Colombia, Uribe e Farc trattano sugli ostaggi
Fino a pochi giorni fa s'insultavano, chiamandosi reciprocamente «fascista» e «bandolero narcoterrorista». Adesso si scambiano lettere, nel breve volgere di poche ore. A soli due mesi dal suo reinsediamento come presidente della repubblica, Alvaro Uribe comunica da Palacio Nariño con Manuel Marulanda, detto Tirofijo, ben protetto nella boscaglia della cordigliera orientale. Quasi un miracolo da «realismo magico». Tema della corrispondenza è il cosiddetto «scambio umanitario», tra 57 sequestrati e prigionieri delle Farc, tra militari e politici, tra i quali la leader ecologista franco-colombiana Ingrid Betancourt (rapita da quasi cinque anni) e mezzo migliaio di guerriglieri, detenuti nelle carceri nazionali. Tra Uribe e Tirofijo, a parole, c'è molto di più. Ad esempio, l'idea di arrivare ad «un accordo di pace, che superi il conflitto sociale e armato che flagella il paese», come ha scritto il leader guerrigliero, oppure di «convocare, alla conclusione di un negoziato, un'assemblea costituente», come ha detto Uribe.
E' indubbio che i due facciano a gara a chi la spara più grossa. Anche questo, comunque, è un segnale che vogliono fare qualcosa per uscire dallo stallo di un conflitto tanto sanguinoso quanto sterile. Sebbene non abbiano probabilmente rinunciato al sogno di eliminare la guerriglia o di conquistare il potere con le armi, Uribe e Tirofijo sembrano avvertire la pressione della società colombiana, solidale con i familiari dei sequestrati, e di vari governi stranieri, tra i quali la Francia, interessata soprattutto a liberare la sua famosa connazionale. La strada per arrivarvi è comunque piena di ostacoli. Anche per il coinvolgimento degli Usa, poco propensi agli scambi di prigionieri: mentre nelle carceri statunitensi sono reclusi due comandanti guerriglieri, Simon Trinidad e Sonia (estradati con l'accusa di narcotraffico), nella selva colombiana sono detenuti tre agenti Cia catturati dopo l'abbattimento, nel febbraio 2003, del loro aereo-spia. E' ovvio che sia il governo che le Farc vogliano trarre il maggiore tornaconto possibile, propagandistico, politico e militare, dallo «scambio umanitario».
Finora tra i due contendenti è risultata più irremovibile la comandancia guerrigliera, che, per cominciare a discutere col governo, continua a richiedere la smilitarizzazione per 45 giorni dei territori di due comuni, Florida e Pradera, a 470 chilometri a sud-est di Bogotà. Alvaro Uribe ha dovuto abbandonare il «categorico rifiuto di rinunciare anche ad un solo centimetro del suolo patrio» ed accettare le condizioni della guerriglia, pur proclamando di non volere rifare un Caguancito (riferendosi alla regione del Caguán, il territorio dove per quasi tre anni, dal febbraio 1999, si realizzò il fallimentare negoziato tra le Farc e il governo di Andrés Pastrana). E' immaginabile che, con questa mossa, Uribe voglia deviare l'attenzione da alcuni scandali che coinvolgono l'apparato statale e dall'evidente impasse del suo programma politico-sociale. Ad essere coinvolti sono soprattutto i suoi apparati di sicurezza, esercito e polizia che, in più occasioni, hanno dimostrato di essere più corrotti e criminali che mai. Non passa giorno che non si legga di civili innocenti uccisi e fatti passare per ribelli (per acquisire meriti e premi e soddisfare la fame di risultati nella lotta contro-guerrigliera) o di sanguinose «faide interne» per i favori dei narcos. Alcune settimane fa si è scoperto che alcuni attentati negli ultimi mesi, attribuiti alle Farc, erano stati in realtà organizzati da vari ufficiali in combutta con guerriglieri smobilitati. Ma ad essere arrivato ad un punto morto è soprattutto il processo di scioglimento dei paramilitari delle Autodefensas, ai quali Uribe ha fatto ogni tipo di concessione legale, economica e politica, irritando non tanto la distratta e ipocrita Ue quanto Washington che non può tollerare la concessione di uno status politico, e quindi la sostanziale immunità, alla gran parte dei narcos colombiani.
Incapace di soddisfare i suoi migliori ed irrinunciabili alleati, gli Usa e i paramilitari, Uribe spera di prendere tempo travestendosi, in maniera poco credibile, da uomo di pace. Se è legittimo sperare che sequestrati e prigionieri possano essere liberati, magari a Natale, risulta del tutto fantasioso che possano firmare la pace un presidente tanto fanatico e reazionario e il guerrigliero più dottrinario dell'America Latina e per niente indebolito dopo tanti anni di guerra.
Articoli correlati
- Gran parte degli omicidi commessi avviene per mano della polizia
Il Tribunale permanente dei popoli giudicherà lo Stato colombiano per genocidio
Sotto la presidenza di Iván Duque sono stati uccisi 167 leader indigeni22 gennaio 2021 - David Lifodi Sistemi criminali e mafiosi, violenze. Realtà sottaciute che non devono poter avanzare con le nuove restrizioni contro la pandemia
Con le nuove disposizioni per fronteggiare la seconda ondata della pandemia sarebbe vergognoso e sconcertante se una «minoranza a cui non va neanche riconosciuta una dignità» la possibilità di rafforzarsi di nuovo e continuare sfrenata e senza nessun rispetto dell'emergenza e delle minime regole civili e sociali.8 novembre 2020 - Alessio Di Florio- Violenta risposta della Polizia a seguito delle proteste per l’omicidio dell’avvocato Javier Ordoñez
Ancora repressione e morti in Colombia
L'assenza del presidente Duque in occasione della commemorazione delle vittime del 9 settembre rappresenta un ulteriore oltraggio alla società civile colombiana.18 settembre 2020 - David Lifodi - Abruzzo
La regione camomilla su tutto e di più
Dalla pedopornografia alla schiavitù sessuale, dalle mafie ad ogni squallido sistema criminale6 settembre 2020 - Alessio Di Florio
Sociale.network