Latina

Honduras - "Questa lotta ha approfondito la coscienza politica dei lavoratori"

Intervista in esclusiva con Carlos H. Reyes dello STIBYS
18 gennaio 2008
Giorgio Trucchi

Momenti del Congresso dello STIBYS (© Foto G. Trucchi)

La forte mobilitazione dei lavoratori della Cervecería Hondureña (di proprietà della multinazionale sudafricana SABMiller, una delle più grandi e potenti nel settore delle bevande), affiliati al Sindicato de Trabajadores de la Industria de las Bebidas y Similares (STIBYS), oltre a generare una grande euforia per la firma del nuovo Contratto Collettivo (il cui processo è durato più di 16 mesi), ha messo in evidenza l'importanza del lavoro di formazione politico-sindacale sviluppato dallo STIBYS in questi lunghi mesi di lotta.

Per approfondire l'analisi su questi temi, la Lista Informativa "Nicaragua y más" e il Servicio Informativo de la Regional Latinoamericana della UITA (SIREL) hanno conversato con Carlos H. Reyes, presidente dello STIBYS.

Quello che si è da poco ottenuto in Honduras è senza dubbio il risultato di un processo molto lungo, condotto con grande capacità, cercando di coinvolgere i lavoratori, creando coscienza sull'importanza di essere organizzati e che non finisce con la firma del nuovo Contratto, ma si propone di studiare gli strumenti per accompagnare, passo dopo passo, il rispetto degli accordi da parte dell'impresa.

Carlos H. Reyes (© Foto G. Trucchi) - I lavoratori stanno celebrando un risultato molto importante all'interno di una lotta che sembrava incamminarsi verso un sciopero generale ed indefinito. Come si è raggiunto questo accordo dell'ultima ora?

- Dopo aver negoziato in oltre 16 mesi 64 clausole del nuovo Contratto Collettivo, rimaneva solamente quella relativa al tema salariale ed è su essa che è fallita la tappa di Conciliazione prevista dal Codice del Lavoro.
Di tutte queste clausole, noi ne avevamo proposte 46 e cioè quelle che facevamo parte del vecchio Contratto e che l'impresa aveva costantemente violato in modo sfacciato. Le revisione delle altre 18 era invece stata proposta dall'impresa stessa, con l'intenzione di peggiorarle e legalizzare il processo di flessibilizzazione e precarizzazione già in atto. Nella clausola relativa al salario venivano anche toccati una serie di problemi normativi e di operatività dell'impresa che ci stavano causando molti problemi.
La situazione era ormai degenerata, più di quello che i lavoratori erano disposti a sopportare.
Nella Cervecerìa, ad esempio, abbiamo camion che servono depositi e commercianti al dettaglio. L'impresa ha deciso di implementare un sistema di rastras (grossi camion con rimorchio) i cui guidatori ed aiutanti venivano pagati con salari molto più bassi, senza alcun tipo di contratto, con turni di lavoro massacranti e guadagnando commissioni sulle vendite che erano un terzo di quelle pagate agli altri lavoratori. L'obiettivo era chiaramente quello di immettere sempre più gente precaria ed eliminare lentamente i lavoratori regolarmente assunti ed organizzati nel sindacato.
Anticipando il piano dell'impresa, il Congresso dei Delegati dello STIBYS ha quindi deciso di posporre lo sciopero generale a gennaio e questo ha creato molti problemi all'impresa, la quale si era già organizzata immagazzinando una grande quantità di prodotti fuori dalle fabbriche.
Tutto ciò ci ha anche permesso di consolidare la nostra forza e perfezionare i dettagli dello sciopero con i lavoratori. Alla fine, l'impresa si è trovata in un vicolo cieco e senza vie di scampo.

- Quali credi siano stati gli elementi che hanno permesso di piegare le resistenze della SABMiller?

- Non abbiamo accettato le sue proposte durante la fase di Conciliazione ed abbiamo lavorato per cercare di arrivare alla proclamazione di uno sciopero che fosse legale secondo le leggi del paese.
I lavoratori sono rimasti uniti e convinti di ciò che stavamo facendo ed inoltre abbiamo iniziato un lavoro per aumentare la consapevolezza tra i clienti, per spiegare loro i motivi di questa protesta.
Abbiamo inoltre lanciato una campagna a livello nazionale ed internazionale, ricevendo l'appoggio e la solidarietà di molte organizzazioni, tra di esse la UITA. Contavamo anche sull'appoggio incondizionato di molti settori della società honduregna per lanciare una campagna di boicottaggio ai prodotti della Cervecería (Coca-Cola, Power Ade, Agua Vidal, Tropical, Dasani e varie marche di birra). Tutto questo ci ha collocato in una situazione molto favorevole che ci ha permesso questo risultato.
Bisogna anche dire che siamo riusciti a chiudere la negoziazione prima che l'impresa attivasse un piano per introdurre i prodotti dai paesi confinanti (Guatemala ed El Salvador), per poi distribuirli ai clienti con gli stessi camion dell'impresa.
Sarebbe stato un sciopero molto conflittuale e pericoloso, che ci avrebbe portato a uno scontro diretto in quanto l'impresa puntava a distruggere la nostra organizzazione sindacale. Tuttavia, non sono riusciti a farlo e siamo riusciti a firmare un buon Contratto Collettivo. Uno dei punti più importanti è sicuramente il riscatto di tutto quello che l'impresa non aveva compiuto nel passato, soprattutto per quello che si riferisce alla non contrattazione di personale precario ed alle estenuanti giornate di lavoro (di 12-14 o più ore) per i lavoratori delle rastras.


- Oltre a questi importanti risultati, qual è stata l'importanza di questo processo di lotta?

- Malgrado molti lavoratori fossero arrivati da poco e conoscessero molto poco del sindacato, siamo riusciti a coinvolgerli nella lotta. Tutto questo tempo passato a negoziare ci ha permesso di far crescere il loro livello di coscienza, fino ad ottenere che fossero molto pochi quelli che alla fine hanno deciso di firmare contro l'opzione dello sciopero, ultima manovra disperata dell'impresa che non è andata a buon fine.
La notte in cui abbiamo firmato l'accordo c'era una grande quantità di lavoratori fuori dai portoni dell'impresa, pronti a qualsiasi cosa e questo è avvenuto in tutte le sue succursali sparse per il paese.


- Questo vuol dire che, oltre ai risultati raggiunti, nei lavoratori c'è anche stata una crescita del livello di riconoscimento dei propri diritti…

- Man mano che l'impresa negava i loro diritti ed allungava in modo sistematico il processo di negoziazione, i lavoratori prendevano coscienza della necessità di lottare e questo per noi è stato forse il risultato più importante. Questo processo è stato una scuola di lotta di classe e gli è servito molto di più sentire la pressione dell'impresa che partecipare a seminari e corsi di formazione.


- Con questa tattica dilatoria possiamo dire che l'impresa "si è fatta un autogol"…

- Hanno usato questa tattica per sfinirci, ma noi abbiamo saputo rispondere colpo su colpo e l'abbiamo utilizzata per trasformarla in un processo di formazione della gente. Abbiamo stampato bollettini settimanali spiegando tutte le clausole che si stavano negoziando, aggiungendo elementi teorici e storici della lotta che stavamo portando avanti.


- Quant'è importante in un'organizzazione sindacale il lavoro di formazione politica dei lavoratori?

- Il nostro sindacato si è sempre distinto per questo aspetto, con livelli molto alti di formazione politica e con una grande partecipazione delle nostre basi in tutte le mobilitazioni nazionali contro le privatizzazioni ed il modello neoliberista.
Abbiamo celebrato molte attività su questi temi e continuiamo a svilupparne altre che hanno l'obiettivo di creare coscienza politica nel lavoratore, affinché il suo obiettivo non sia solamente il salario. È per questo motivo che partecipiamo anche al Bloque Popular e alla Coordinadora Nacional de Resistencia Popular.
Il salario è uno dei temi che maggiormente utilizza l'impresa per screditare il sindacato, tentando di inculcare nel lavoratore l'idea che quello debba essere il suo unico interesse ed obiettivo. Con questo non voglio dire che il salario non sia importante, ma primo bisogna risolvere la parte normativa, gli elementi di fondo e la difesa dell'organizzazione sindacale. Bisogna riequilibrare la relazione tra impresa e sindacato, che si è squilibrata a causa dell'impunità della quale gode questa multinazionale nonostante non abbia rispettato il Contratto Collettivo del 2003. È per questo motivo che il motto di questa lotta era: "Per la difesa del sindacato, per la difesa della contrattazione collettiva e per migliorare le nostre condizioni di vita e di lavoro". È stata un'esperienza che ha formato anche noi, perché alla fine sono processi da cui impariamo tutti.


- Qual è il lascito di questa esperienza?

- Ci lascia un enorme bagaglio di esperienza per quello che riguarda la gestione del Contratto Collettivo durante la sua vigenza.
È necessario vedere quali meccanismi usare per far sì che l'impresa rispetti ciò che ha firmato. A questo proposito, la prossima settimana lavoreremo proprio per analizzare e sistematizzare questi meccanismi.

(Vedi ampia copertura giornalistica su www.rel-uita.org )


© (Testo e Foto Giorgio Trucchi - Lista Informativa "Nicaragua y más" di Associazione Italia-Nicaragua - www.itanica.org )

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