Latina

L'Uruguay si allinea e paga i debiti

Metà, 980 milioni di dollari, entro l'anno, anche se i sindacati protestano. Annunciata anche la costruzione delle inquinanti fabbriche di cellulosa che l'Argentina non vuole
2 agosto 2006
Serena Corsi
Fonte: Il Manifesto (http://www.ilmanifesto.it) - 03 agosto 2006

Il Governo uruguayano ha annunciato alla fine di luglio che pagherà la metà del debito che ha nei confronti del Fondo Monetario internazionale (Fmi) , decisione che ha provocato severe critiche da parte dell' opposizione e dei sindacati, a causa del deciso taglio della spesa pubblica che si renderà necessario in conseguenza del versamento.
Il Ministro dell'Economia e della Finanza, Danilo Astori, e il presidente della Banca centrale durante la conferenza stampa in cui hanno dato l'annuncio, hanno reso noto che si pagherà una prima trance di 920 milioni di dollari dei 1.980 complessivi del debito.
La decisione giunge a qualche mese da quella, omologa, presa da Brasile e Argentina (paesi membri insieme all'Uruguay del Mercosur ) di ridurre il debito pagandone una buona fetta in un solo versamento.
La questione del debito è spinosa e piuttosto emblematica del rapporto dei paesi dell'America Latina con gli organismi di credito internazionali; vittime della speculazione e dell'accondiscendenza interessata dei governi degli anni '80 e '90 (molti dei quali arrivati al potere attraverso golpe militari), nei popoli latinoamericani, ma non solo, negli ultimi anni si è fatta strada l'idea di non essere debitori, bensì creditori dell'occidente finanziario.
Perciò nei movimenti sociali e civili si esprime un secco rifiuto al pagamento di un debito sentito come ennesima vessazione in un quadro di sfruttamento secolare; sentimento popolare che, fino alla primavera scorsa, sembrava riflettersi in una certa resistenza dei presidenti di Argentina e Brasile, Kirchner e Lula, a mettere la propria firma su un assegno destinato al Fondo.
Entrambi però, prima il brasiliano poi l'argentino, hanno capitolato nel febbraio e nel marzo di quest'anno, lanciando una campagna pubblica secondo cui un grosso versamento se non altro metterebbe fine al circolo vizioso degli interessi, e che solo sottraendosi alla spada di Damocle del debito si potranno praticare politiche interne libere dalle ingerenze internazionali.
Forse anche in questa chiave di lettura si può guardare alla prossima creazione di un Banco di Sviluppo del Mercosur, che dovrebbe finanziare grossi progetti di sviluppo e nuove infrastrutture nei paesi membri; ma l'entusiasmo ostentato dalla presidenza del Fondo monetario internazionale alla notizia dei pagamenti non fa ben sperare, soprattutto nel caso dell'Uruguay, che negli ultimi mesi ha compiuto passi di avvicinamento a Washington, ventilando la possibilità di un trattato bilaterale di libero scambio con gli Stati uniti.
Stanco di sentirsi ostaggio dei giganti del Mercosur ( Brasile , Argentina, ora anche Venezuela), l'Uruguay vuole proseguire per la sua strada, come sta facendo con la costruzione delle fabbriche di cellulosa sulla propria sponda del fiume Uruguay. Di fatto il contrasto con Buenos Aires non si è affatto risolto con la risoluzione dell'Aia che ha respinto la richiesta argentina di fermare i lavori; anzi, altra benzina è stata gettata sul fuoco dall'annuncio degli ambientalisti di riprendere i blocchi del traffico sui ponti che collegano i due paesi, e dalla dichiarazione di membri del governo secondo cui la Casa Rosada non accetterà la costruzione delle fabbriche in queste condizioni e, quindi, non farà nulla per reprimere le proteste.

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