Latina

Messaggio di don Samuel Ruiz, vescovo emerito di San Cristobal de las Casas in occasione del 44° anniversario della sua consacrazione episcopale

Una nuova ora di grazia

la lettura del processo di globalizzazione in atto e delle speranze di un altro mondo possibile da parte di un uomo che ha dedicato la vita agli ultimi, ai poveri, agli indigeni.
3 febbraio 2004
Samule Ruiz
Fonte: Luca Martinelli, Mani Tese

I. Introduzione

Una nuova Ora di Grazia si scorge dopo l’intenso camminare che la nostra nazione, i popoli indigeni ed il Chiapas hanno vissuto negli ultimi dieci anni. Già nell’agosto del 1993 esprimevo al Romano Pontefice, la angustia che, a causa delle condizioni di ingiustizia ed emarginazione, piegava le comunità indigene della Diocesi di San Cristobal de Las Casas; ma pure segnalavo le luci di speranza che illuminavano i sentieri del futuro.

a – In questa nuova Ora di Grazia, mirando i “segni del tempo” di questa nuova tappa per la quale ci tocca peregrinare, fedeli alla nostra speranza di una terra nuova per tutte e per tutti, scopro che: la mia condizione di Vescovo Emerito mi incalza a sentirmi come tale, dentro la Chiesa e per la Chiesa; mi invita a seguire attento la voce dei poveri, portando nel contempo nel mio cuore le richieste per tutti i cristiani e per tutte le chiese del mondo ; esige che io condivida il mio pensiero di fede, alimentato a sua volta dalle parole delle comunità, delle organizzazioni e delle persone la cui azione è stata centrale nel processo storico di cui tutti noi siamo parte.

b – Parlo adesso da un’altra dimensione. Non è che il conflitto che si vive in Chiapas sia stato risolto, ne che abbia perso di importanza. È che la pace non sarà costruita solo sulla base di uno sforzo nazionale, quando le sue cause sono ogni giorno più globali ed alludono all’urgenza di un cambio profondo nel sistema economico e politico dominante.

c – Non è che io abbia ricevuto un messaggio o un incarico speciale. Solo che – nel 44° anniversario della mia consacrazione – essendo stato benedetto come pellegrino con i popoli indigeni e come membro di una Chiesa che si sforza per far sue le tristezze, le sofferenze, i dolori, le allegrie e le speranze del popolo (G. S. 1) percepisco, con molti altri, i segnali di una nuova tappa dell’umanità, e mi brucia l’urgenza di sommare il mio clamore al loro, per render chiari, a coloro che vogliano vederlo, questi inconfondibili “segni dei tempi” di questo singolare “passaggio del Signore” sul “Nuovo Popolo di Dio” che va al seguito di Cristo Resuscitato.

d – Non posso, d’altra parte, smettere di vedere e segnalare l’ulteriore peggioramento di certe conseguenze negative portate dal sistema neoliberale dominante:

La globalizzazione, è stata diretta da modelli economici e politici che, sciolti dall’etica, acutizzano la disuguaglianza economica e rendono più profonda l’ingiustizia. Le attuali strutture dominanti hanno portato frustrazioni, esclusione e morte per la maggior parte dei popoli.

Con l’introduzione, inoltre, dell’inaccettabile e demagogica guerra denominata “preventiva”, si ha causato un grave deterioramento ai diritti umani ed all’umanità come tale, riducendo o debilitando le Istanze Mondiali destinate a vegliare sulla pace. Le derivazioni distruttive di ciò sono presenti in tutti i Continenti, con un flusso crescente di migrazioni e con l’evidenza che le promesse di diminuire significativamente la povertà sono molto lontane dal compirsi.

Queste ripercussioni adombrano il panorama mondiale, accrescendo la dipendenza di alcuni paesi verso altri. Sono segnali di morte.

e – Precisamente su questo sfondo oscuro per il quale camminano i popoli, constato l’esistenza di segni di speranza, che risplende la luce dei segnali di vita e la presenza feconda della Parola Divina che ha ispirato, molte persone e comunità, nella propria ricerca della giustizia e della pace.


II. SEGNALI DI VITA

1 – La statua del Sistema, crolla

Nonostante la globalizzazione neoliberale si presenti come una opportunità storica unica, come un progetto fondamentale definito e definitivo, e come l’ultimo percorribile nella storia, porta già dentro di se le contraddizioni che lo conducono verso la sua morte:

accelerando pericolosamente il consumo delle materie prima non rinnovabili e usando indiscriminatamente sostanze chimiche, causa un danno che minaccia seriamente la sopravvivenza del pianeta, e lo obbliga, perciò, a modificare il suo percorso;

promovendo, per sopravvivere, un aumento costante della produzione, quando introduce l’automazione, allontana un numero ingente di lavoratori e riduce l’insieme dei consumatori della sua produzione;

assorbendo i Paesi del mondo per convertirli in un supermercato, ove ogni cosa abbia un cartello che dica: “in vendita”, concentra il potere economico nelle cuspidi sociali e causa uno squilibrio economico e – alla fine – la rovina, propiziando così l’auge di una opposizione congiunta;

per ultimo, dirigendo le “conquiste” ultime della tecnica per rotte sempre più disumanizzatrici, aumenta il rifiuto generale motivato dalle conseguenze negative che porta con se.

Contro i piedi della statua, grande, brillante e di aspetto terribile, come appare questo sistema, viene discendendo già, dal monte della storia, una pietra che la convertirà in polvere che il vento porterà via, senza lasciare alcuna traccia. “Il Dio del cielo stabilirà il suo regno che giammai sarà distrutto…” (Cfr. Daniele 2, 31-44).

2 – Una società senza guerra

Un segnale evidente dell’incamminarsi verso una nuova epoca, è stata la mobilitazione mondiale di rifiuto all’invasione intrapresa contro l’Iraq da parte degli Stati Uniti (d’America, N.d.T.) e dai suoi alleati. Si è manifestato un movimento mondiale enormemente potente, che nella sua capacità di richiamare alla gente e nei risultati supera i movimenti di massa classici, per la sua forza, la sua coerenza nella protesta e nella proposta. Abbiamo contemplato l’evento di massa più grande della storia dell’umanità. Si è posto in evidenza, che questo modello d sviluppo, per esistere ha bisogno di rubare e per rubare ha bisogno di uccidere. Ed i dirigenti del mondo uni-polare e transnazionale hanno avuto la insperata sincerità di averlo detto e fatto senza alcuna dissimulazione. Questi fatti rendono evidente il crescente allontanamento che esiste tra i governi ed i popoli, tra la società civile e la società politica.

Di fronte alle nuove armi ed ai suoi enormi ed indiscriminati effetti distruttivi, che superano i limiti della legittima difesa, è necessario esaminare i concetti di guerra e Pace con mentalità totalmente nuova.

“…Dobbiamo fare in modo con tutte le nostre forze di preparare un’epoca nella quale possa essere assolutamente proibita, per accordo delle nazioni, qualsiasi guerra. Ciò richiede di stabilire una autorità pubblica universale riconosciuta da tutti, con potere efficace per garantire sicurezza, che si compia giustizia ed il rispetto dei diritti… La pace deve nascere dalla fiducia dei popoli e non deve essere imposta alle nazioni con il terrore delle armi; perciò, tutti devono collaborare affinché cessi finalmente la corsa agli armamenti, perché cominci una reale diminuzione degli armamenti, non unilaterale bensì simultanea, per mutuo accordo, con garanzie autentiche ed efficaci” (G. S. 82, paragrafo 1).

Lottare per la pace non significa solo opporsi ad una guerra o prendere una semplice posizione pacifista; bensì prendere una posizione integrale che, mettendo in questione il sistema capitalista neoliberale, ci interpelli anche riguardo la giustificazione della violenza, come se fosse questo l’unico cammino per affrontare l’ingiustizia. Riflettendo seriamente sulla posizione dello stesso Cristo, che proclamò il comandamento nuovo di amare il prossimo con lui ci ha amato e di amare anche i nostri nemici (Matteo 4, 38-48; Luca 6, 27-35), si conclude che è la non violenza attiva, la reale alternativa per costruire una società dove possano coesistere tutte e tutti, senza la necessità di sacrificare nessuno per conservare la pace e l’ordine.

Gli umili ed i semplici sono i più aperti a questo messaggio, avendo vissuto sulla propria carne la violenza che si esercita attraverso la guerra e l’ingiustizia. La non violenza ci invita a stare accanto alle vittime generate da qualsiasi sistema, governo, società o comunità.

Gesù ci chiama ad essere suoi difensori anche se per esserlo terremo che percorrere il suo stesso cammino: quello della Croce. La domanda che Dio ci farà alla fine della nostra esistenza sarà: da che parte siete stati? Chi abbiamo difeso? Per chi abbiamo scelto? Domande che nessuno, nemmeno i potenti, potranno eludere alla fine della loro vita (Matteo, 25, 31-46).

3 – Un altro mondo è possibile

Le conseguenze negative di questi sistema neoliberale, hanno spinto verso una crescente manifestazione di rifiuto verso lo stesso. “Il sistema accentua ogni giorno ed ogni notte il suo carattere genocidi, distruggendo le condizioni di vita e di dignità dell’umanità presente e minacciando la sopravvivenza dell’umanità futura”. Dentro il sistema “cresce incessantemente il suo carattere ecocida, contaminando e distruggendo la natura e camminando fatalmente verso una catastrofe ambientale.

Una alternativa è urgente perché il sistema non si limita a distruggere la vita ma soffoca anche le ragioni di vita, operando come un rullo compressore dei valori, delle cultura e della spiritualità” .

È impressionante soltanto menzionare le numerose manifestazioni (da Seattle 1999 fino a Cancun 2003) e del crescente numero di partecipanti ad esse, che hanno manifestato il proprio rifiuto al sistema dominante, la propria convinzione che un altro mondo è necessario, che un altro tipo di società è possibile e che ciò è urgente. Allo stesso modo si sono tessute nel nostro Messico, in differenti Stati ed in Chiapas, reti di organizzazioni ed associazione che, con una trasformazione interna, si assumono anche il compito di segnalare cammini nuovi. Tutto ciò è un grido strepitoso che con una grande sofferenza, inizia ad avere risonanza negli stessi organismi internazionali.

Si annuncia già una società la cui unità non abbia un carattere monolitico, come lo impone la globalizzazione, ma che comprenda ed eserciti il diritto ad essere popolo della propria storia, e ove si accettino le identità specifiche; dove si riconoscano la autonomia delle nazioni e dei popoli originari con la loro unità e diversità. Questa nuova società si caratterizzerà per accettare la rivendicazione del diritto di autodeterminazione che significa il riscatto dell’identità culturale con i suoi valori e che suppone il recupero della memoria storica; autodeterminazione che esige un modello alternativo al neoliberalismo nel quale i protagonisti siano gli stessi popoli; autodeterminazione che domanda la integrazione e l’uguaglianza della donna.
In questo nuovo modello di unità devo scomparire le disuguaglianze indebite, i più deboli dovranno essere protetti dai più e, come nel corpo, tutti i membri dovranno ricercare il bene comune, animati dallo stesso Spirito (1° Corinzi 12, 12-31).

“La nostra salvezza è oggi più vicina… La notte avanza; il giorno è vicino” (Rom. 13, 11).

4 – L’emergere “dei poveri”

Dentro l’insieme di segnali o manifestazioni mondiali differenti che stanno agendo verso la costruzione di un altro mondo, si distacca l’emergere “dei poveri”, dei “popoli indigeni” e dei movimenti sociali.

La povertà acutizzata da questo sistema dominante, provoca un processo collettivo di presa di coscienza della globalizzazione dei diritti umani. Mentre in alto si globalizza il potere, in basso si globalizzano i diritti e si articolano i movimenti sociali.

La gente non solo contempla le differenze sociali nelle quali vive, ma anche, ascoltando i messaggi egualitari, alimenta una legittima aspirazione ad incrementare i propri “standard” di vita; perciò la dimensione etica dei diritti economici, sociali e culturali, superano già i limiti di una località, di una nazione o di una regione. Si dà così una irruzione generalizzata dei poveri nel processo di globalizzazione con la coscienza chiara di dover cambiare questo sistema e che si esistono alternative per cambiarlo.

Si visualizza con speranza la forza globalizzatrice degli esclusi, che non accettano che questo sistema sia il definitivo, ed esprimono veementemente che un altro sistema, dove la giustizia e la verità risplendano, è urgente e possibile. Un sistema la cui base non sia la concentrazione del guadagno, ma la distribuzione delle risorse; in cui non sia l’individualismo egoista, ma la dimensione comunitaria ed il rispetto alla dignità umana ciò che regge il valore dell’economico.

I poveri ed i popoli indigeni sono un esponente chiaro della presa di coscienza dell’identità etnica e culturale opposta all’omogeneizzazione alla quale ci conduce la globalizzazione attuale; essi sono gli attori presenti in modo efficace nella trasformazione di vari Paesi del Continente; loro stanno iniettando una dose di “valore comunitario” in un sistema infettato di un nocivo individualismo; loro inalberano la bandiera della dignità umana e del diritto individuale e collettivo, negato per questo sistema neoliberale; loro sono il tronco che conserva la speranza della costruzione di una società alternativa, fondata sul riconoscimento ed il rispetto della differenza, e sono “il resto” che contiene una visione che guarda la diversità come un congiunto di nuove ricchezze e potenzialità per lo sviluppo umano.

Questo non è un sogno irreale ed irresponsabile; è un grido di speranza che racchiude la proposta menzionata e che unisce già milioni di essere umani ed è la risposta dei movimenti sociali alla globalizzazione.

Quando Cristo, il Figlio di Dio, si è fatto uomo e soprattutto nella sua passione e morte arrivò alla massima espressione della povertà, ci ha dato la ragione per la quale i poveri meritano una attenzione preferenziale, quale che sia la situazione morale o personale nella quale si incontrano. Sono i poveri i primi destinatari della missione, e la sua evangelizzazione è, per eccellenza, segnale e prova della missione di Gesù (Puebla 1142).

Prende vigore così davanti ai nostri occhi, la parola di Gesù: “dei poveri è il regno dei cieli” (Lc. 6, 20).
5 – Solidarietà mondiale

Siamo testimoni di una insperata e reciproca solidarietà mondiale. Siamo arrivati a questo momento attraverso un processo graduale per varie tappe. Riunioni, Incontri, Foros, etc., hanno reso comune l’analisi che evidenzia la relazione di casualità strutturale e dominatrice, con la quale il sistema neoliberale vincola al primo mondo con il terzo, negli aspetti economici e politici.

“Ma la nuova solidarietà internazionale si caratterizza per la coscienza della convergenza su scala mondiale, delle sofferenze, problemi, rivendicazioni e speranze che caratterizzano l’era della globalizzazione neoliberale. Era nella quale si sta trasformando profondamente il senso del conflitto Nord-Sud, dato che si stanno costituendo e rafforzando zone di Sud all’interno del Nord e del Nord all’interno del Sud. La solidarietà internazionale, pertanto non è già più il sostegno di una causa giusta però lontana; è una mobilitazione, imposta dai processi di globalizzazione, è una battaglia comune di dimensioni mondiali, contro il neoliberalismo, ove sta in gioco il futuro dell’umanità!” .

Gli eventi tragici delle torri gemelle l’11 di settembre, e le decisioni prese a partire da questo evento, hanno stimolato una coscienza che “il primo” ed “il terzo mondo”, navigano nella stessa barca e che le conseguenze negative di questo sistema chiedono urgentemente, gridando, un cambio della società.

A partire dal terzo mondo si sta offrendo all’umanità una visione alternativa ed un progetto di umanizzazione dell’economia e delle relazioni internazionali, il che rappresenta un apporto di valore incalcolabile per le società che credono di sapere tutto.

Tutto ciò ci fa percepire non solo la vulnerabilità e caducità del sistema imperante ma anche che è già in marcia la costruzione di un mondo nuovo ove gli emarginati sono i protagonisti e vediamo che coloro che erano considerati come ultimi, essi saranno i primi. (Luc. 13, 29 s.).

6 – Corresponsabilità politica

Abbiamo visto come, in maniere molto differenti, si sta manifestando una effervescenza della società messicana e che, in modo insperabile, in un processo intenso nei due ultimi anni, numerose Organizzazioni Sociali e Civili hanno deciso di cercare forme nuove di unità e articolazione, motivate inizialmente dalla solidarietà con gli avvenimenti del Chiapas e stimolati poi dalla reazione mondiale di rifiuto verso la guerra. Nasce così un movimento della società civile contro il sistema Neoliberale che sviluppa una attività febbrile, di riunioni e di attività coordinate di crescente respiro.

D’altra parte non può nascondersi la corresponsabilità politica generalizzata, in individui, sindacati, settori, organizzazioni, popoli e regioni, che stanno agendo per reclamare e difendere i propri diritti come anche in solidarietà con coloro che sono vittima di attacchi, soffrendo essi stessi umiliazioni e violenze. La apatia generalizzata delle popolazione è qualcosa di passato. Esiste adesso un potenziale di speranza che si va coagulando, cosciente della sua responsabilità storica.

7 – Una nuova organizzazione sociale in marcia

Essendosi manifestato il divorzio tra il popolo e le autorità nelle differenti nazioni, si vede la possibilità reale che i processi elettorali, invece di esser portati avanti dai partiti politici, nascano piuttosto attraverso meccanismi civili alternativi. Ciò esigerà alla società che continui ad organizzarsi in reti di gruppi civili e le permetterà una presenza più attiva rispetto alla rappresentazione dei partiti, con la possibilità di un dialogo più reale e costante con le autorità e non limitato unicamente ai momenti elettorali. Sarà un passo in avanti nel processo di democratizzazione, nel quale la corresponsabilità e la partecipazione della comunità si vivranno più profondamente.

Questo processo di cambiamento non lo visualizziamo come se dovesse realizzarsi in modo repentino bensì constatando il cammino appaiato dei differenti attori nel movimento dell’insieme.

Vediamo questi fatti con “…la convinzione che lo Spirito del Signore, artefice della speranza cristiana, sta dispiegando la propri forza e sapienza nella comunità che comprende e si compromette con iniziative che vedono la persona come valore supremo della creazione” .

8 – La Pace con Giustizia e dignità

Inquadrato nel nuovo contesto mondiale, si compie il decimo anniversario del conflitto armato irrisolto che ha inciso sull’evoluzione della nostra patria.

È chiaramente evidente che, sebbene non si sia risolto il conflitto nelle sue cause, lo sforzo per costruire la Pace con Giustizia e Dignità – i cui attori sono stati molteplici e diversi – è un patrimonio comune di tutta la nazione ed ha portato risultati e una nuova coscienza.

Senza essere il fattore unico, il levantamiento dell’EZLN e la sua successiva evoluzione politica ha favorito la coscienza e la organizzazione di molti popoli del Messico; ciò ha facilitato la nascita di una nuova coscienza nel Paese rispetto ai diritti ed al significato degli indigeni; ha animato la crescita e la partecipazione della società civile; ha obbligato la società politica a cercare cammini nuovi; ha inciso in alcuni dei pochi passi in avanti nella riforma dello Stato; ha reso più visibile la necessità di trasformazione delle istituzioni e della relazioni sociali ed economiche; ha evidenziato le gravi differenze del sistema politico messicano ed il lungo cammino che dovremmo compiere per ottenere una democrazia degna; ha richiesto una risposta responsabile (posposta, tuttavia) alle cause del conflitto da parte dei poteri dello Stato; ha questionato le chiese rispetto alla loro disponibilità storica nella ricerca della giustizia; ha posto nella palestra internazionale il tema dei popoli indigeni nel mondo e la denuncia del sistema neoliberale e delle sue conseguenze.

Senza dubbio, insistiamo, i passi in avanti del Messico in quest’ultimo decennio sono un patrimonio di tutte le persone ed istituzioni che hanno dato il loro apporto, tanto nel processo di Pace quanto nelle multipli lotte politiche e sociali che ci sono state.

Un passo in avanti necessario verso la Pace per il Chiapas e per il Messico richiede da parte di tutti la volontà (manifestata nei fatti) di impartire giustizia, di sradicare l’impunità, di evitare la violenza, di vivere in congruenza tra principi e azioni.

Questo già esiste in uno stato embrionale, al grado che possiamo dire che “il Regno di Dio è già in mezzo di noi, pero ancora “nascosto” ed in crescita. È come un seme impercettibile, come il lievito nella pasta, come il grano tra gli scarti” .


9 – Dialogo interreligioso

I fenomeni migratori prodotti dalla globalizzazione e dai conflitti bellici, così come la manifestazione crescente della presa di coscienza dell’identità etnica, stanno rendendo imprescindibile un dialogo interreligioso, ancor più del dialogo ecumenico che si realizza tra cristiani.

In effetti: siamo testimoni di come da anni stia incrementando l’allontanamento della popolazione latinoamericana e dei Caraibi dalle proprie terre (e si tratta, sempre più, di popoli indigeni), in modo principale verso gli Stati Uniti ed il Canada ed allo stesso modo, per le situazioni economiche, le tensioni politiche e le convulsioni belliche, crescono anche le migrazioni dei Paesi dell’Est e dell’Africa verso l’Europa.

Nel loro momento, emergono gli aborigeni come “soggetti” della propria storia, coscienti della propria identità etnica sconosciuta e calpestata per un lungo tempo, recuperando la propria lingua ed i propri valori culturali, e che chiedono alle proprie religioni pre-colombiane, ancora esistenti, ed al cristianesimo, quel dialogo che non si è dato 500 anni fa; e, nel frattempo, si tenta di imporre al mondo una lettura fallace che esplichi il terrorismo come risultato della intransigenza religiosa. Tutto ciò rafforza senz’altro le iniziative di dialogo tra le religioni, che già stava iniziando.

“Le questioni che preoccupano le chiese dei “due terzi del mondo”, si sono gradualmente convertite in preoccupazioni di prima importanza per la agenda teologica di tutto il mondo”. Per i più: da una parte, le situazioni che preoccupano nel “terzo mondo” la Teologia della Liberazione, sono sorte in segmenti depressi della stessa società del primo mondo; nel mentre, per l’altra, l’incontro tra culture e religioni si sta convertendo in un fatto concreto nelle stesse nazioni del primo mondo e ciò fa si che il dibattito teologico sulle altre religioni si sia convertito in un interesse primario all’interno delle stesse chiese del mondo occidentale. L’emergere dei poveri e la opzione per i poveri interpella infine i membri di tutte le religioni.

Consapevoli dell’attitudine negativa tenuta per 20 secoli verso le altre religioni, c’è un enorme processo di cambiamento che stiamo vivendo negli ultimi anni riflettendo sulle principali questioni suscitate dal pluralismo religioso, soprattutto sul ruolo positivo delle altre religioni per la salvazione dei suoi membri, che si è convertito in un oggetto di riflessione teologica per l’aspetto della “storia della salvazione”. Ed è importante menzionare, per ultimo, le “prassi” recenti ispirate nelle posizioni teologiche del Consiglio Ecumenica Vaticano II.

Dato che i cristiani ed i membri di altre tradizioni religiose partecipano alla realtà del Regno dei Cieli, sono anche destinati a costruirlo assieme nella storia, fino alla sua pienezza teologica. In questo contesto il dialogo assume una dimensione costitutiva di evangelizzazione, che ci porta a riconosce la forza unificatrice dello Spirito, attiva nella orazione sincera di differenti religioni” .

10 – Scommesse della speranza

Tutti questi segnali ci stanno imponendo nuovo impegno: Sommarci, prima di tutto, a ciò che ci chiedono questi segnali, perché sono segnali del “passaggio di Dio” per la storia, manifestano la sua presenza e ci guidano verso l’avvento del suo regno.

Lavorare in modo instancabile per stabilire la giustizia ed il diritto ad un nuovo ordine mondiale, per consolidare una Pace inalterabile e duratura, e così scongiurare definitivamente il flagello della guerra.

Continuare a costruire il nuovo modello di unità, con rispetto verso le differenze ed ai diritti dei più piccoli, tanto nella società, quanto in seno alle differenti confessioni religiose.

Appoggiare i lavori di protezione e conservazione della terra, focolare comune ed eredità per le generazioni del secolo appena iniziato.

Partecipare, sempre rispettando il nostro ruolo sociale e religioso, nella costruzione di quest’altro “mondo possibile”.

Sommarci agli sforzi locali, nazionali ed internazionali che camminano già per sentieri di luce e speranza rinnovata.

Lavorare in modo infaticabile per il riconoscimento dei diritti umani.

Collaborare con il Padre in questa NUOVA ORA DI GRAZIA: nella sua opera sempre creatrice e sempre redentrice, che si manifesta in questi germogli teneri che promettono frutti buoni ed abbondanti frutti…

A Maria Santissima di Guadalupe, Madre nostra e Regina di questo Continente, chiediamo che continui ad ascoltare le nostre suppliche, asciugando il nostro pianto ed accompagnandoci nella costruzione del tempio della Nuova Società, ove un posto speciale sia riservato agli Emarginati.

+ Samuel Ruiz Garcia
Vescovo Emerito di San Cristobal de Las Casas,
Chiapas, Messico
25 gennaio 2004.

Traduzione a cura di Luca Martinelli, Mani Tese

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