Latina

Si riaccende il conflitto tra gli indigeni ed il presidente Correa

Ecuador: arrestato Pepe Acacho, leader degli shuar

La Conaie parla di persecuzione politica contro gli indios

6 febbraio 2011
David Lifodi

E' ancora conflitto tra Correa e i movimenti indigeni. La goccia che ha fatto traboccare il vaso riguarda la detenzione di Pepe Acacho, leader riconosciuto del popolo shuar, avvenuta il 1 Febbraio e collocabile nel contesto della mobilitazione delle comunità indigene contro la Ley de Aguas, fortissimamente voluta dal presidente ecuadoriano ma bloccata, almeno per il momento, grazie ad una massiccia mobilitazione india.

Acacho è stato incarcerato su preciso ordine del presidente Correa e le cronache da Quito riferiscono del suo arresto come quello di un pericoloso criminale, avvenuto grazie ad un'operazione congiunta di esercito e polizia. La sua detenzione si aggiunge a quella di altre due personalità indigene, Pedro Mashian e Fidel Karinaras: per tutti e tre, scrive Agencia Pulsar, il motivo dell'arresto sarebbe il presunto coinvolgimento nella morte del professor Bosco Wisuma durante una delle tante marce indigene organizzate per protestare contro la Ley de Aguas: quel giorno, il 30 settembre 2009, durante gli scontri tra polizia e indigeni, Wisuma rimase ucciso e la colpa ricadde in particolare su Acacho, accusato anche di incitamento al sabotaggio. Il presidente Correa e la ministra Doris Soliz hanno precisato più volte che i leader indigeni non sono stati arrestati nel quadro di una persecuzione politica del Governo nei loro confronti, quanto "per essere responsabili della morte di una persona". Correa ha insistito nelle accuse nei confronti di Acacho sostenendo che il dirigente indigeno avrebbe utilizzato una radio locale per incitare le comunità a scendere in strada armati di machete. Questa tesi è stata respinta immediatamente al mittente da parte delle organizzazioni indigene, sia perché la morte di Wisuma sembra esser stata determinata da un colpo sparato dai militari durante le fasi più concitate degli scontri sia perché sono oltre centottanta i dirigenti indigeni perseguiti penalmente per la loro opposizione ai progetti di estrazione mineraria e più in generale a tutte le attività volte a depredare le risorse naturali del paese. Marlon Santi, presidente della Conaie (Confederación de Nacionalidades Indígenas del Ecuador), ha già annunciato che denuncerà lo stato ecuadoriano di fronte alla Comisión Interamericana de Derechos Humanos (Cidh) per la violazione dei diritti dei popoli indigeni ed ha chiamato alla mobilitazione il popolo shuar affinché si dichiari in resistenza e proclami un levantamiento contro il governo Correa. Inoltre, Santi ha rivolto un appello ad occuparsi del caso all'Alto Commissariato dell'Onu per i Diritti Umani (con sede a Ginevra), ad Amnesty International, al Coordinamento Andino delle Organizzazioni Indigene (Caoi) e alla Coordinadora de las Organizaciones Indigenas de la Cuenca Amazzonica (Coica). Il presidente della Conaie ha sottolineato inoltre che il governo sarà considerato responsabile per qualsiasi situazione che attenti all'integrità fisica di Acacho e degli altri dirigenti indigeni condotti in un carcere di Quito. Sono molte, in queste ore, le prese di posizione a favore dei tre prigionieri: tutti sottolineano con forza che si tratta di lottatori sociali impegnati a scongiurare la privatizzazione dell'acqua, lo sfruttamento minerario e la rapina delle risorse naturali. L'arresto di Acacho suona come sospetto tanto più se pensiamo che era stato indicato come uno dei probabili successori di Marlon Santi alla presidenza della Conaie, segno evidente del tentativo volto a mettere in difficoltà la storica organizzazione indigena da parte del governo Correa, nei cui confronti arrivano giudizi e commenti di fuoco. Tutti concordano sulla volontà di Palacio de Carondelet di criminalizzare la protesta sociale: Diana Ataimant, appartenente al Movimiento Plurinacional Pachakutik, ritiene che l'azione di Correa sia mossa dalla volontà di favorire potentati economici interessati allo sfruttamento intensivo del territorio e delle risorse naturali dell'Ecuador e ha definito questo governo "autoritario e criminale". Ancora più duro Delfin Tenezaca, presidente di Ecuarunari, che attacca Correa come un presidente "camuffatosi con il socialismo del XXI secolo", mentre il popolo shuar ha già fatto sapere allo stesso Correa che non arresterà proteste e mobilitazioni nonostante la sua politica intimidatoria e apertamente anti-indigena.

Gli appelli alla dignidad y rebeldía para detener la tiranía de Correa lasciano presagire marce e cortei in un paese dove i movimenti sociali (da quelli indigeni ai contadini passando per i forajidos) hanno già cacciato più di un presidente solo per rimanere alla storia più recente dell'Ecuador. 

Note: Articolo realizzato da David Lifodi per www.peacelink.it
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