L'infinita notte elettorale
Il 2 luglio, al termine di una campagna elettorale avvelenata, il Messico vota per presidente e parlamento. Il candidato di centrosinistra Lopez Obrador è stato perennemente in testa su quello della destra Felipe Calderon in tutti i sondaggi. Alle sei del pomeriggio chiudono i seggi e si comincia a contare con un programma di proiezioni chiamato Prep, garantito da cinque scienziati statistici. Alle otto di sera il presidente dell'Istituto federale elettorale (Ife) Ugalde annuncia che il Prep non è in grado di dare un vincitore. Alle undici Ugalde concede però alle tv di cominciare a mandare in onda gli exit poll: miracolo, Calderon è in grande vantaggio. Per tutta la notte il vantaggio si assottiglia fino quasi a sparire, al mattino del 3 luglio è dell'1,5%. Lopez Obrador denuncia irregolarità e chiede spiegazioni su tre milioni di voti scomparsi. Ugalde si spiega con un nebuloso «c'erano anomalie», il 4 luglio i voti scomparsi riappaiono ma Calderon è ancora davanti per lo 0,6%. Mercoledì 5 luglio, registri e urne piene di schede partono da tutti i 130mila seggi del Messico e arrivano nei 300 distretti elettorali dove saranno contati. L'Ife comincia a addizionare i risultati seggio per seggio: altro miracolo ma al contrario, per tutto il giorno e tutta la notte è in vantaggio Lopez Obrador, che però annuncia ugualmente di voler impugnare il voto in tribunale. E' «la notte in cui il Messico non andò a letto». Alle cinque del mattino di giovedì 6 luglio, col 98% dei seggi scrutinati, il sorpasso: Calderon è di nuovo in testa, e alla fine vi rimane per lo 0,5%. Mentre il «vincitore» offre un posto nel governo allo «sconfitto», Lopez Obrador annuncia che farà ricorso al Tribunale federale elettorale (Trife) e se servirà alla Corte suprema, e convoca i sostenitori in piazza per sabato 8 luglio. La Confindustria e la chiesa protestano. Il tribunale, se accetterà i ricorsi, ha tempo fino al 6 settembre per emettere una sentenza. E' il Trife che nomina formalmente il presidente.
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