazione della somministrazione di petrolio scontato, perche' secondo i tribunali di Londra, New York o Parigi, il non rispetto dei contratti sarebbe causa di interventi. E questo e' l'asso nella manica dell'opposizione, denunciare il governo per aver violato gli accordi internazionali, dopo aver svenduto il paese alle spalle dei venezuelani.


L'evasione fiscale

Un altro argomento di PDVSA e' quello dei guadagni totali della industria e di cio' che realmente incassano i venezuelani attraverso il fisco, il cui ammontare poche volte supera i 10.000 milioni di dollari. Tutto cio' perche' la produzione aumenta pero' i costi crescono molto di piu'', cio' smentisce le affermazioni secondo le quali l'attuale governo ha incassato 100.000 milioni di dollari negli ultimi tre anni, mentre in realta' ha incassato solo 25.000 milioni di dollari in due anni. Il Venezuela praticamente non riceve soldi dall'estero, il che vuol dire che anche se il paese e' sottomesso e non vendesse piu'' petrolio di quello che produce ora, non sarebbe danneggiato se ricevesse realmente i soldi da chi compra il petrolio del paese, in particolare a "Salinas", "Paraguana'" e al "Palito", ma i paesi stranieri hanno necessita' di questo petrolio, in quanto il loro consumo energetico e' enorme.

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